STOICISMO: LA CRISI DELLE POLIS
Lo Stoicismo si afferma con la morte di Alessandro Magno, che inaugura l’Ellenismo. Il suo impero viene frazionato in una quantità di regni minori. Ogni regno aspira all’egemonia. L’asse geopolitico viene spostato ad oriente. Occorre adesso unire la cultura greca con quella orientale (koiné). In questo contesto il ruolo delle polis greche viene notevolmente ridimensionato. Anche il ruolo del cittadino greco e dell’uomo di cultura subisce la stessa fine.
Il cosmopolitismo alessandrino produce perciò un individualismo. Produce il distacco dalla vita politica della città. Una nuova ricerca di senso si riversa anche in filosofia. I pensatori non sentono più l’esigenza di rivolgersi alla vita pubblica o alla somma conoscenza delle cose. Tipico è piuttosto il ripiegamento su se stessi e il piano problematico dell’esistenza. Diventano fondamentali questioni di tipo etico, sula felicità, sul dolore, la virtù, ecc. Atteggiamento comune sarà poi intendere la virtù e la felicità come distacco dal mondo. La filosofia diventa allora una sorta di terapia dell’anima, una filosofia di vita.
Lo Stoicismo: la Storia
Il fondatore e i discepoli:
Il fondatore dello stoicismo fu Zenone di Cizio in Cipro vissuto verosimilmente dal 336 263. Intorno al 300 a. C. Discepoli di Zenone furono Cleante, Crisippo e Diogene.
Il nome Stoicismo:
La filosofia prende il suo nome dalla scuola fondata da Zenone portico dipinto che in greco si dice Stoà poikilé, dove egli impartiva le sue lezioni e da cui deriva il termine stoicismo (da stoà=portico).
Il fine generale della filosofia:
Gli stoici cercano non già la conoscenza, ma la felicità che ritengono si possa ottenere solo per mezzo della virtù. Egli però ritengono che per raggiungere la virtù sia necessaria la scienza. Restano dunque nel solco tipico della filosofia greca che sovrapponeva la dimensione logica, gnoseologica etica ed estetica. Il fondatore stesso dello stoicismo, Zenone, riteneva indispensabile la scienza per la condotta di vita. Egli, pur non riconoscendole un valore autonomo, la includeva tra le condizioni fondamentale per la virtù. Il fine della filosofia è raggiungere la sapienza. Questa è intensa come esercizio della virtù. La virtù sono per gli stoici la naturale, la morale, la razionale, anche la filosofia si dividerà in tre parti: la logica, la fisica e l’etica.
LA LOGICA
Era già stato Aristotele a dedicare alla Logica una spazio autonomo all’interno della Filosofia. Ricordiamo come per lui questa fosse prima della scienza, quale suo strumento, ma non scienza essa stessa. Per Aristotele infatti la Logica non aggiungeva nulla di nuovo al sapere, ma era la condizione di quello stesso sapere (il ragionamento). Si poneva con un suo spazio autonomo e comprendeva la gnoseologia e la dialettica e la retorica.
L’autoevidenza come principio di realtà
Per logica nello stoicismo è intesa non solo come le regole formali del pensiero, ma anche come i costrutti del linguaggio con i quali i pensieri vengono espressi. Oggetto della logica quindi sono proprio i lògoi, ossia i ragionamenti espressi in forma di proposizioni (lektà). I principi della logica non sono dimostrabili in senso pieno. Sono piuttosto auto-evidenti. Quest’ultima caratteristica è testimoniata dall’assenso che immediatamente diamo nel rappresentarceli. Il principio di non contraddizione per esempio è auto-evidente, riconosciuto immediatamente come tale.
Il sillogismo ipotetico
Ricordiamo che scienza per Aristotele era lo studio delle cause e dei principi primi. Che il ragionamento scientifico era quello che partiva da premesse vere e deduceva conclusioni altrettanto vere (sillogismo). Le premesse erano poi originate dall’intuizione. Quest’ultima veniva richiamata alla memoria dall’esperienza, ma non era essa stessa di origine empirica. In Aristotele sopravvive dunque l’innatismo. Lo Stoicismo elabora invece un sistema più complesso e diremmo anche più “moderno” di conoscenza. Introducendo forme logiche nuove (ragionamento ipotetico-deduttico) anticipatrici del metodo sperimentale tipico della scienza moderna. Da all’esperienza un ruolo di contenuto materiale della conoscenza.
I momenti della conoscenza nello Stoicismo
Quest’ultima in particolare è determinata da
un momento attivo, heghemonikòn. Consiste nelle anticipazioni mentali. Previsioni basate su conoscenze già acquisite, ma in grado di avere un ruolo di guida
un momento uno passivo, hypàrchon, che è appunto il semplice dato sensibile.
Guardando all’esperienza ipotizzo che determinati eventi non siano casuali, per voi verificare l’ipotesi con l’esperienza. Vedremo che tale approccio e fondato sulla struttura logica del “SE/ALLORA”, introdotta proprio dalla stoicismo.
Per Zenone di Cizio l’evidenza-assenso riguardava unicamente la coscienza interiore di sé stessi o autocoscienza. Con Cleante essa diventa comprensiva anche della realtà esterna. Perché il Lògos è comune tanto al pensiero quanto all’essere. Intuiamo in modo autoevidente tanto i principi del ragionamento la logica, quanto quelli dell’essere.
Differenza tra deduzione e ragionamento ipotetico-deduttivo
A partire dall’evidenza catalettica, che garantisce la corrispondenza con la realtà, si struttura quindi la dialettica stoica. Quest’ultima, come anticipato comporta un ampliamento di indagine del sillogismo aristotelico. Adesso viene ora inteso in un senso non solo deduttivo, ma anche ipotetico. Nel sillogismo Aristotelico vale la seguente concatenazione logica: “Tutti i corpi luminosi produco luce, il sole è un corpo luminoso, il sole produce luce”. Questo è un tipico esempio di ragionamento deduttivo. La conclusione è infatti tratta dalle premesse e prescinde esperienza.
Nel ragionamento ipotetico invece vale la seguente concatenazione logica: “Se è giorno c’è luce. E’ giorno, dunque c’è luce”. Una o più premesse (lèmmata) (giorno e luce) vengono legate ad una premessa addizionale (il fatto che adesso sia giorno) tratta dall’esperienza. Si giunge dunque a delle conclusioni (epiphorá) che non sono interamente frutto del ragionamento stesso, ma che hanno bisogno di essere corroborate dall’esperienza. L’affermazione sarà vera infatti solo se effettivamente è giorno (ipotesi di partenza). Mentre ricordiamo che nel primo caso la conclusione è sempre vera, se sono vere le premesse.
Schema dei modelli di sillogismi nello stoicismo
- Proposizione condizionale: SE => “Se è giorno, c’è luce”
- Proposizione sub-condizionale: POICHÉ => “Poiché è giorno, c’è luce”
- Proposizione congiuntiva: E = > “Si è fatto giorno e c’è luce”
- Proposizione disgiuntiva: O (esclusiva) => “O è giorno, o è notte”
Tutti questi sono esempi di ragionamento che non sono sempre veri, ma che come detto poc’anzi hanno bisogno dell’esperienza per essere verificati o falsificati. Mediante lo studio dei connettori logici, gli Stoici hanno dato vita altrimenti conosciuta come logica proposizionale.
Il linguaggio in cui si esprime questa logica tuttavia non era per gli Stoici qualcosa di convenzionale. Doveva rispondere al più alto compito dell’uomo. Questo consisteva nella contemplazione della verità, abbracciandola nella sua totalità. Scopo finale della gnoseologia stoica era infatti quello di rappresentarsi il corretto articolarsi del Lògos nel mondo. Era di coglierne cioè la struttura razionale, in vista dell’agire virtuoso (katòrthoma).
LA FISICA
Il concetto fondamentale della fisica stoica è quello di un ordine immutabile, razione, perfetto e necessario che governa tutte le cose. Ordine che è identificato con Dio stesso, che è in tutte le cose. Questa visione è definita panteismo: Dio in tutte le cose e non fuori da esse. Alle quatto cause di Aristotele gli stoici sostituiscono due principi: principio attivo e principio passivo. Il principio passivo è la sostanza spoglia di qualità, cioè la materia, il principio attivo è la ragione. La razionalità intrinseca a tutte le cose, la loro piena realtà: Dio che agendo la materia produce gli esseri singoli.
Tutto è corpo (materialismo)
Tuttavia alla distinzione tra passivo e attivo, non corrisponde quella tra corporeo e incorporeo: solo il corpo esiste. In questo senso sono sostenitori di un materialismo radicale. Corporea è dunque l’anima, corpo la voce, e infine corpo è anche il bene come le emozioni e i vizi. I stoici ammettono solo quattro generi di cose incorporee: il significato, il vuoto, il luogo e il tempo.
Tutto è animato (ilozoismo)
Esiste solo ciò che agisce o subisce un’azione.
Tutto e Dio (panteismo):
Neanche Dio dunque è incorporeo. E’ inteso quale ragione cosmica e causa di tutto. E’ identificato dunque con il fuoco. E’ inteso però come soffio vitale e ragione seminale (Logos spermatikòs). Dio rappresenta come già detto la razionalità che è all’origine di tutte le cose e che contiene in sé i principi generativi di tutte le cose. Come succede con il DNA, che esprime un codice valido per tutti gli esseri viventi, che contiene in nuce l’intera complessità della vita, così è il logos per gli Stoici: fiamma di vita che permea il tutto. Come le parti di un essere vitale si sviluppano dal seme così ogni parte dell’universo nasce dal suo proprio seme razionale o ragione seminale.
Tutto è ordine e finalità (finalismo):
La vita del mondo ha un ciclo. Quando, dopo un lungo periodo di tempo (grande anno), gli astri tornano allo stesso segno e nella posizione in cui erano al principio, accadrà una conflagrazione e una distruzione di tutti gli esseri. Da seguirà di nuovo la formazione dello stesso ordine cosmico. E questo ciclo si ripeterà in eterno. L’idea di una circolarità nello sviluppo del tempo è tipica del mondo greco. L’idea di un “eterno ritorno” è la convinzione che ogni istante si ripeterà esattamente identico all’infinito.
L’universo implode e ri-esplode infinite volte e ogni molecola, ogni frammento di vita si ridispone esattamente allo stesso modo. Tutti gli eventi si ripropongono identici allora stessi, infinite volte. Sulla base di questo ordine rigoroso ogni fatto segue a un altro ed è necessariamente determinato da esso come dalla sua causa (nulla avviene per caso). Questa catena non si può spezzare come non si può spezzare l’ordine razionale del mondo. Esprime la potenza inesorabile del destino, che è poi lo stesso Logos che permea tutte le cose.
Tutto è bene (ottimismo metafisico):
Ciò che all’uomo appare come destino inevitabile per Dio è provvidenza. Ogni cosa ha un suo fine razionale, ogni cosa è inserita in questo ordine perfetto. Destino, provvidenza e ragione si identificano dunque fra loro e a loro volta con Dio.
L’ETICA
Precetto fondamentale dell’etica stoica
Per lo stoico ogni essere tende ad attuare o conservare l’ordine perfetto delle cose. Ciò avviene nell’uomo attraverso due forze che sono l’istinto e la ragione. L’istinto condiviso con gli animali è lo spirito di conservazione. La ragione è l’accordo dell’uomo con sé stesso e con la natura. Il precetto fondamentale dell’etica è agganciare la razionalità del tutto, vivere in accordo con se stessi e in conformità con gli eventi naturali.
Il Dovere
Vivere secondo natura, significa assecondare l’ordine razionale impresso dal Dio, che si presenta all’uomo come destino ineluttabile o provvidenza. L’azione che si conforma a quest’ordine è il dovere. L’etica stoica è dunque un’etica del dovere (deontica). La prima che incontriamo nel mondo greco. Se però il dovere è conformità alla razionalità che è nelle cose, soltanto il sapiente soltanto il sapiente è in grado di cogliere ciò che è giusto in quanto conforme al proprio dovere. Sopravvive solo in parte l’intellettualismo etico di Socrate.
Il bene e la virtù
. Una singola azione compiuta in conformità al proprio dovere non è ancora segno di una condotta conforme al bene (una rondine non fa primavera). Il bene è la disposizione uniforme e constante. E‘ un esercizio, un’educazione, o habitus. Il bene non è un’azione, ma uno stile di vita.
La virtù come consapevole uniformità al dovere è pratica cui può accedere attraverso l’esercizio. Tra la virtù e il vizio non vi sono vie di mezzo. Solo la virtù come piena realizzazione è il sommo bene. Vi sono poi cose che sono semplicemente indifferenti (la salute, il piacere, la bellezza, la ricchezza etc. etc.) e infine cose che pur non essendo bene sono degne di essere scelte (che hanno valore).
Teoria delle emozioni e apatia nello Stoicismo
Esistono per lo stoico quattro emozioni, che sono 1) la brama per ciò che si vorrebbe avere la 2) letizia per ciò che si ha e poi 3) il timore per il mali futuri e 4) l’afflizione per quelli presenti. Dalle prime tre emozioni il sapiente ricava tre stati d’animo (la 1) volontà, la 2) gioia e la 3) preoccupazione). Mentre 4) l’afflizione è uno stato d’animo che appartiene solo allo 4) stolto. Non esistono mali di cui ci si debba dolere visto che tutte le cose che accadono sono frutto di un progetto divinino e dunque un bene. La stoltezza consiste nell’ignoranza, nel non saper cogliere la connessione del tutto in tutto ciò che accade. La condizione cui il sapiente deve conformasi per raggiungere la virtù è dunque l’apatia, ovvero l’indifferenza rispetto a qualunque emozione.
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