Cenni storici sul neoplatonismo e Plotino
Il neoplatonismo fa parte è l’ultima manifestazione del platonismo nel mondo antico-Riassume in sé le tendenze e le manifestazioni della filosofia greca ed alessandrina. Il suo fondatore è Ammonio Sacca (175-242 d.C.) che non lasciò scritti. Era un bracciante ed insegnò ad Alessandria la filosofia platonica. Tra i suoi scolari si annoverano anche Origene e Longino. Figura di punta del neoplatonismo è certamente Plotino.
Nato a Licopoli nel 203 0 204 d. C. . Partecipò alla spedizione dell’imperatore Gordiano contro i persiani, venendo così a conoscenza delle dottrine indiane e persiane. Al ritorno si stabilì a Roma e qui insegnò a figure di rilievo come senatori, l’imperatore Gallieno e sua moglie Salonina. Fu poi Porfirio di Tiro a pubblicare le sue opere in sei Enneadi.
Dai molti all’uno
Seppur Plotino professi la sua filosofia come estensione del platonismo, essa risulta in molti tratti nuova ed originale. L’esigenza di individuare un unico principio che spiegasse tutte le cose era stata forte con i filosofi presocratici.
L’ontologia di Platone da cui i filosofi cristiani attinsero a piene mani era tuttavia dualista. Era infatti basata sull’idea dell’Uno, che agiva quale principio ordinatore della diade. La teologia cristiana dovette compiere lo sforzo di ridurre ad unità il principio, identificandolo col Dio creatore. In questa operazione centrale è la figura di Plotino. Egli, infatti, Partendo dalla molteplicità delle cose, affermò che questa sarebbe impensabile senza poterla ricondurre l’unità. Di conseguenza qualcosa esiste solo in relazione all’unità.
Ovviamente gli esseri minori avranno in se un’unità minore, mentre i maggiori un’unità maggiore. Sarà così possibile progredire per tratti successi fino a giungere a un Uno assoluto da cui tutto deriva. Così se la radice dell’essere è l’unita, la radice del mondo è l’Uno.
Dall’Uno ai molti:
In quanto superiore e radice delle cose che esistono l’uno non può avere gli stessi attributi delle cose. Esso, superando ogni riserva mentale, viene dunque definito come infinito, in quanto la sua potenza non è circoscritta, non ha limiti. Giacché infinito non ha né forma, né figura. Dato che dove non c’è forma, inoltre, non ci può essere né essenza, né sostanza l’Uno risulta al di là dell’essere mondano. Proprio per queste sue caratteristiche l’Uno è anche indeterminabile. Non può infatti essere definito con attributi finiti. Esso può solo definirsi in quello che non è, essendo assolutamente altro dal mondo. Per riuscire a chiarire come dall’Uno derivano i molti Plotino ricorre a delle metafore. Ispirandosi a Platone l’Uno è anche bene, ed egli è solo in relazione al mondo.
Plotino immagina l’Uno come un sovrabbondare d’essere.. Un po’ come il fuoco in virtù della sua stessa esistenza genera calore, l’uno genera le cose che sono. Affermando sé genera il mondo. Le cose quindi derivano come emanazione o irradiazione dall’Uno, per gradi sempre meno perfetti via via che ci si allontana da esso.
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La teoria emanatistica si discosta pertanto sia dal dualismo platonico-aristotelico che dal successivo creazionismo cristiano. Non è il principio ordinatore delle cose. Queste, infatti, esistono solo “accidentalmente”, come effetto “collaterale” potremmo dire dell’essere divino. L’uno di Plotino tuttavia non è neanche principio creatore poiché l’Uno determina involontariamente il mondo, non secondo volontà. Infine la sua idea della divinità non è associabile neanche al panteismo. L’Uno esiste al di sopra delle cose in modo non corporeo. Il fuoco non è il calore che emana (né è parte di esso), come l’Uno non è nelle cose che da lui emanano.
Le ipostasi e la materia
Il fenomeno dell’irradiazione dell’Uno procede per ipostasi (realtà sostanziali per sé sussistenti) successive. La prima ipostasi è proprio l’Uno. Dall’Uno si arriva all’intelletto, che deriva per contemplazione dell’Uno. L’intelletto universale racchiude tutte le forme dell’essere (le idee). Contemplando l’Uno infatti contempla tutti gli infiniti pensieri possibili.
Dall’Intelletto trabocca l’Anima. Questa da un lato contempla l’Intelletto da cui riceve le idee. Dall’altro lato guarda al corpo che da essa stessa emana. Unendosi a questo diviene anima del mondo è provvidenza.
Come si vede ogni ipostasi deriva dalla contemplazione della precedente e da origine ad un grado ontologico delle cose sempre minore. Il movimento generativo dunque è la riflessione. L’uno piegandosi su se stesso genera forme nuovo, nuove presenze o ipostasi come detto. L’Uno, l’intelletto e l’anima costituisco il mondo intelligibile; mentre la materia (ultimo gradino della scale) è privazione d’essere. Come il buio è l’assenza di luce, la materia è la totale assenza del principio. E’ dunque l’irriflesso ed è anche male.
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La singola anima infine è il riflesso dall’anima universale, racchiusa all’interno del corpo. Il tempo deriva dalla distribuzione dell’anima universale nelle cose. Tale distribuzione determina una successione di eventi.
Il ritorno all’Uno:
Per Plotino l’Uno deve ritornare dalla sua separazione e molteplicità all’unità. Il nodo del ritorno all’Uno è l’uomo. L’anima, macchiatasi della colpa di essersi legata alla corporeità e di essersi presa troppa cura di questo corpo, non può fare a meno di ascoltare il richiamo dell’Uno.
L’uomo deve innanzitutto liberarsi delle cose corporee attraverso la coscienza. Sono l’arte, l’amore e la filosofia le vie del ritorno all’uno. L’arte che contempla la bellezza, l’amore che dal corporeo giunge all’idea delle cose. La filosofia invece mira all’Uno. Essa è il luogo nel quale l’unità acquista consapevolezza di sé. La contemplazione del bello e del bene fanno si però che l’uomo giunga al grado di contemplazione delle idee. La coscienza pensa sempre un oggetto. La riflessione dunque è sempre uno sdoppiarsi chi pensa e la cosa pensata. Nel pensare l’Uno dunque l’anima creerebbe dunque di necessità una separazione tra lei e l’unità stessa.
L’uomo può giungere dunque all’Uno solo ed esclusivamente attraverso l’estasi. Coglie l’uno solo attraverso un vero e proprio amoroso contatto che va aldilà del razionale.
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Alessio Farina says
1- Cosa riprende Plotino da Platone (a parte la realtà trascendentale)?
Plotino riprende da Platone essenzialmente la cosmologia o teoria delle idee (vedi punto 4). Riesce però a mescolarla con i contributi di Aristotele, Eraclito e altri pensatori. L’impianto morale di Plotino è platonico, anche se la conclusione è originale del suo pensiero. (vedi punto 4).
2-Cosa intendono quando dicono che Plotino vuole mostrare che le teorie di Aristotele funzionano/hanno senso all’interno del sistema platonico?
L’Uno è inteso come Forma, atto, sostanza, causa prima, la Diade come Materia, potenza, ricettività. La teoria delle idee platonica è quindi integrata con la l’ontologia aristotelica. L’impianto di fondo resta però platonico.
3- Perchè la materia è il male?
Plotino ha l’esigenza di ridurre a un unico principio la cosmologia di Platone, il cui impianto resta dualista.
In effetti Platone pone all’origine dell’universo l’uno come principio ordinatore sulla diade. Un po’ come succedeva per Anassimandro infatti abbiamo due principi di cui uno è il principio ordinatore o Logos (Nus per Anassimandro) l’altro definito come “due” rappresenta in realtà l’imperfetto, il caso, ciò che ha bisogno di essere determinato. Dall’azione dell’Uno sulla Diade nascono prima le idee matematiche uno, due, tre che esprimono anche forme geometriche: punto, retta, piano ecc. e poi a caduta le altre idee. Platone poi aggiunge un terzo principio creatore (il Demiurgo) che guardando alle idee da forma alle cose partendo dalla materia. Quindi i principi creatori sono quattro. Se ricordi bene però l’Uno coincideva con l’idea di Bene. L’indeterminato, infinito, imperfetto era per i greci infatti “sbagliato” quindi in questo senso male. Per contro l’uno, come del resta l’essere sferico parmenideo, era perfetto in sé, compiuto, circolare ecc. ecc. Anche per Aristotele i principi sono due forma/materia
Plotino riprede in parte questo schema laddove però necessita di mettere ordine. Egli riprende la dottrina aristotelica della materia e della forma (rispondo così al punto due) perché crede che le due prospettive siano in realtà integrabili. L’uno rappresenta chiaramente l’atto, la forma, la sostanza prima e la causa di tutte le cose. La materia la potenza pura, ricettività. Fin qui Aristotele
Giunti a questo punto Plotino procede per coppie di contrari. Se l’Uno era infatti anche l’idea di Bene per Platone, la materia, sarà allora privazione assoluta di bene e dunque male. La materia è perciò il male (anche per Platone) a tal punto che compito dell’anima è allontanarsi dai piaceri terrei.
La materia deve tuttavia sussistere non come principio a se stante, ma come generata dall’Uno. Plotino ricorre allora alla metafora del sole. L’uno è come il sole (leggi gli influssi di Eraclito che poneva come principio il fuoco) da esso per emanazione procedono le cose. Come il fuoco genera il calore per “sovrabbondanza” così L’uno genera le cose. L’uno dunque è principio creatore, ma non crea per volontà o scelta. Posta la sua esistenza vengono poste le condizioni della creazione delle cose.
Cos’è dunque la materia? Come le tenebre sono la totale privazione di luce, il punto in cui la luce non arriva più, questa è l’ultima ipostasi dell’Uno. Totale assenza di forma, sostanza, atto. L’uno è il bene, la materia è il male.
4- Virtù contemplative?
Mentre il movimento che dall’uno arriva alla materia passando per l’intelletto (logos), l’anima (coscienza), il corpo (materia) è un movimento necessario, immediato e automatico, il movimento di risalita dai molti all’uno è operato dall’anima singola come esercizio. In questo senso è una virtù. L’idea che il corpo sia fonte di allontanamento dalla perfezione è un’idea platonica, come platonico è l’impianto di fondo della morale. Ti ricordo che per Aristotele l’anima era funzione del corpo sono un’unica cosa non separabile. L’atto è l’anima il corpo è la potenza. L’atto realizza tuttavia la potenza. In altre parole l’anima è la realizzazione del corpo la sua funzione specifica. Platone invece è lontanissimo da questa idea è per lui il corpo è fonte di corruzione dell’anima. (rispondo anche così al punto 1).
Per cui la virtù dell’anima è contemplare l’Uno. Dall’anima è scaturito la terza ipostasi o corpo a cui l’anima s’è voluta legare VOLONTARIAMENTE (non mi hai chiesto di spiegarti come si passa dall’Uno ai molti e non l’ho fatto, ma nel riassunto qui lo trovi). Questo vuol dire che l’anima che per sua natura tende all’Uno ha bisogno di separarsi gradualmente dalla corporeità e quindi anche dall’illusorietà dei piaceri materiali. Egli si accosterà dunque dapprima al bello, poi al bene e via via alla filosofia come conoscenza dell’Uno. L’atto razionale tuttavia è un atto che non può realizzare un pieno ritorno all’uno. La conoscenza infatti è sempre conoscenza di un oggetto, anche nel suo gradino più alto dunque l’anima resta separata dall’uno. Egli contempla l’uno, ma come oggetto della sua conoscenza. C’è quindi lei come soggetto e l’Uno come suo oggetto. L’anima realizza la piena unità con il principio solo attraverso l’estasi.
Non ti spiego tutte le ricadute di questa teoria sul cristianesimo, ti accenno solo che Sant’Agostino attinge a piene mani da Plotino.
Questo percorso che non ti spiego nei dettagli è molto simile a quanto Platone scrive nel mito della caverna. Lì l’anima infatti è chiamata a liberarsi via via dall’illusione sino al punto in cui può uscire e guardare direttamente il sole (anche l’immagine dell’uno come il sole dunque è in realtà Platonica).
5-l’anima non discesa
Questo punto purtroppo non l’ho capito bene. Se puoi spiegarmi meglio i tuoi dubbi provo a rispondere.
Precisazione
Tieni infine presente che quando si parla di platonismo si intendono cose che posso essere anche molto diverse dal pensiero originale di Platone. Quest’ultimo viene recuperato nella sua interezza e autonomia solo nel rinascimento con Marsilio Ficino. Prima di allora era abitudine di tutti i medievali leggere più che l’autore le teorie di chi parlava di lui. Un uomo medievale aveva più in mente Plotino o anche Agostino quando parlava di Platone che Platone stesso. Oggi diciamo per descrivere questo fenomeno che allora si mancava di tridimensionalità storica e tutto veniva schiacciato per così dire in un unico piano. Un po’ come succede nella divina commedia quando Dante mette assieme Virgilio e buona parte della mitologia greca con il cattolicesimo.