Alla domanda chi sono risponderei: i miei silenzi. Sono i miei patimenti, il mio modo del tutto naturale di autocommiserarmi. Risponderei che sono le cose che non sono stato, quelle che hanno mancato il loro traguardo. Sono la polvere che si deposita strato dopo strato così da rendere opaco quello che c’è sotto.
Sono la corsa nella quale all’improvviso ho rallentato perché non c’avevo voglia di stare dal solo. Sono le cose che non ho vinto. Sono le mie fragilità portate adesso con fierezza. Sono le cose che sbaglio e le mie contraddizioni.
Per tanto tempo ho creduto che il viaggio dentro sé dovesse portare altrove e invece deve riportarti esattamente al punto di inizio. Quello dove tutto ricomincia da capo un’altra volta ancora, perché niente è cambiato e tuttavia sei cambiato tu.
I miei silenzi
Per tanto tempo ho temuto senza comprendere che era il mio terrore a tenermi vivo. E tuttavia al di fuori di questa comprensione non v’è né soluzione, né scelta, perché non c’è niente da cambiare. La parte finale del cambiamento è l’accettazione. L’accettazione delle cose che non si possono modificare. Non si tratta di rassegnazione, ma di consapevolezza. Questa accettazione è luttuosa, comporta la perdita dell’innocenza originaria. Parlo qui dell’illusione del bambino che crede di essere tutto il suo mondo. La rottura definitiva di questo stato psichico comporta l’ingresso nella realtà. Reale è ciò che non dipende da me, non ciò che non ha relazioni con me.
I miei silenzi sono cioè che resta
Così succede che l’altro diventa reale, quando ti accorgi che non puoi cambiarlo, non puoi condizionare le sue scelte, i suoi pensieri. Ti accorgi che non sai nulla di lui, perché lui non dipende da te. Reale è ciò che non puoi controllare. Reale è il futuro che ti cammina accanto. Il fatto che le cose non possano essere modificate in qualche modo ti rilassa. Termina quello stato di tensione interiore, quella convinzione che tutto fosse nelle tue mani. L’ansia, produce angoscia, l’angoscia produce tensione interiore, la tensione interiore l’azione. È questo il meccanismo antico della lotta per la vita e per la morte.
Il cammino verso la consapevolezza
Tuttavia quando accetti che le cose non dipendono da te l’ansia cala e l’angoscia si trasforma come fa il mosto con il vino. Improvvisamente diventa un sentimento caldo, dentro il quale è possibile ammantarsi per sentirsi vivo. Diventa tristezza.
Così succede che si raggiunge il traguardo, che se te l’avessero detto all’inizio probabilmente non avresti nemmeno iniziato. La tristezza è il punto di arrivo. C’erano difese e barricate tutt’attorno a te. Meccanismi ancestrali e pensieri stratificati negli anni. Come le cipolle hai rimosso strato dopo strato, finché non hai pianto e qualcosa s’è finalmente liberato.
Alla fine di tutto il cammino c’ero io e i miei silenzi.
Lascia un commento