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10/19/2016 by Alessio Farina Leave a Comment

Schelling: riassunto. L’identità di Spirito e Natura

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SCHELLING: Il genio idealista

Con Fichte, Schelling condivide pienamente l’impianto idealistico. Il riferimento kantiano alla cosa in sé viene sostituito con la ricerca di un principio assoluto. Da questo occorre derivare sia la forma sia il contenuto della conoscenza. Occorre derivare da un unico principio dunque tanto le strutture soggettive quanto il contenuto materiale del nostro sapere. In altre parole è necessario affermare l’identità di Pensiero ed Essere, Spirito e Natura. Schelling manifesta, tuttavia, due esigenze che condurranno ad un’aperta critica del suo maestro. 

  1. Il fondamento primo della conoscenza non va cercato nell’Io puro, bensì in un principio originario che lo preceda. Principio che ricomprenda quindi sia il momento soggettivo (l’Io trascendentale) che la componente oggettiva della conoscenza (il Non-io). I due momenti vanno quindi intesi come manifestazioni diverse ma equivalenti, dell’unico principio assoluto.
  2. Ne deriva una critica al concetto di Non-io fichtiano. Questo è infatti derivato dall’Io come sua negazione determinata. Pur essendo strettamente connessa con lo sviluppo del soggetto, la natura per Schelling ha una realtà propria. Questa non è riducibile al movimento di autolimitazione dell’Io.
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Le influenze sul pensiero di Schelling

La visione della Natura del filosofo idealista è indubbiamente influenzata dalle scoperte scientifiche del tempo. Queste avevano messo in dubbio l’impianto meccanicistico della scienza newtoniana. Ricordiamo infatti che per la fisica moderna non è possibile individuare alcuna causa finale. Le cose sono mosse da leggi (causa efficiente), ma non hanno un fine. L’idea aristotelica di un telos nel divenire della Natura, viene recuperata dalle teorie evoluzionistiche, che Schelling contribuirà a introdurre. I mutamenti organici sono infatti orientati verso un continuo progresso in termini di adattamento all’ambiente circostante. In linea con questa visione la Natura viene intesa come vita e organismo. Concetti già emersi nelle opere di Goethe, di Jacobi ma anche di Kant.

  • Da Kant della Critica del Giudizio Schelling mutua due importanti convinzioni.

 La prima è che l’organismo è una realtà unitaria che possiede in se stessa e oggettivamente il proprio principio di organizzazione.

La seconda è che l’organicità può essere estesa dal singolo essere vivente a tutta la natura considerata come una totalità.

  • Dalla tradizione neoplatonica rinascimentale (Giordano Bruno e Spinoza) Schelling giunge all’idea che a natura costituisce un organismo universale. In esso opera un unico principio vitale, l’anima del mondo. Ammette con ciò l’idea e di materia vivente. La natura non è materia inerte, ma vita universale di cui è permeata la stessa materia. Essa ha dunque come proprietà fondamentale l’attività.
  • Non può tuttavia non venire in mente la prima filosofia della Natura dei Greci. La loro indagine sul principio di tutte le cose e il loro intendere sostanzialmente la Natura come vita e il principio come anima del mondo.

La Natura “intelligente”

La Critica della ragion pura Kant era riuscita nel compito di una fondazione trascendentale del meccanicismo newtoniano. Nella Giudizio era stato poi lo stesso Kant ad ammettere l’dea che la causalità meccanica fosse assolutamente insufficiente a spiegare i più semplici fenomeni organici. C’è una differenza sostanziale tra lo studio della natura come sostanza inerte e quello della Natura intesa come Organo, Sistema vitale. Schelling si oppone per questa ragione al MECCANICISMO. Rifiuta tuttavia anche il FINALISMO che compromette l’autonomia della Natura affidando i suoi processi ad un fine esterno ad essa. Egli propone perciò un ORGANICISMO FINALISTICO E IMMANENTISTICO.

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Il principio di sviluppo della Natura è nella Natura stessa, che possiede una sua “intelligenza”, ovvero un ordine razionale INTRINSECO.

I rapporti di Spirito e Natura

Schelling afferma, pertanto, la piena circolarità tra Natura e Spirito,. Questi non sono né indipendenti, né conseguenti. Lo spirito non è lo sviluppo della natura o viceversa. I due sono piuttosto poli di un unico processo o Sostanza. Dio sive Natura insomma per dirla con Spinoza. La natura è lo spirito visibile, lo spirito è natura invisibile.

Schelling applica dunque anche alla Natura il principio della produzione dialettica che Fiche aveva riservato all’Io-puro. Anche l’attività della natura consiste infatti in un processo oppositivo. Possiede cioè una polarità interna, per la quale le due forze di attrazione e repulsione esprimono insieme la loro unità e la loro opposizione. Riconosce, inoltre, tre diversi tipi di polarità naturali, i quali corrispondono gradi di sviluppo della natura.

  1. Mondo inorganico: l’opposizione tra le forze attrattive e quelle repulsive, si esprime soprattutto nella forza di gravità. La scienza corrispondente a questa potenza è la fisica. Essa ha per oggetto la natura inorganica considerata come massa.
  2. Mondo organico: La seconda potenza esprime l’azione chimica. E’ fondata sull’opposizione tra sintesi e analisi. Al suo interno si distinguono i fondamenti del magnetismo, dell’elettricità e della luce. Se l’equilibrio cui mettono capo le forze fisiche ha carattere statico, cioè tende a mantenere se stesso, quello risultante delle forze chimiche è precario e reversibile.
  3. Mondo animato: La terza potenza è quella organica. Si ha una forza propulsiva continua, suscettibile di arresti solo momentanei. Anch’essa si distingue in tre momenti interni: la sensibilità (il percepire stimoli dall’esterno); l’irritabilità che consente il moto degli organismi; e la tendenza produttiva. Quest’ultima è l’impulso alla generazione che presiede all’autoriproduzione della specie.

La Natura è vista come la preistoria dello Spirito.

E’ l’odissea dello Spirito che si cerca nelle cose per giungere finalmente presso di sé con l’uomo. n’altra conseguenza dell’omogeneità tra spirito e natura è il finalismo. La finalità, al pari dell’attività, è una determinazione essenziale dello spirito. Per Schelling la natura, essendo co-essenziale con lo spirito, deve necessariamente essere pensata come organizzata secondo fini.

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Mondo della natura e mondo dello spirito sono qui visti nella loro derivazione da un’unica intelligenza. Essa opera però in due modi diversi. Può creare inconsapevolmente, avendo come risultato il mondo naturale, oppure con consapevolezza, dando origine alle creazioni dello spirito. Compito della filosofia sarà quello di dimostrare il carattere apparente dell’opposizione tra spirito e natura. Di rilevarne piuttosto la sostanziale identità.

Lidealismo trascendentale

Nel sistema dell’Idealismo trascendentale Schelling compie l’operazione opposta a quella precedente. Ha già rintracciato un “intelligenza” bilogica per così dire. Ha cioè individuato lo Spirito nella Natura. Deve adesso chiudere il cerchio e individuare la Natura nello Spirito. La Filosofia della Natura mostra come il carattere organico della Natura indica la presenza in essa di una costituzione analoga a quella dello spirito. Il Sistema da lato suo afferma che l’Io trascendentale non è soltanto espressione di soggettività assoluta, ma della realtà  La Filosofia dello Spirito è fondata sulla nozione di autocoscienza o di IO, sintesi di due attività dialetticamente opposte.

  • Attività reale: Da un lato essa contiene un’attività limitata che produce l’oggetto. Lo pone fichtianamente come limite, come qualcosa di opposto al soggetto. Tale attività opera inconsciamente, in modo che l’oggetto appaia al soggetto come qualcosa di dato esternamente. (Produce la realtà).
  • Attività ideale: D’altro lato nell’autocoscienza è contenuta anche un’attività illimitata e limitante. Essa consapevolmente va oltre il limite dell’oggetto, riconoscendo in quest’ultimo un prodotto inconsapevole dell’Io. Oltrepassa il limite rappresentato dall’oggetto ricomprendendolo in sé come produzione dell’Io.

La sintesi assoluta

L’attività ideale e quella reale costituiscono i due aspetti diversi di un’unica attività dell’autocoscienza. Essa è sintesi assoluta di entrambe. Tale sintesi non è statica, ma dinamica. L’attività reale produce l’oggetto e continuamente l’attività ideale lo riconduce a sé. Esiste un processo dialettico infinito tra la produzione naurale dell’oggetto e la sua riconduzione alla soggettività. L’intuizione intellettuale è l’atto con cui l’Io coglie questa sintesi di ideale e reale.

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L’Io è, quindi, unità indissolubile di attività consapevole e di attività inconscia. In questo modo gli stessi meccanismi dell’idealismo trascendentale fichtiano vengono piegati alla dimostrazione della tesi che il vero idealismo non può che essere contemporaneamente autentico realismo. La sintesi è ulteriormente illustrata da Schelling attraverso la descrizione dei tre gradi, detti epoche,che descrivono il processo evolutivo della filosofia teoretica.

  1. Dalla sensazione all’intuizione produttiva. Nella sensazione sembra che il soggetto trovi di fronte a sé un oggetto esterno. Rispetto ad esso appare completamento passivo. Nell’intuizione produttiva, viceversa, l’Io, determina l’oggetto come un proprio prodotto. Risolve quindi la sensazione in un momento passivo (l’oggetto è ‘sentito’) e in un momento attivo (il soggetto appare come ‘senziente’). In quanto si intuisce come senziente, l’Io si configura come ‘intelligenza’ , mentre il suo prodotto sarà la ‘materia’ .
  2.  Dall’intuizione alla riflessione. Mediante la riflessione l’intelligenza diventa consapevole della corrispondenza tra sé e la Natura come proprio prodotto. Si riconosce quindi come organismo umano, ovvero  come vertice estremo dell’organizzazione naturale.
  3. Dalla riflessione alla volontà. Per mezzo di un atto di ‘astrazione assoluta’, l’intelligenza giunge alla consapevolezza che la propria attività è pura forma, distinta da ogni materia. Con la volontà si passa dal primo livello della vita dello spirito, che è l’attività teoretica, al secondo grado, rappresentato dalla filosofia pratica. La volontà è espressione di libertà.

La filosofia pratica

Il singolo soggetto libero trova di fronte a sé altre volontà individuali altrettanto libere. Si pone quindi il problema dell’armonizzazione di queste volontà. Della creazione di in un sistema che garantisca  la compatibilità tra le diverse libertà. Questo sistema è il diritto. Implica un’ unione di libertà individuale e necessità dell’adesione alla legge. Questa unione è il corrispettivo pratico dell’unità tra soggetto e oggetto appena vista.

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Tale unione di libertà e necessità si attua nella storia. Sulla scena storica i singoli uomini agiscono liberamente in vista dei propri scopi. In realtà la loro azione obbedisce a un piano provvidenziale e razionale che sovrasta ogni intenzione individuale. Così la storia appare come il dominio dell’ Assoluto, unità di libertà e di necessità, di spirito e di natura. L’Assoluto a seconda delle epoche può essere vista come destino (epoca dei Greci). Oppure essere visto come Natura (dai Romani in poi). Oppure essere visto ancora come Provvidenza (epoca da venire).

L’arte

La storia rimanda dunque ad un futuro al di là da venire l’unità. Mentre la filosofia può intuire l’assoluto, non può però rappresentarselo. La rappresentazione concettuale comporta infatti immediatamente una scissione. Pensare diceva già Parmenide è pensare l’essere, ovvero comporta un’opposizione di soggetto e predicati. L’attività dell’assoluto può essere colta non come atto di pensiero, ma come rappresentazione poetica. L’arte è il genio idealistico che  ricongiunge ciò che la riflessione speculativa ha diviso. E’  la vera conoscenza e la vera filosofia.

Nell’artista si commisurano, infatti, un’attività consapevole (l’esecuzione cosciente) ed una inconsapevole ovvero l’ispirazione. Schelling identifica allora il filosofo con l’artista ed in ciò esprime il suo romanticismo filosofico. L’opera d’arte avrà una infinità di significati, come infinito è l’Assoluto che essa manifesta. In parte tali significati saranno consapevoli, liberamente voluti dall’artista. In parte saranno inconsci, perché provenienti dall’Assoluto stesso che guida la mano del genio. Con il suo idealismo estetico, Schelling identifica dunque l’arte con la conoscenza assoluta, subordinando ad essa ogni forma di sapere raziocinante e discorsivo. L’Assoluto stesso è un poeta cosmico che genera il mondo. Nella creazione dell’esteta si ripete il mistero stesso della creazione del mondo.

La filosofia dell’identità

Il tema fondamentale della filosofia di Schelling era sempre stato quello dell’unità tra natura e spirito. Con la filosofia dell’identità, Schelling intende invece ‘ partire direttamente dall’unità assoluta per derivare da essa l’opposizione ‘.

La filosofia della natura e l’idealismo trascendentale appaiono come due prospettive unilaterali, che vanno riconsiderate dal punto di vista della totalità e restituite alla loro giusta collocazione all’interno del sistema. Il fondamento dell’intera realtà é ora ricercato nell’ Assoluto, concepito come identità indifferenziata (o anche ‘uni-totalità’) di soggetto e oggetto, di spirito e natura, di conscio e inconscio. La scissione degli opposti e la conseguente distinzione dell’uni-totalità in una pluralità di manifestazioni specifiche, non appartiene al piano della realtà e del sapere assoluto, ma solamente a quello dell’ apparenza.

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La difficoltà fondamentale consiste, piuttosto, nello spiegare come la ‘differenza’ possa nascere dall’ ‘indifferenza’. Se la realtà é essenzialmente uni-totalità, priva di differenziazioni interne, come si può arrivare alla distinzione di una molteplicità di esseri? Non certo tramite un passaggio graduale, di tipo emanativo, ne con tesi creazionistiche. Per rispondere a questa domanda Schelling introduce il concetto di ‘salto’ o anche, in termini più religiosi, di ‘caduta’. Ma questa nozione segna lo spostamento del suo pensiero dall’ambito dell’idealismo speculativo a quello di una filosofia a sfondo religioso, in cui hanno sempre più peso suggestioni mistiche e irrazionalistiche.

La filosofia della libertà

Alla base di essa vi é una ripresa, in termini filosofici, del teismo. Nè il panteismo spinoziano, che risolve Dio nella natura, nè la teologia morale di Fichte (e, prima di lui, Kant), che esaurisce l’essenza divina nell’ordine morale del mondo, costituiscono adeguate rappresentazioni della divinità. Dio non sarebbe senza mondo. Egli è in divenire come sede stessa delle contrapposizione dialettica dei contrari. La loro lotta ha come teatro il mondo, nel quale il positivo ha un progressivo trionfo sul negativo. Il vero Dio è vita e persona, al pari dell’uomo che è fatto a sua immagine e somiglianza. Se Dio diviene, é possibile distinguere in lui a) un momento attuale, in cui egli arriva all’esistenza, a) e un momento potenziale, che rappresenta il fondamento della sua esistenza.

  • Il fondamento é illustrato da Schelling come una radice oscura, come ‘inconscio’, ‘tenebra’, ‘egoismo’, ‘ipseità’, ‘collera’, come ‘ il desiderio che prova l’eterno Uno di generare se stesso ‘.
  • Viceversa, il polo dell’esistenza, espresso coi termini di ‘conscio’, ‘luce’, ‘amore’, rappresenta il conseguimento dello spirito.

La creazione consiste proprio nel progressivo passaggio dall’oscurità originaria alla luce. Consiste nell’esplicazione e nell’attuazione di ciò che nel fondamento é potenziale e nascosto. Tra tutte le creature l’ uomo é la sola in cui questo processo avviene completamente, nella luminosità dell’intelletto. In Dio questi due principi non sono separabili e costituiscono un’unità assoluta. Nell’uomo, invece, il principio oscuro, la volontà individuale ed egoistica, può opporsi al principio positivo. Opporsi vale a dire alla volontà illuminata dell’intelletto intesa come volontà universale. Nella possibilità dell’indipendenza del principio negativo da quello positivo, della prevalenza della volontà egoistica su quella universale, risiede la possibilità del male.

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Esso è dunque un prevale dell’individuale sull’universale. Non é dunque una semplice privazione di essere come voleva la filosofia cristiana,. Rappresenta piuttosto una distorsione.

Il male per usare le parole di Schelling è una malattia morale. Una prevaricazione della volontà individuale sulla volontà universale.

Questa malattia è reale, dato che il male affonda le sue radici nel fondamento stesso di Dio. Sebbene solo l’uomo sia pienamente responsabile di esso. Come in Dio, anche nell’uomo la libertà coincide con la necessità. Ma in Dio tale coincidenza significa che la necessità con cui Dio procede dal fondamento all’esistenza é insieme un atto di assoluta libertà. Nell’uomo, invece, la convergenza tra libertà e necessità trova espressione nella natura individuale stessa. Le sue scelte sono libere e tuttavia “previste” dal progetto divino (quindi necessarie). Sull’uomo insiste sempre la cogenza di un destino che incombe sulle sue scelte e le predetermina. Ognuno opera in base a ciò che é; ma é ciò che ha deciso di essere quando é uscito dalla natura di Dio.

La filosofia della libertà restituisce al finito, al mondo e all’uomo una realtà propria. Altrettanta realtà viene riconosciuta al male e alla libertà individuale, che nella prospettiva dell’identità assoluta svanivano anch’essi, come pure apparenze dell’Assoluto.

La filosofia negativa contro Hegel

Quando Hegel formula nella Fenomenologia dello Spirito la sua critica all’idealismo schellingiano, nulla era ormai più lontano dalle posizioni di Schelling dell’identificazione hegeliana della realtà con la ragione. Conseguenza di questa sua avversione è la nozione di filosofia negativa, alla quale è riconducibile la stessa filosofia dell’identità che Schelling aveva elaborato nel 1801.

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La ragione può solamente cogliere l’essenza (il quid sit ) delle cose, non la loro esistenza (il quod sit). Ogni filosofia puramente speculativa e fondata su argomentazioni a priori può determinare solo il lato negativo della conoscenza. Può essere determinato dalla ragione solo ciò senza il quale la conoscenza NON E’. Non può mai essere determinato dal solo pensiero ciò da cui essa sorge, l’unità di spirito e Natura, la sintesi originaria. Questo perché il pensiero non è prima della natura, ma è insieme Natura. Il pensiero razionale definisce allora soltanto le condizioni negative di pensabilità della conoscenza. Lascia però impregiudicato il problema della loro esistenza.

Alla filosofia negativa occorre quindi opporre una di filosofia positiva. Il punto di partenza del pensiero positivo deve consistere in un dato di esperienza (‘empirismo filosofico’). Questa però non è la semplice conoscenza sensibile, bensì l’esperienza metafisica ed extra-storica. La filosofia positiva non è una semplice forma di conoscenza teoretica, ma è un sapere che si traduce in attività pratica, in fede, in una vera e propria religione filosofica.

La filosofia positiva

  • Mitologia: Ha per oggetto la religione naturale, intesa come il manifestarsi di Dio nella natura attraverso le determinazioni di una coscienza umana archetipa e originaria. Le diverse rappresentazioni della divinità non sono il frutto di fantasie individuali o fenomeni culturali fortuiti. Sono piuttosto il risultato del processo necessario attraverso il quale l’uomo ha sviluppato la coscienza del divino in assenza di una rivelazione positiva. Le concezioni mitologiche non sono ‘allegorie’ di un significato concettuale. Sono invece tautegorie in cui il senso emerge necessariamente dal suo stesso sviluppo all’interno della coscienza umana.
  • Rivelazione: si riferisce alla manifestazione diretta di Dio. Egli si autorivela all’uomo con un atto di libertà assoluta. Solo attraverso questa via l’uomo potè pervenire alla conoscenza di Dio come persona vivente, che si incarna nel Figlio. Se la filosofia della mitologia spiega lo sviluppo delle religioni pagane e politeistiche, la filosofia della rivelazione ha per oggetto la religione rivelata ed il proprio fulcro nel cristianesimo.
  • La religione filosofica: è quella che deve superare sia la religione naturale del Padre, sia quella rivelata del Figlio. La totalità del tempo viene divisa in di 3 epoche (passata, presente e futura) che scandiscono nello stesso tempo la storia del mondo e quella della manifestazione di Dio. L’epoca passata rappresenta il momento del fondamento da cui Dio oscuramente scaturisce; l’età presente l’esplicazione di Dio nel mondo; l’età futura il ritorno necessario del mondo a Dio.

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