Biografia
Figlio di Carmantida, nacque intorno al 483 a.C. a Leontini (odierna Lentini), città greca della Sicilia. Fu discepolo del filosofo Empedocle e dei retori siracusani Corace e Tisia, padri storici della retorica, ma subì anche l’influenza della scuole pitagorica ed eleatica. Nel 427 prese parte ad un’ambasceria ad Atene per richiedere aiuti militari nella guerra contro Siracusa. Ad Atene riscosse un grande successo per la sua eloquenza. Viaggiò pure in Tessaglia, in Beozia, ad Argo (dove fu fatto divieto di frequentare le sue lezioni), a Delfi e a Olimpia, dove pronunciò discorsi memorabili. Vendendo i propri insegnamenti di città in città, pare guadagnò ingenti ricchezze.
Morì in Tessaglia, dove soggiornava presso il tiranno Giasone di Fere, intorno al 375 a.C., pare ultracentenario; a chi gli chiedeva il motivo di tale longevità, egli rispondeva: «il non aver mai compiuto nulla per far piacere ad un altro». Di sicuro visse con sobrietà dominando le passioni, lontano da simposi e incurante di tutto ciò che potesse turbarlo.
Tipico dell’oratoria di Gorgia era l’ampio uso di complesse figure retoriche, desunte dal linguaggio poetico ed epico. Inoltre si prendeva gioco di quanti sostenevano di poter insegnare la virtù e vantava di saper tenere un discorso su qualsiasi argomento.
Le tre tesi di Gorgia sull’essere
Protagora, come abbiamo visto qui, esprime il momento positivo della sofistica. Associa il soggettivismo della verità all’esaltazione dell’uomo, elevato a misura di tutte le cose. Gorgia di poco più giovane piuttosto il negativo di quella stessa posizione. Se tutto è vero allo stesso modo, infatti, tutto è falso. Il primo del sofisti è perciò un relativista il secondo un nichilista. Il primo crede in tutto, il secondo non crede in niente.
Nel suo scritto più famoso Della Natura o del non-essere egli sosteneva queste tre tesi ben concatenate tra loro. 1) Nulla esiste, 2) se anche esistesse non sarebbe comprensibile, 3) se anche fosse comprensibile non sarebbe né comunicabile, né spiegabile agli altri.
Quelli citati sono i tre grossi piani della filosofia speculativa: 1) ontologico), 2) gnoseologico, 3) linguistico. Sono piani legati fra loro. Gorgia dunque non si limita soltanto a negare legittimità ad essi a a spezzarne anche la loro intrinseca concatenazione. La sua insomma è un’obiezione assoluta al ragionamento in quanto tale. L’obiettivo è quello di dimostrare che non esiste alcuna possibilità di una verità oggettiva, che se anche esistesse non sarebbe conoscibile, che se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile.
E’ proprio questa negazione radicale a fare di lui un nichilista. Perciò se per Protagora esisteva una verità relativa, per Gorgia non esiste affatto verità e tutto è falso. Le posizioni di Gorgia conducono il singolo all’assordante autismo della ragione.
1- Nulla esiste
Per dimostrare la non esistenza dell’essere Gorgia fa leva sui risultati contraddittori della filosofia naturalistica. Combinando tra loro i principi ottenuti dai vari pensatori si ottiene che l’essere è in divenire e permane ad un tempo, è uno e molteplice, ingenerato e generato ad un tempo:
“Ne segue logicamente, egli afferma, che se esistesse alcunché, non sia né uno, né molteplice, né ingenerato, né generato: nulla esisterà; infatti, se alcunché esistesse, corrisponderebbe a una di queste alternative”
In particolare abbiamo già visto con Parmenide come l’affermare il principio di non contraddizione comportasse una serie di implicazioni sul piano ontologico, da cui scaturiva di necessità la negazione del divenire e del molteplice. Zenone stesso aveva incentrato la sua difesa dell’essere su paradossi logici. Possiamo dunque affermare che è la struttura stessa dell’essere contraddittoria. E questa era grosso modo la conclusione cui arrivava Gorgia. Seguiamo nel dettaglio la catena di ragionamenti che portano alla conclusione che l’essere non può esistere. Se l’essere è dovrebbe essere 1 -eterno o 2 -generato:
L’essere eterno
Se fosse eterno non avrebbe principio. Ciò che non ha principio è anche infinito, ciò che è infinito non ha un luogo, ciò che non ha un luogo non esiste. Se l’essere fosse eterno, ingenerato e imperituro non esisterebbe.
L’essere generato
L’essere non potrebbe essere generato dall’essere stesso, perché altrimenti esisterebbe prima di essere generano. Non può però nemmeno essere generato dal non essere che per l’appunto non è. L’essere dunque non è né esterno, né generato, dunque non esiste.
2 – Se anche esistesse non sarebbe comprensibile
Anche in questo caso era stato lo stesso Parmenide a mostrare lo stretto legame tra l’essere e il pensare. Il pensiero è sempre pensiero di qualcosa che è. Al limite si può dunque arrivare a sostenere che l’essere e il pensiero sono un unica e medesima cosa. Viceversa il non-essere è impensabile e inesprimibile. Gorgia avrà perciò gioco facile nel negare la posizione parmenidea. A lui basterà dimostrare che ci sono cose pensabili che non esistono, come ad esempio la Chimera. Dunque questo è prova del fatto che il pensiero può pensare anche il non essere. Come facciamo dunque a distinguere tra i nostri pensieri quelli reali e quelli che non lo sono, se l’esistenza stessa dell’essere non può essere provata? Se il pensiero non esiste l’essere non è pensato.
3 – Se anche fosse pensabile l’essere resterebbe inesprimibile
La posizione di Gorgia conclude con un tragico mutismo o solipsismo della parola. Se anche l’essere fosse comprensibile non sarebbe comunicabile. Questo accade perché la parola per il sofista è incapace di comunicare alcunché di diverso da sé medesima. E’, vale a dire, incapace di svolgere il suo compito principale, rappresentare con simboli i pensieri (che non esistono). Scrive lo stesso Gorgia:
E anche se fosse possibile conoscere e dire tutto quello che si conosce, in quale modo chi ode potrà rappresentarsi il medesimo oggetto? Infatti non sarebbe possibile che la medesima realtà pensata si trovi contemporaneamente in più soggetti separati fra di loro: l’uno infatti sarebbe due.
Quando dico tavolo ognuno di noi si rappresenterà certamente in modo diverso l’oggetto in questione. Non stiamo perciò parlando della stessa cosa pur dandogli lo stesso nome. Anche ammesso poi che con la parola tavolo tutti avessimo in mente la stessa “idea” di tavolo per dirla con Platone, nulla ci impedisce di pensare che essa appaia in modo diverso a ciascuno di noi. Se infatti i soggetti percepissero in modo del tutto identico, se si trovassero in un unica e identica condizione, sarebbero uno e non due. Di conseguenza se anche l’essere fosse conoscibile, nessuno potrebbe
Lo scetticismo metafisico-religioso
Le tesi di Gorgia acquistano ulteriore densità speculativa se riferite all’essere di cui parlava Parmenide, o Dio (verità assoluta). Un’entità del genere, quindi, secondo le tesi del sofista o non c’è (1° tesi), o è inconoscibile (2° tesi), o è inesprimibile (3° tesi). La prima affermazione costituisce una negazione radicale dell’essere (l’essere parmenideo) o una professione di ateismo (l’essere concepito come Dio). La seconda porta ad uno scetticismo o agnosticismo metafisico (essere) o teologico (Dio). Il messaggio più profondo di Gorgia sembra quindi essere l’agnosticismo o scetticismo metafisico, ovvero la persuasione dell’impotenza umana a parlare dell’essere e delle strutture del reale. Il risultato conclusivo della sua concezione è quindi la distruzione di ogni possibile metafisica, cosmologia o teologia.
Lo scetticismo gnoseologico
Sganciati dall’essere e dalla verità, quindi, anche il pensiero e il linguaggio perdono ogni valore (scetticismo gnoseologico). Se nulla è dimostrabile come vero, quindi “tutto è falso”. Mentre in Protagora vi è ancora un criterio di verità, ossia l’utile (che giova all’uomo), in Gorgia non troviamo più alcun criterio. L’unica cosa che conta è quindi la potenza del linguaggio, inteso come forza ammaliatrice che permette il dominio degli stati d’animo
Il rifugio nell’empiria
Gorgia ritiene che l’esistenza sia qualcosa di fondamentalmente irrazionale e misterioso. Egli ritiene altre sì che le azioni dell’uomo non siano rette da logica o verità. Crede piuttosto dipendano da circostanze, menzogne, passioni. Un fato sconosciuto rende l’uomo “determinato” e “incolpevole”. Questa teoria è affermata nell’ “Encomio di Elena”. In questo testo il sofista si cimenta nella difesa della tanto odiata Elena di Troia, ritenuta responsabile di una guerra durata decenni. Gorgia la giustifica proprio sostenendo che in quel momento ella stava adempiendo ad un destino di cui era inconsapevole. Il destino agisce secondo una necessità occulta che dunque ci solleva da ogni responsabilità nelle nostre azioni. Oltre alla sua abilità dialettica, Gorgia mostra significati più profondi del suo testo, come la consapevolezza della fragilità e della nullità umana.
Fu dunque il primo teorizzatore di un etica della situazione. I doveri cambiano a secondo del momento, l’età e le caratteristiche sociali. Una stessa azione può essere buona o cattiva a second adi chi è il soggetto e di quale è il contesto.
La retorica
Nella retorica gorgiana la parola diventa qualcosa di completamente autonomo rispetto tanto al pensiero quanto alla realtà. Se rispetto alla verità non possiamo far altro che tacere, rispetto all’utile la parola rivela una potenza sconfinata. In mancanza di un criterio di giudizio extralinguistico, la parola è tutto e può tutto. Nella sua indipendenza dall’essere e dal pensiero la parole diventa allora disponile a tutto. Scopo della parola dunque è suggestionare, persuadere, indurre credenza. In questo senso essa è retorica ovvero arte della persuasione. L’arte del convincere il prossimo a credere nelle verità propinate, anche quelle apparentemente più incredibili o difficili da sostenere. Abbiamo già fatto l’esempio dell’encomio di Elena, scritto da Gorgia proprio per dare prova delle sue capacità retoriche.
Conclusioni
Abbiamo visto come il pensiero di Gorgia rispetto a quello di Protagora, abbia un accezione più pessimistica dell’uomo. Entrambi i pensatori tuttavia rivelano le loro armi migliori se consideriamo i temi dell’etica e del vivere sociale. Il loro relativismo, infatti, non si traduce coerentemente dal piano gnoseologico a quello pratico. Sul piano pratico è infatti possibile individuare un etica della situazione anche per Gorgia.
E’ possibile vale a dire ammettere l’esistenza di principi comunque riconosciuti ancorché adattati ai diversi contesti. L’uomo greco è forse il meno idoneo ad indagare sul terreno fenomenologico del bene comunque. Egli dà infatti per scontato che esista una polis, una comunità e l’individuo ne faccio parte. L’uomo greco è da sempre immerso nel suo mondo sociale, in esso trova il suo spazio e la sua realizzazione. L’indagine sui rapporti tra l’individuo e la comunità, il particolar e e l”universale, dovranno quindi aspettare. Nel mondo cui entrambi appartengono L’uomo è da sempre la sua comunità.
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