L’atarassia Stoica come soluzione dell’irrequietezza strutturale dell’uomo contemporaneo.
Le contraddizioni che caratterizzano la vita delle persone vengono espresse attraverso le loro azioni e ritornano ad esse attraverso le conseguenze che hanno generato. Troppo spesso ciò che sembra capitarci per “caso” era già nelle premesse di uno spirito inquieto che ha generato la contraddizione nelle cose, solo perché queste potessero riflettere il suo stato interiore.
Così succede che cerchiamo sicurezza e troviamo instabilità, successo e troviamo infelicità, realizzazione e troviamo frustrazione. Occorre agire su noi stessi per modificare gli eventi e non sugli eventi per modificare noi stessi. La relazione sussiste tra il proprio sé e la volontà universale. Quello che comunemente chiamiamo “caso” è in realtà espressione di un “destino” universale di cui non siamo consapevoli.
La connessione emotiva con il tutto
La connessione emotiva con il tutto è possibile solo rinunciando all’idea del controllo, all’illusione che la realtà esista per come l’abbiamo pensata. Le cose accadono al di là della nostra volontà, cui spetta non l’onere del controllo, ma la comprensione degli eventi. La possibilità di riconoscersi nelle cose che accadono non dipende dalle cose che accadono. Una volta fatta questa operazione, la riconciliazione avrà restituito armonia interiore e un nuovo equilibrio rispetto alle cose.
Questo stato mentale veniva dagli stoici definito “atarassia”, troppo spesso fraintesa con la “assenza di passioni”. L’atarassia è piuttosto la perfetta pace dell’anima che nasce dall’equilibrio del sé rispetto alle sue parti interne (mondo interiore, vita comunitaria e ambiente esterno).
Ascoltare gli eventi
Guadagnato questo livello superiore di consapevolezza, potremo infine realizzare che la contraddizione è semplicemente insopprimibile e costituisce piuttosto il motore del mondo. La capacità generativa, la possibilità del cambiamento, passa da momenti di crisi, che possono esse fertili se smettiamo di “giudicare” i risultati ottenuti dalle nostre azioni, ma ci limitiamo ad “ascoltare” gli eventi.
L’ascolto non è un momento passivo di ricezione, ma un momento attivo. E’ un lasciar parlare che permette di ricollocare le contraddizioni senza generarne di nuove. Immediatamente il “fare” diventerà un “lasciar accadere”, accompagnato da una sospensione del giudizio (epoché). Scopriremo infine che non c’era niente da modificare, niente che non andasse bene, se non appunto la nostra contraddizione interiore adesso risolta nell’accettazione di un destino superiore.
L’Atarassia come perfetta armonia
Si tratta dello stato mentale che gli orientali definivano “nirvana”. Di questo stato resta qualcosa nell’ascetismo cristiano, spesso frainteso come “umiliazione” del corpo. L’uomo contemporaneo invece non ha più nulla dalla sua che lo trattenga nelle sue contraddizioni. Gli resta solo la tecnica e la vuota fede in una scienza divinizzata, capace di risolvere prima o poi ogni problema possibile.
La solitudine dell’uomo contemporaneo è il riflesso di questa incapacità di stare nelle cose, non riconoscendole come il risultato dei propri moti interiori. Questo rifiuto di sé, si traduce in un’alienazione costitutiva fonte di perenne agitazione che è l’esatto contrario dell’atarassia.
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