Critica della ragion pura di Kant: riassunto. Il tribunale della ragione

Il tema principale trattato da Kant nella Critica della ragion pura è quello della conoscenza e della correlazione sussistente tra metafisica e scienza.

 

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Terminologia di Kant:

Il noumeno dal greco νούμενον (nooúmenon, ciò che viene pensato) è l'”essenza pensabile, ma inconoscibile nella sua natura delle cose”, la “cosa in sé” prima ancora che si manifesti come fenomeno, ovvero la cosa considerata indipendentemente dal soggetto che la percepisce.

 

Il termine fenomeno viene utilizzato, in opposizione al termine noumeno. I fenomeni costituiscono il mondo così come appare ai nostri sensi e non come esso è indipendentemente dalla nostra esperienza di esso. Gli uomini non possono, secondo Kant, conoscere la realtà in sé, ma soltanto attraverso l’esperienza possibile di essa (“la cosa per me”). In tal modo la filosofia viene a coincidere con lo studio dell’esperienza umana del mondo.

Il giudizio analitico apriori

I giudizi analitici a priori sono tautologici. L’esempio kantiano «Il triangolo ha tre angoli» è un giudizio analitico. Un giudizio analitico, non dà nuove informazioni e non ha un carattere produttivo; è pero necessario e universale, e vale per tutti gli uomini dotati di ragione.

Se io analizzo, scompongo il soggetto (triangolo) vedo che esso è costituito da diverse caratteristiche connesse col concetto stesso di triangolo: ha tre angoli, ha tre lati, la somma degli angoli interni è uguale a 180 gradi. Di queste caratteristiche, che conosco senza averne fatto esperienza (a priori), ne metto in evidenza una (ha tre angoli) nel predicato dove dunque non si dice niente di nuovo rispetto al soggetto.

Il giudizio sintetico aposteriori

Nel giudizio sintetico il predicato contiene qualcosa di nuovo che non è compreso nel concetto del soggetto, come nell’esempio “alcuni corpi sono pesanti”. Infatti alcuni corpi sono pesanti altri leggeri. Il predicato, nel giudizio sintetico, è collegato al soggetto in forza dell’esperienza: i giudizi sintetici sono dunque a posteriori, si possono pronunciare solo dopo aver fatto esperienza e per questo essendo collegati alla sensibilità non hanno universalità e necessità ma sono estensivi della conoscenza.

Il giudizio sintetico apriori

Il giudizio sintetico a priori è un giudizio che, pur ampliando la conoscenza, perché aggiunge qualcosa di nuovo nel predicato, presenta i caratteri di universalità e necessità, che gli derivano dall’attività trascendentale apriori dell’intelletto. I giudizi sintetici a priori sono i fondamenti su cui poggia la scienza poiché accrescono il sapere (in quanto sintetici), ma non necessitano di essere riconfermati ogni volta dall’esperienza perché universali e necessari.

 

 Trascendentale    

 

In Kant il termine trascendentale si riferisce al meccanismo “formale” della conoscenza, prescindendo dal contenuto di essa. Vuole spiegare non che cosa conosciamo ma come avviene la conoscenza. La conoscenza per un aspetto è passiva in quanto si basa su dati sensibili che noi acquisiamo passivamente ma, per altro verso è attiva, poiché noi siamo dotati di funzioni trascendentali di modi di funzionamento del nostro intelletto che automaticamente si attivano nel momento stesso in cui riceviamo i dati sensibili.

Le funzioni trascendentali non sono gli universali ricavati dall’esperienza, perché esse sono presenti prima dell’esperienza e non vanno neppure confuse con le idee innate le quali si presentano dotate di un contenuto (l’idea innata di Dio) mentre le funzioni non hanno un contenuto. Possiamo dire che sono a priori, precedono l’esperienza, ovvero la “trascendono” in quanto “stanno al di là” dell’esperienza stessa; ma allo stesso tempo sono “immanenti”, in quanto quelle funzioni diventano reali, acquistano valore effettivo, il loro funzionamento da potenziale diviene attuale, solo quando s’ “incarnano” con i dati sensibili.

TEORIA DELLA CONOSCENZA

Giunto a questo punto Kant stabilisce un nuovo sistema conoscitivo per determinare da dove arrivino i giudizi sintetici a priori, se questi non derivano dall’esperienza. Questa nuova teoria si basa sull’idea che la conoscenza sia una sintesi di materia (empirica) e forma (razionale ed innata). La prima è la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili che provengono dall’esperienza. La seconda è invece l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina tali impressioni. In questo modo la realtà non modella la nostra mente su di sé, ma è la mente che modella la realtà attraverso le forme tramite cui la percepisce. La realtà come ci appare in base alle forme a priori è il fenomeno, mentre la realtà così com’è è indipendente da noi ed è per noi inconoscibile.

Kant definisce la conoscenza come ciò che scaturisce da tre facoltà: 1) la sensibilità, 2) l’intelletto e 3) la ragione.

  1. La sensibilità è la facoltà con cui percepiamo i fenomeni e poggia su due forme a priori, lo spazio e il tempo.
  2. L’intelletto è invece la facoltà con cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o categorie.
  3. La ragione è la facoltà attraverso la quale cerchiamo di spiegare la realtà oltre il limite dell’esperienza tramite le tre idee di anima, Dio e mondo.

1) L’ ESTETICA TRASCENDETALE (sensibilità)

L'”estetica” (aisthesis in greco significa “sensazione”, “percezione”) studia la sensibilità e delle sue forme apriori (trascendentali). La sensibilità svolge due ruoli nel processo conoscitivo.

Ricezione (passivo) ed è il procedimento attraverso cui prende i propri contenuti dalla realtà esterna. In seguito la sensibilità svolge 2) Riorganizzazione (attivo), riordina vale a dire le informazioni empiriche tramite le forme a priori di spazio e il tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno e si occupa dell’intuizione della sola disposizione delle cose esterne. Il tempo è la forma del senso interno e regola la successione delle cose interne.

Questi hanno natura intuitiva, in quanto intuiamo i vari spazi come un unico spazio. Secondo Kant la matematica e la geometria sono sintetiche e a priori in quanto la loro validità è indipendente dall’esperienza e aggiungono qualcosa di nuovo al soggetto. La geometria usa intuitivamente lo spazio e la matematica fa lo stesso con il tempo, cioè di successione, senza ricavarli da altro (dimostrazione matematica dell’apriorità dello spazio e del tempo).

La rivoluzione copernicana: Invece di cercare fuori di noi la giustificazione dei giudizi scientifici (compito inutile poiché Hume ha dimostrato che l’esperienza non potrà mai darci alcunché di universale e necessario), occorrerà cercarla all’interno del nostro stesso processo conoscitivo: così come ha fatto Copernico che ha cercato la causa apparente del movimento dei cieli non nel cielo, ma nella Terra. La nostra ragione cioè, funziona (funzioni) in modo da inquadrare il primissimo dato sensibile che riceve, e poi tutti i successivi, nello spazio e nel tempo.

Che cos’è dunque il processo conoscitivo?

Non è un puro e semplice ricevere passivamente dati sensibili ma è anche e soprattutto elaborarli, sintetizzarli, ordinarli secondo “forme a priori” proprie di ogni soggetto pensante. Esse cioè sono forme a priori nel senso che sono presenti in noi prima di ricevere il primo dato sensibile, noi cioè abbiamo dall’inizio, prima ancora di fare la prima esperienza, questi contenitori (forme) già predisposti, pronti a ricevere i contenuti sensibili che ci vengono dall’esterno e che noi selezioniamo ed ordiniamo.

2) L’ANALITICA TRASCENDENTALE (Intelletto):

Studia il livello successivo della conoscenza, ovvero, le funzioni proprie dell’intelletto, che si esprime attraverso concetti e giudizi. Kant ritiene che le intuizioni siano delle affezioni (passive) mentre i concetti sono funzioni (attive) che riordinano e unificano più rappresentazioni.

I concetti possono essere empirici, cioè derivare dall’esperienza, o puri, cioè essere contenuti a priori dall’intelletto. Ciascun concetto è il predicato di un giudizio possibile (esempio: il metallo [soggetto] è un corpo [predicato]) e tutti questi sono posti in alcune caselle a priori che sono i concetti puri. I concetti puri vengono chiamati da Kant categorie sull’esempio aristotelico.

Tuttavia, a differenza delle categorie aristoteliche,che hanno un valore ontologico e logico al tempo stesso, essendo simultaneamente forme dell’essere e del pensiero, le categorie kantiane hanno una portata esclusivamente gnoseologico-trascendentale, in quanto rappresentano dei modi di funzionamento dell’intelletto che non valgono per la cosa in sé, ma solo per il fenomeno.

LA DEDUZIONE TRASCENDENTALE:

Dopo aver formulato questa teoria, Kant ne deve dimostrare la validità (deduzione trascendentale). In questo caso il termine deduzione implica la dimostrazione della legittimità di una pretesa di fatto. Per giustificare quindi ciò che ci garantisce che la natura obbedirà alle categorie, manifestandosi in esperienza come noi crediamo, Kant procede secondo questo ragionamento:

  1.  L’unificazione del molteplice non è fatta dalla molteplicità (che è passiva), ma da un’attività sintetica che ha sede nell’intelletto; come centro mentale unificatore, denominato “Io penso”, che è comune a tutte le persone ed è quindi universale;
  2. l’Io penso (che è attività e non sostanza) opera tramite i giudizi, che costituiscono un processo di unificazione del molteplice e sono il modo con cui l’intelletto coglie le intuizioni sensibili.
  3.  I giudizi si basano sulle categorie, cioè sui vari modi in cui l’Io penso opera l’unificazione.

L’Io penso: Se le condizioni dell’oggettività dipendono dal soggetto, allora è necessaria come prima condizione che il soggetto sia in grado di avere consapevolezza della propria attività (appercezione) e questa attività di unificazione del molteplice della sensazione che è ad un tempo anche consapevolezza di sé è detta L’Io-penso (o appercezione trascendentale) ed è il principio supremo della conoscenza umana, che non crea la realtà, ma la ordina: «l’Io è il legislatore della natura».

 L’Io penso, o “unità sintetica originaria”

Non può essere ridotto ad un semplice “dato” oggettivo, perché l’appercezione originaria (o trascendentale) si attiva solo in rapporto a un oggetto: non la possiamo conoscere in se stessa ma solo quando si accompagna alle nostre rappresentazioni; è la condizione formale di ogni conoscenza. Si tratta di un’attività di pensiero che appartiene a tutti gli uomini ma a nessuno di essi in particolare, strutturalmente identica in tutti. Essa si distingue perciò dall’io empirico o appercezione empirica, che è invece la coscienza di ognuno basata sulla singola sensibilità individuale e tale da appartenere solo a noi stessi singolarmente.

Lo schematismo trascendentale (opzionale):

Dimostrata la necessità dell’Io-penso e delle sue categorie per la conoscenza, Kant deve spiegare come le categorie possano operare sulla realtà fenomenica. La sensazione e l’intellezione, sono infatti due facoltà diverse (la prima intuisce gli oggetti sensibili), la seconda unifica attraverso concetti e giudizi). L’intelletto non può dunque operare direttamente con le intuizioni sensibili, in quanto ha bisogno prima di disporle attraverso i concetti puri, ovvero di renderseli intelligibili.

I concetti puri non intervengono direttamente sui prodotti della sensazione, ma indirettamente attraverso le intuizioni sensibili e in particolare il tempo. Questa è la dottrina dello schematismo trascendentale. L’intelletto attraverso la facoltà dell’immaginazione trascendentale, rende i concetti puri immagini temporali. Così per esempio la sostanza viene rappresentata come permanenza nel tempo, la causalità come successione nel tempo ecc. In questo modo i concetti puri possono entrare in rapporto con gli oggetti della sensazione e renderli intellegibili.

3) DIALETTICA TRASCENDENTALE (Ragione):

In quest’ultima parte dell’opera Kant si occupa del problema della metafisica come scienza. Con Kant ritorna centrale il problema che aveva abitato la filosofia moderna da Cartesio in poi: il significato della realtà nella sua totalità e, quindi, la possibilità di fare della metafisica una scienza. Nella dialettica trascendentale Kant intende motivare la necessità profonda che spinge l’uomo ad indagare su argomenti che vanno oltre l’esperienza tramite ragionamenti fallaci. Ciò è dovuto al desiderio innato della mente umana che la spinge a voler trovare una conoscenza totale della realtà.

Questo si fonda su tre idee trascendentali:

  1. l’anima: totalità dei fenomeni interni;
  2. il mondo (o cosmo): totalità dei fenomeni esterni;
  3. Dio: totalità di tutte le totalità e fondamento di ogni cosa.

 

A ciascuna di queste tre associa una scienza. Kant si preoccuperà di sintetizzare quali sono gli errori cui incappa la ragione quando pretende di fondare la propria conoscenza non sulla sensazione, ma sulle idee

1- L’anima è studiata dalla psicologia razionale

E’ fondata, secondo Kant, su un paralogismo, cioè su un ragionamento errato che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’Io-penso rendendolo così una realtà eterna, spirituale, immortale, incorruttibile e personale. In realtà l’io penso è un’unita formale che non ha nessuna prova empirica e di cui quindi non è possibile conoscere nulla, ma è soprattutto una funzione logica a cui non si possono applicare le categorie che agiscono solo sugli elementi di derivazione empirica.

2- Il mondo è studiato dalla cosmologia razionale

Pretende di riuscire a spiegare il cosmo nella sua totalità (Pensa ai filosofi naturalisti dell’antichità). Pertanto i metafisici, quando tentano di spiegarlo, cadono in procedimenti razionali contraddittori con sé stessi (antinomie) e cioè due ragionamenti egualmente validi e dimostrabili dal punto di vista razionale, ma opposti tra di loro e tra cui è quindi impossibile operare una scelta poiché manca un criterio valido. Le antinomie sono quattro: 1) finità/infinità del mondo, 2) semplicità/complessità del mondo, 3) libertà/non libertà della causalità delle leggi di natura, 4) ente necessario/contingente delle cause cosmiche.

3- Dio è invece l’oggetto di studio della teologia razionale,

E’ al tempo stesso una concezione che trae le proprie origini da semplici passaggi razionali e non empirici. Per tanto nulla può essere detto sulla sua natura, ma, i teologi, hanno elaborato per colmare questa mancanza tre prove dell’esistenza di Dio:

La Prova Ontologica:

Questa dimostrazione di Dio viene proposta per la prima volta da e Dio viene definito come l’essere perfettissimo, del quale non si può Sant’Anselmo d’Aosta: S pensare niente di maggiore, non può esistere solo nella mente ma anche nella realtà. Da ciò segue che non si può pensare Dio come essere perfettissimo, senza postulare la sua esistenza.

Kant dice che questo ragionamento si basa su di un salto mortale metafisico, che dal piano logico passa al piano ontologico. L’idea di perfezione non contiene al suo interno l’esistenza, che quindi non può essere dedotta a priori, ma solamente a posteriori.

A QUESTO PROPOSITO Kant fa l’esempio dei cento talleri (soldi). 100 talleri pensati e cento talleri reali non differiscono in nulla rispetto al loro concetto, mentre la differenza sta nel fatto che uno è reale e l’altro è solo pensato. Tale differenza è però verificabile solo aposteriori, ovvero, attraverso l’esperienza.

Prova Cosmologica:

La prova cosmologica dell’esistenza di Dio è derivata da S. Tommaso ed è a sua volta di origine aristotelica. Se il mondo è regolato da rapporti di causa ed effetto data la circostanza per la quale non è possibile risalire all’infinito bisognerà ammettere l’esistenza di una causa prima causa non causata.

Kant sostiene che questo argomento è fondato sull’errata applicazione della categoria di causalità, utilizzata per passare dal mondo fisico-fenomenico al piano metafisico. Inoltre questa dimostrazione di Dio richiama implicitamente la prova ontologica, in quanto la causa necessaria e perfetta non può fare a meno di esistere;

Prova Fisico-teologica:

Delle tre, questa è la prova più intimamente accettabile, poiché afferma l’esistenza di una realtà ordinata e strutturata, deve esserci una mente ordinatrice, che viene associata con Dio. Per spiegare l’ordine della natura, bastano le sole leggi scientifiche e non un essere metafisico. Da questo punto di vista, basterebbe soltanto un Dio ordinatore e non creatore, quindi il Demiurgo platonico e non il Dio creatore cristiano. Perciò si ricade nella prova cosmologica, in quanto questo essere sarebbe la causa della natura.

È comunque importante notare che Kant non assume una posizione atea né agnostica, in quanto egli non nega l’esistenza di Dio ma semplicemente la possibilità di dimostrarla razionalmente. La figura di Dio e le altre verità metafisiche saranno quindi oggetto di altri ambiti, di cui si occuperà la Critica della Ragion Pratica.

Funzione regolativa delle idee

All’interno della pura speculazione filosofica invece, le idee trascendentali o metafisiche non hanno una funzione costitutiva ma soltanto regolativa. Esse rappresentano una sorta di idea limite verso le quali dirigere la conoscenza del mondo. Il concetto di noumeno perde così il suo attributo di esistenza, e rappresenta solo il concetto limite di ogni nostra idea, assumendo soltanto valenza logica. Per questo la filosofia kantiana viene chiamata filosofia del limite. Su queste basi Kant opera un nuovo concetto di metafisica come “scienza dei concetti puri”, intendendo la dialettica come “studio delle idee”. Questa è divisa in “metafisica della natura”, che studia i principi a priori della conoscenza della natura, e “metafisica dei costumi”, che studia i principi a priori dell’azione morale.

 

Conclusioni generali:

Il conoscere ha come limite l’esperienza, in quanto, procedendo oltre questa, non vi sono prove della sua fondatezza. Noi possiamo quindi solo conoscere la realtà fenomenica, cioè la realtà per-noi, ma mai la realtà in-sé. Questo “in-sé”, che per noi è precluso, può essere conosciuto solo da un’eventuale intelligenza divina superiore, ma non può essere in rapporto conoscitivo con noi. Kant identifica l'”in-sé” con il termine greco noumeno. Kant distingue l’esperienza secondo due accezioni. La prima implica la sola esperienza sensoriale, la seconda invece comprende la totalità della conoscenza fenomenica, cioè la conoscenza sensoriale tramite le forme a priori della mente.

 

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