La detrascendentalizzazione in Jürgen Habermas

Il percorso della detrascendentalizzazione

Il percorso della detrascendentalizzazione è il titolo di un saggio di Habermas contenuto in “verità e Giustificazione” da cui parte la storia della mia tesi di laurea prima e della tesi di dottorato dopo.  L’idea di fondo era cercare di dimostrare con in Habermas non vi fosse nessuna “svolta linguistica”, che questa svolta fosse piuttosto nel pubblico che si interesso all’autore, il quale diciamolo francamente si è molto prestato negli anni a questo cambio di veste.

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L’ultimo erede della scuola di francoforte

Guardando anche alla sua successiva produzione Habermas pare piuttosto l’uomo di tutte le stagioni. Con lui si chiude la tradizione della scuola di Francoforte di cui non ne è l’erede, quanto piuttosto il curatore fallimentare. I tentativi di Honneth di recuperare quella tradizione risultato destituiti di senso proprio per la variegata attività dello stesso Jurgen Habermas. La sua teoria del discorso diluisce nell’armonia sempre possibile dell’intesa i temi della tensione sociale e umana presenti nella “Dialettica dell’illuminismo”. In questa diluizione, in questa overdose di filosofi e pensatori di ogni genere, tuttavia si scorge lo stesso autentico paradosso di una Dialettica che Adorno volle negativa. Il negativo era infatti posto a salvaguardia dell’individuale, contro una “riconciliazione” dal lato dell’universale che lo avrebbe demolito. Adorno aveva già inteso il potere distruttivo della dialettica e leggeva i drammatici fatti che pure fu costretto a subire come una loro stretta conseguenza.

La detrascendentalizzazione a salvaguardia dell’individuale

Tutto questo in qualche modo passa dalla teoria dell’azione alla teoria dell’agire comunicativo che resta imbrigliata nel paradosso di dover sempre presupporre un’intesa possibile (Verstantigung) nel discorso, ma di doverla “occultare” poi quale esito del concreto discutere. L’intesa universale, quale ideale regolativo sarebbe il “silenzio degli angeli”, la fine di ogni controversia, l’eliminazione a-priori di ogni obiezione, laddove dove tutte le obiezioni possibili sono state discusse e risolte nel Discorso (Diskurs). Habermas vede bene questo e rinuncia fin dai primi scritti a dare lo statuto di “trascendentale” ai quadri categoriali che orientano l’azione. Parla piuttosto di “valore di posizione” (Stellenwert) quasi-trascendentale. Valore di posizione significa che occupano il posto dei trascendentali e quindi sella struttura che si annida simile a se stessa in ogni atto comunicati.

Usando una metafora medica è come se i trascendentali si “coagulassero” per un po’, siano in grado di reggere il tempo, trattenuti dal consenso implicito che ciascuno di noi pressupone sempre in ogni atto o comunicazione. In un qualche momento della storia questi trascendentali vengono messi in discussione reintrodotti nel discorso e verificati o modificati dallo stesso. E se questo può sembrare vero per le strutture superficiali del discorso o del senso comune, occorre attraverso Nietszche risalire all’origine della ragione per comprendere come il pensiero logico stesso, nelle sue basi apparentemente immutabili (ivi compreso il principio di non contraddizione) sia un risultato piuttosto che un a-priori.

Il dubbio di carta

Ogni volta che il meccanismo spontaneo della conversazione dell’incontro con il mondo altro si inceppa, nasce l’esigenza di un chiarimento. Un pezzo di maglia viene visionato, mentre il resto rimane li al suo posto. Non viene mai messo in discussione tutto il una sola volta, come ebbe già a vedere Peirce con la sua critica al “dubbio di carta” rivolto a Cartesio. Il dubbio non è iperbolico e teorico sul tutto, ma concreto su singoli aspetti che vanno volta per volta chiariti entri i limiti della ragione. Il Diskurs non lascia niente precluso e gli stessi principi idealizzanti della ragione possono essere messi in discussione.

Sospesa l’azione (epoché) viene guadagnato uno spazio di riflessione “fenomenologica” dove la verità viene indagata dal punto di vista del soggetto che ne fa esperienza. In questa realtà “emergono” i quadri trascendentali che possono ritornare all’agire comunicativo finché regge il consenso. Il quasi trascendentale è quindi posto a guardi dell’universale, nel senso che ne controllo le tentazioni nefasti di ammutolire il particolare. La dialettica resta sempre negativa, il consenso implicito on ogni comunicazione sempre revocabile in linea di principio.

Questi per sommi capi i temi affrontati nella tesi con uno sforzo di recuperarli in trasversale in tutta la vasta produzione habermasiana

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