Come costruire una cella di lievitazione: istruzioni

 C’è una matematica a tutti i livelli e c’è una panificazione a tutti i livelli. Panificare con grani antichi significa recuperare oltre alla materia antica anche il metodo di lavorazione. Di certo le nostre famose nonne non usavano una cella di lievitazione. Le mani sono il vostro più grande alleato. Serve però l’occhio per capire quando un impasto è pronto per andare in forno. Tuttavia seguendo questo antico metodo occorrerà accettare l’idea che il pane di inverno è diverso dal pane d’estate per così dire. Vanno cioè dosati diversamente i lieviti e comunque, sopratutto se si usa la pasta madre, lo sviluppo del pane sarà diverso.

 

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Le temperature infatti non soltanto rallentano o accelerano la lievitazione, gli cambiano proprio pelle. Chiunque di voi ha una pasta madre noterà per esempio che la pasta madre si sveglia in primavera, è smunta e spossata d’estate, pigra e acida d’inverno, rilassata e fertile in autunno.

Potremmo ragionare in termini più specifici, ma la verità è che la pasta madre è una creatura di cui prendersi cura, dopo un po’ si impara a conoscerla e a gestirla in modo da ottenere il prodotto che piace a noi.

Perché avere una cella di lievitazione?

Se stanno così le cose, allora, perché avere una cella di lievitazione? Serve? E’ davvero utile? Tornando all’esempio della matematica è come se da un lato facessimo i conti a mano, dall’altro avessimo una calcolatrice. Tutto si può fare, ma più ci dotiamo di strumenti precisi più vita facile avremo e migliori saranno i risultati.

In cosa ci agevola la cella di lievitazione? Il primo vantaggio è senza dubbio avere temperature controllate, che ci permetteranno di prevedere con relativa precisione in quanto tempo l’impasto sarà pronto. Niente notti insonni aspettando il raddoppio dunque o mattinate frettolose per andare a vedere dove è arrivato l’impasto. Se conoscente come lavora la vostra pasta madre e anche lei la gestite con temperature note, saprete grosso modo quanto tempo occorrerà al vostro prodotto per andare in forno rispetto alla percentuale di lievito utilizzata.

La cella di lievitazione è innanzitutto questo: possibilità di conoscere e gestire le temperature, che vengono quindi distinte in  “temperature controllate” (t. c.) e temperatura ambiente (t.a.). Nel linguaggio social ormai per t.c. si intende frigo, sappiate però che il modo più corretto di dare una ricetta sarebbe indicare l’esatta temperatura.

Si può dare di più?

Se tuttavia si trattasse solo di questo vi avrei risparmiato il post. Ci sono infatti prodotti in panificazione che non hanno esigenze particolari e invece prodotti che richiedono ESTREMO rigore. Nella scala della panificazione la pizza perdona sempre, i grandi lievitati (panettone, pandoro, veneziana ecc.) non perdonano mai e poi c’è pane che è un po’ permaloso, ma infondo lo stomaco te lo riempie sempre. Che vuol dire?

Vuol dire che la pizza è un prodotto che vi permette tanti errori, ovvero che difficilmente non riuscirete a recuperare. Se proprio siete disperati perché ha sovra lievitato è l’impasto ha la stessa consistenza della diarrea, sbattete in teglia e qualcosa comunque mangiata. Al contrario il grande lievitato ad ogni passaggio (e sono tanti) vi lascia vie aperte a mille errori e ogni errore che commettete ve lo portate dietro fino alla fine.

Il pane invece è un prodotto domestico, quotidiano, semplice, ma anche complesso e tutto dipende da dove volete arrivare. Insomma ci sono somme, ci sono divisioni e ci sono radici quadrate da calcolare. Ad ogni modo ci sarà sempre un momento nel quale se volete crescere vi servirà sapere esattamente a che temperatura state lavorando sia per la gestione della pasta madre, che per quella degli impasti.

Abbiamo davvero bisogno di una cella di lievitazione? 

Sempre per restare dentro la metafora possiamo avere una calcolatrice semplice ed una scientifica e anche i questo caso tutto dipenderà da quello che vogliamo fare e pensiamo di voler ottenere. Più siete precisi, migliori saranno i vostri prodotti. Certo se devo andare a fare la spesa non mi porto dietro un calcolatore elettronica, non mi servirebbe per calcolare il resto corretto. Tutto deve cioè essere proporzionato a quello che vogliamo fare.

Il problema della cella di lievitazione è che deve, banalmente, riscaldare d’inverno e raffreddare d’estate. Le temperature ottimali per la pasta madre e i panificati a base di frumento sono infatti 25-27 gradi. Possiamo allora ricorrere al frigo, che è di suo una temperatura controllata. Rallenterà la lievitazione, ma almeno ci garantirà una temperatura costante. Certo non possiamo riscaldare con il frigo però. Quindi d’inverno che si fa?

Perché questa lunga premessa? Perché credo che prima di cimentarsi nella costruzione di una cella occorra chiedersi di cosa abbiamo realmente bisogno. Per alcune tipologie di prodotto è INDISPENSABILE averla, per altre possiamo farne a meno. Esempio più conosciuto, ma niente affatto il solo, proprio il grande lievitato, la radice quadrata della panificazione.

 Tipologie di cella

Acquistare una cella di lievitazione bella e pronta ha un costo non indifferente, anche di migliaia di euro. Al contrario di tante altre strumentazioni (forni, impastatrici, ecc.) non esiste ancora un mercato tale che permetta alla grande industria di distribuire al dettaglio un prodotto professionale, ma ad uso casalingo. La via migliore è allora costruirne una da sé. Per quello che ci siamo detti quindi occorre capire quale soluzione è la più indicata. Alcune saranno a costo zero (un po’ come quando usiamo le mani per aiutarci a contare), altre sono vie di mezzo che poi ci permettono di evolvere. Di seguito i sistemi per scaldare e mantenere temperature costanti. Si tratta di livelli di accrescimento. Il mio consiglio è sempre di percorrerli gradualmente man mano che crescono le vostre esigenze. Come vedrete  quello che acquistate per il primo livello lo utilizzerete poi per quello successivo:

1) Forno con luce accesa e frigo

La lampadina del forno sviluppa calore. Siamo intorno ai 26-28 gradi per le lampadine da 40 W e sui 28-30 per quelle da 60 W. Meglio se acquistate un termometro digitale da inserire nella camera del forno in modo da sapere con esattezza che temperatura avete. La camera del forno è già sufficientemente coibentata. All’occorrenza potrete accenderlo e arrivare anche sopra i 30 gradi.

Costo? Non più di una ventina di euro per il termometro per ambienti tipo questo. Svantaggi? Il primo è che il forno vi serve anche per cuocere mentre quando siete in produzione avete l’esigenza sia di cuocere che di gestire le temperature tanto della pasta madre, quanto degli impasti. Il secondo è che il controllo delle temperature è molto impreciso, insomma più che controllare voi la temperatura, sarà la temperatura a controllare voi: quella è, e quella vi tenete.

2) Cavetto riscaldante e termostato termo regolatore

Questo primo up-grade è relativamente indolore, vi costerà sui 50-60 euro. Ha il vantaggio di essere facile da far funzionare quanto inserire una spina ad una presa. Da un lato avrete un cavetto riscaldate da acquario come questo, dall’altro un sistema termoregolatore come questo. La relativa difficoltà è scegliere il giusto cavo per la grandezza della vostra nascitura camera di lievitazione: 50w sono più che sufficienti a livello domestico.

Vi resterà capire come utilizzare il termoregolatore (molto intuitivo), trovare un anta in cucina da svuotare, sistemare alla buona il cavetto con dei fermacavi e chiudere l’anta. Il sistema termoregolatore è molto affidabile, ma voi il termometro digitale lo avrete già per cui meglio verificare la temperatura REALE della camera senza fare troppo affidamento a quella rilevata dalla sonda. La coibentazione per la sola funzione riscaldante non è necessaria. Basta impostare la “tolleranza” al minimo sindacale e il cavetto riporterà abbastanza in fretta la temperatura a regime. 1-2 gradi di variazione posso essere tollerati. Anche in questo caso, sempre tornando alla metafora, più cifre mettiamo dopo la virgola più precisa sarà la somma, ma insomma 2 + 2 sempre 4 fa.

3) La cella di lievitazione

Nessuno di questi due metodi va tuttavia bene quando il gioco si fa serio. Quando si vuole un certo tipo di prodotto serve la ragionevole sicurezza di poter decidere esattamente a che temperatura lavorare e per quanto tempo. Ma ragioniamo un attimo: Ho già il modo di scaldare, ho come impostare la temperatura, ho come verificare che sia effettivamente quella da me scelta, cosa manca per davvero?

  1. Coibentare
  2. Raffreddare

Coibentare bene il modulo è la prima condizione per poter operare con una relativa precisione. Le escursioni termiche sono infatti un modo impreciso di controllare la temperatura (che controllata così non è). Più velocemente scende la temperatura nella camera, più volte il cavetto dovrà riportarla su. Il termoregolatore vi permetterà di arrangiare una tolleranza minima, ma una volta che il cavetto si è surriscaldato, anche tolta la corrente ci metterà un certo po’ a raffreddarsi, mentre la temperatura continua a salire.

Più è alta l’inerzia termica meno state controllando nei fatti le temperature. Se avete un margine di errore poniamo di due gradi sopra e sotto la soglia da voi stabilita (poniamo di 28 gradi) il vostro range di azione sarà tra 26 e 30 gradi. Insomma in inverno andrà comunque bene e il pane ce lo fate (il panettone proprio no). In primavera e autunno è come non averla perché avete escursioni termiche naturali del tutto simili e d’estate andrete al mare perché sentite troppo caldo per panificare.

Coibentando la camera o scegliendo luoghi già coibentati avrete risolto il problema d’inverno. Se avete 20-22 gradi in casa difficilmente vi servirà infatti raffreddare.Un vecchio frigo vi sarà d’aiuto  oppure una cantinetta per vini come questa per attaccarci il cavo alla buona. Il termoregolatore vi permetterebbe di regolare anche il freddo per cui attaccando il cavo dentro avrete una cella di lievitazione o fermabiga come questa. Il piccolo problema è che alla lunga l’accensione e lo spegnimento continuo del motorino rischia di danneggiare la cella, questo senza considerare il costo non indifferente di partenza.

Eccoci giunti alla fine

Solo dopo aver vagliato tutte le possibilità, esservi sincerati che è proprio di una cella che avete bisogno (che quindi regoli sia il caldo che il freddo) e solo se avete una certa passione per l’hobbistica potrete valutare la possibilità di costruire una cella di lievitazione fai date. I modelli più semplici hanno solo la funzione riscaldante e usano come “cassa” contenitori di plastica come questo, quelli fatti meglio sfruttano una cassa di legno come questa.

Cosa consiglio? Se ci si mette in gioco con questo tipo di lavoro dal mio punto di vista è meglio fare le cose bene o non farle. Il materiale acquistato prima (termometro, cavetto e termostato) lo riutilizzerete dopo. Se fate una brutta cella che poi non vi serve per tutto quello che potenzialmente farete anche in futuro avrete di fatto buttato soldi e tempo.

Questa è l’unica guida per fare una cella di lievitazione che non contiene una guida per fare una cella di lievitazione. In rete di materiale se ne trova tanto e aggiungere l’ennesimo tutorial proprio non serve. Vi do piuttosto i link che che ho utilizzato io per fare la mia:

CLICCA QUI PER IL TUTORIAL =>

 

Video tutorial per la cella di lievitazione fai date 

 

 

 

Acquistare una cella di lievitazione artigianale

Sappiate che i costi di costruzione per una cella di lievitazione domestica non sono comunque indifferenti, per cui esiste sempre la possibilità di acquistarne una già pronto a delle cifre tutto sommato ragionevoli. Su ebay cercando “cella di lievitazione” troverete tanti modelli artigianali come queste. Saranno ottimi compromessi rispetto al rapporto qualità prezzo.

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