Utilizzo e rinfresco lievito madre: spiegato a mia nonna

Come utilizzo e rinfresco il lievito madre?

Nei veri gruppi si sente spesso fare questa domanda: come utilizzo e rinfresco il lievito madre? Come lo rinfresco. Sopratutto quando si avvia una pasta madre il dubbio è sempre con quali farine avviarla. Molti consigliano di cominciare con farine integrali e macinate a pietra. Altri hanno invece la convinzione che la Manitoba sia la farina magica che guarisce sempre il lievito. Altri come me all’inizio, usavano le prime farine che avevano a tiro, cambiandole in continuazione. Rispondiamo subito alla domanda, qualsiasi farina va bene. Tutte infatti hanno zuccheri a sufficienza per nutrire la vostra flotta di lieviti e batteri. Ma attenzione perché farine diverse ottengono prodotti e risultati diversi.

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In questo articolo non parlerò di come eseguire il rinfresco: ma delle logiche di gestione.

Cosa c’è dentro il lievito madre

La fermentazione con l’insieme dei suoi processi è tra le cose più studiate su questa terra. Dal tanto vituperato lievito di birra dipende infatti sia la produzione dei prodotti alcolici (vino e birra per l’appunto) che i prodotti da forno. Molti batteri vengono poi utilizzati il laboratori come una sorta di “operai” capaci di produrre per noi le molecole che ci servono, attraverso innesti di pezzi di DNA. Tutta l’insulina oggi è prodotta cosi per esempio.

A noi però interessano gli aspetti operativi lieviti e batteri fanno una cosa in particolare che ci interessa: scompongono per noi l’amido. L’amido ha una struttura complessa che il nostro organismo non può digerire se crudo.  Molto più che il glutine, che in quanto proteina è digerita già nello stomaco, a farci faticare nella digestione con la famosa sete notturna post pizza sono gli amidi, non gelatinizzati completamente. Mangiare una pizza cruda al centro perché cotta per troppo poco tempo a temperature troppo alte è la causa principale di una cattiva digestione.

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Il processo di maturazione dell’impasto serve principalmente per permettere agli enzimi presenti naturalmente nella farina (amilasi) di scomporre l’amido in destrine e maltosio. Queste verranno poi ulteriormente “digerite” dalle colonie di microorganismi presenti nel nostro lievito madre.

Il Metabolismo di lieviti e batteri spiegato a mia nonna

Giusto qualche accenno a cosa succede nel nostro lievito madre con il rinfresco può servirci a capire come trattarlo in funzione dei risultati che vogliamo ottenere.

Il lievito madre: un fantastico condominio

Quello che succede alla pasta madre rinfresco dopo rinfresco è che lieviti e batteri (alcuni batteri) cominciano a stabilire una convivenza pacifica. Come succede tra buoni vicini di casa ci si aiuta a vicenda. I prodotti di scarto dei batteri servono ai lieviti e viceversa i lieviti ringraziano i batteri dell’aiuto dando altri componenti utili al loro metabolismo. Cosa succede in un condominio perfetto se arriva qualche condomino chiassoso che non fa la differenziata ecc. ecc.? Facile Viene cacciato via! Quando cominciate una pasta madre non è quindi importante che questa lieviti sin da subito, ma che le colonie presenti nel panetto raggiungano questo equilibrio perfetto, che oltre ad assicurare una buona lievitazione lo protegge da batteri nocivi.

Una volta che il vostro lievito ha raggiunto l’equilibrio che gli serve saranno loro, i coinquilini del vostro lievito, a cacciare via i batteri indesiderati che ci possono far male. La loro presenza impedirà ad altri batteri di attecchire. Questo però vuol anche dire che se volete cambiare tipologia di lievito (più lattico, più acido ecc. ecc.) servirà del tempo e più di un rinfresco affinché nuove colonie possano inserirsi e ridurre se non eliminare le vecchie. Bisogna sempre dare tempo al lievito di adattarsi alle nuove situazioni, per cui cambiare farina si può, ma lentamente e assicurando sempre un numero di rinfreschi adeguato.

Il lievito con il rinfresco fermenta (in due modi)

Chiudere ermeticamente il barattolo se però non ci aiuta a isolare il nostro lievito madre da altri batteri presenti nel nostro frigo rischia di squilibrarne la composizione interna. Vediamo di capire perché, prometto di farvela semplice semplice.

Occorre innanzitutto distinguere tra due tipi di attività di cui sono capaci i lieviti innanzitutto e colo alcuni batteri: respirazione e fermentazione entrambe in gioco dopo il rinfresco. La respirazione cellulare (chiamata proprio così) è un processo che avviene in presenza di ossigeno e glucosio ad opera di “centrali energetiche” particolari che sono capaci di avviare il cosiddetto “ciclo di Krebs”. Lo zucchero viene scomposto in definitiva in acqua e anidride carbonica. Il processo è molto efficiente, ma richiede ossigeno e tanto lavoro. Se invece manca ossigeno o se c’è tanto zucchero a disposizione i lieviti scelgono la via comoda e si limitano a scomporre il glucosio in etanolo o acido lattico.

La respirazione

In presenza di ossigeno perciò i lieviti utilizzano un sistema di produzione energetico più efficiente e avendo tutto quello zucchero a disposizione cominciano a riprodursi. Man mano che l’ossigeno che abbiamo intrappolato durante l’impastamento finisce i lieviti interrompono la respirazione e cominciano la fermentazione. Insomma la pacchia è finita e occorre stringersi un pochetto. I lieviti smettono innanzitutto di riprodursi e cominciano a fermentare ovvero produrre innanzitutto etanolo. Si lo stesso del vino e della birra. L’etanolo quindi insieme all’anidride carbonica è ciò che restando intrappolato nella nostra maglia glutinica fa gonfiare il panetto.

Il lievito di birra invece pare sia particolarmente pigro per cui tende ad avviare la fermentazione più che in funzione dell’ossigeno che ha a disposizione della quantità di zucchero che si ritrova attorno. Vi stupirà però sapere che i lieviti non riescono a scomporre l’amido a farlo per loro sono in parte i batteri in parte proprio noi con l’acqua durante l’impastamento. Comunque ne mangiano una quantità veramente minima rispetto all’ammasso di amido presente nella farina (che è quasi tutta amido). Lunghe maturazioni non sono perciò particolarmente adatte ai diabetici. Questo perché i lieviti di zucchero ne hanno mangiato poco, in compenso la maturazione (e la cottura) ne ha messo di semplici a disposizione molti di più. Ecco perché il lievito di birra è utilizzato molto in panificazione: E’ il più efficiente agente lievitante NATURALE.

La fermentazione acetica e lattica.

Nel nostro lievito madre però non abbiamo solo lieviti, ma anche batteri pochissimi dei quali capaci di respirazione cellulare. La maggior parte di loro ci da o una fermentazione lattica o una fermentazione acetica. Producono cioè come sottocomponente principale o acido lattico o acido acetico. Attenzione alcuni sono capaci di fare o solo l’uno o solo l’altro, ma molti fanno cose diverse a condizioni diverse (batteri facoltativi).

Alcuni in presenza di ossigeno avvieranno la respirazione cellulare, altri invece se c’è zucchero a sufficienza la fermentazione lattica (lattobacilli), altri ancora solo fermentazione acetica e infine nella maggior parte dei casi finita la prima fase di crescita dei lieviti e quindi con l’aumentare dell’acidità del panetto per colpa dell’anidride carbonica smetteranno di produrre acido lattico e cominceranno a produrre acido acetico. Infine ci sono le temperature che influiscono: alle basse temperature i batteri produrranno acido acetico molto più facilmente che acido lattico.

Le farine  che ruolo hanno nel rinfresco?

Abbiamo già detto che le farine non sono tutte uguali. Qui vedremo però come condizionano la vita dei nostri batteri, cercando finalmente di rispondere alla domanda: quali farine usare per rigenerare il lievito madre.

Abbiamo già detto che i lieviti non sono in grado di scomporre l’amido. A farlo per loro sono innanzitutto gli enzimi presenti nella farina che si attivano con l’acqua e in parte i batteri che scompongo ulteriormente le piccole catene di amido facilitando il lavoro ai lieviti. L’amido viene infatti scomposto dagli enzimi in destrine e maltosio proprio ad opera principalmente delle amilasi. Si dia il caso che questi enzimi siano particolarmente abbondanti nelle parti esterne del chicco, dove pure abbondano batteri e lieviti che il chicco si prende dall’ambiente circostante. Di norma quindi più una farina e grezza e più sarà alta la sua attività enzimatica.

Cosa vuol dire in soldoni? Semplicemente che i processi di maturazione della farina usata per il rinfresco saranno più corti. Ci vorrà meno tempo vale a dire per scomporre gli zuccheri complessi presenti nella farina. Questo vuol dire per i discorsi fatti sin qui che i lieviti si troveranno molto prima a disposizione zuccheri e avvieranno molto prima la fermentazione alcolica. Vuol dire però anche che i processi di acidificazione del panetto saranno più veloci, ma sopratutto che i batteri attiveranno molto prima la fermentazione acetica.

Tutto questo senza considerare che ogni volta che mettiamo farine integrali, biologiche e macinate a pietra diano al nostro lievito una squintalata di batteri e lieviti nuovi. LA macina a pietra surriscalda infatti meno il chicco e permette perciò a un numero maggiore di microorganismi di sopravvivere.

QUI TROVI UN ARTICOLO DOVE SPIEGO LE DIFFERENZE=>>

 

Aspetti operativi del rinfresco

Avrete quindi capito che quando si lavora con il lievito madre è molto complesso ottenere risultati simili anche seguendo alla lettera le ricette. Questo perché il vostro lievito avrà una sua identità specifica che condizionerà i vostri lievitati. Si stabilirà tra voli e il vostro lievito madre un rapporto intimo, saprete come lavora e cosa potete ottenere. Per concludere però la nostra discussione su quali farine conviene usare voglio mostrarvi due foto.

 

Ho da poco convertito il mio lievito madre a Manitoba per prepararlo ai grandi lievitati. All’inizio facevo il rinfresco con un mix di integrale e rimacino ma lo usavo solo per le pizze. E’ una buona soluzione se si usano come nel mio caso solo farine integrali e semi-integrali visto che si tratta di un cocktail di farine neutro che si adatta bene a tutte le farina. Per quello che sin qui abbiamo detto infatti, prima ancora che porsi il problema di quali farine utilizzare per i rigeneri, bisogna porsi il problema di come interagirà il nostro lievito con la farina che stiamo utilizzando nelle nostre ricette.

Va da sé che se utilizzate le classiche 00 da banco, che hanno tutte caratteristiche molto simili certi problemi non dovrete nemmeno porveli. Rigenerare con una 00 e utilizzate una 00 per la vostra ricetta. L’unica informazione che vi serve sapere è la forza. Una farina di forza avrà un’attività enzimatica più bassa, più glutine e quindi una maggiore resistenza alle lunghe maturazioni e lievitazioni. Sarà per voi facile scegliere una tipo Manitoba come farine per i rigeneri visto che con questa il lievito madre si conserverà più a lungo in frigo.

Questa in effetti è diventata adesso anche la mia scelta, ma per ragioni diverse. Il primo barattolo a destra è il lievito madre che conservo, quello a sinistra è il risultato di un solo rigenero preparatorio all’impasto che devo fare. Cioè utilizzo come farina la stessa che utilizzerò nella ricetta. Notate niente? No?

Il pane e l’alveolo sacro

Vedete una struttura nell’alveolo completamente diversa? A destra si trova un alveolo più irregolare, alcuni corti altro più lunghi e grossi a sinistra un alveolo chiuso, stretto ma regolare. Con un solo rigenerò è cambiata la composizione del mio lievito e il bilanciamento lattico/acetico. Mi ritroverò in altre parole un lievito tendente più all’acetico che mi garantirà uno sviluppo alveolare più fitto e regolare, ma meno crescita. Capite?

Quando guardate quel pane meraviglioso che si usa per adesso fotografare, perché molto fotogenetico e voi state li precisi a seguire regole e ricette, ma niente. Sappiate che i motivi del diverso risultato sono tanti. Qualità della maglia innanzitutto, corrette tempistiche di lievitazione, ma non sottovalutate mai il vostro lievito. Un lievito non correttamente bilanciato se troppo lattico vi ostacolerà la formazione della maglia glutinica in fase di impastamento, se più acetico vi darà un alveolo più fitto e chiuso.

L’altro problema sono i volumi. Non leggete in tutte le ricette: attendete fino al raddoppio? Bene se la qualità del vostro alveolo è diversa al raddoppio troverete dei prodotti in fasi della lievitazione diversi. Un alveolo poco sviluppato pò dipendere certamente dal fatto che non sia incordato alla perfezione, ma anche dal vostro lievito madre. Un alveolo più “grasso”, cioè allungato ed espanso frutto di una maggiore fermentazione alcolica ad opera dei lieviti vi spingerà di più e aumenterà di volume PRIMA. di un alveolo fitto e compatto segno di una maggiore presenza di fermentazione batterica acetica.

E il frigo?

Per le ragioni sin qui dette un lievito che è rimasto troppo di frigo sarà più sbilanciato verso l’acetico e non è detto che un solo rigenero in aria ambiente basti a riequilibrarlo. Ecco perché quando ci si prepara ai grandi lievitati per esempio occorre rigenerarlo più volte a temperatura controllata.

E la chiusura ermetica?

Sono due i problemi della chiusura ermetica dopo il rinfresco: la minore quantità di ossigeno e l’etanolo. Se utilizzate barattoli grande tre volte il vostro impasto i lieviti avranno sufficiente aria per riprodursi. Utilizzano infatti principalmente quella intrappolata durante l’impastamento. In superficie tuttavia i batteri faranno cose diverse a seconda se si trovano ossigeno o anidride carbonica e sopratutto ETANOLO. Il sottoprodotto della fermentazione alcolica è infatti volatile e tende a disperdersi nell’aria, anche se parte resta intrappolato nella maglia glutinica. Al di là del fatto che l’etanolo è un veleno per i lieviti, ma la ciccia della discussione è che il vostro lievito tenderà ad inacidire molto prima.

Non è perciò né giusto, né sbagliato utilizzare guarnizioni ermetiche semplicemente si ottengono risultati diversi.

Conclusioni

Non è però detto che a voi serva sempre un lievito lattico, non di soli panettoni vive l’uomo. Un lievito che ha troppa spinta potrebbe persino danneggiare il vostro prodotto. Tuttavia mentre la conversione da lattico ad acetico è una strada in discesa il contrario no. Basta un solo rigenero come avete visto per cambiare qualità al lievito madre infatti. Il consiglio che do perciò è tenere il vostro lievito lattico, rigenerando con farina Manitoba. Basteranno rigeneri frequenti ogni quattro giorni, un bagnetto ogni tanto e almeno una volta al mese un rigenero con una tipo1 macinata a pietra. Questo nell’ottica di ripristinare l’equilibrio lieviti/batteri, ma sopratutto fermentazione lattico/acetica.

Se tuttavia state facendo un pane e non ottenete quell’alveolo pronunciato grasso che vedete in foto, chiedetevi prima che farine state usando. E’ chiaro che se avete usato farine grezze e molto enzimatiche l’alveolo vi si chiuderà un pochetto e non avrete quell’esplosione celestiale. Questo non soltanto perché di norma le farine grezze hanno meno glutine e più fibre, ma anche perché essendo macinate a pietra si portano il loro enzimi e batteri. Bastano piccole dosi di farina integrale macinata a pietra per modificare la lievitazione.

Se infine aggiungete alla farina 00 anche piccole percentuali di farina integrale sappiate che state accelerando la sua attività enzimatica. Lievitazione e maturazione correranno quindi più in fretta. Avete presenta quando vi dicono: aggiungere malto diastatico per “migliorare” la lievitazione? Bene è un po’ come se aggiungeste malto diastatico, visto che di fatto aumentare la carica enzimatica della farina di base (cosa che non sempre è un bene).

 

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