Dieta Vegana: storia di una discriminazione. Chi ha paura dei Vegani?

Diciamoci la verità coloro che fanno una dieta vegana non hanno vita facile. Io ho da poco provato a ridurre il consumo di proteine animali. Ridurre non eliminare. Mi sono limitato a sostituire il latte con le bevande vegetali. Ho eliminato il consumo di carne e pesce. Continuo a mangiare formaggi e uova però. Ogni tanto uso le alici per la pizza. In realtà mi sono solo posto un problema di salute. Ho quindi ridotto anche le 00, l’uso dello zucchero, introdotto cereali e legumi e tante centrifughe. NON SONO QUINDI UN VEGANO. Non faccio battaglie di religione, non sono un estremista. Mi fanno schifo gli allevamenti intensivi, anche se non considero un crimine uccidere un animale per mangiarselo, Amen (bontà sua!).

L’essere continuamente associato ai vegani mi ha fatto sviluppare però una sorta di empatia nei loro confronti. Ormai entro spesso nelle discussioni che riguardano i vegani. Ascolto incuriosito le mille argomentazioni contro di loro. E non serve a nulla spiegargli che non sono vegano, tanto non importa. Vale perciò la pena scrivere un post al riguardo.

Chi fa una dieta vegana non è erbivoro!

Partiamo dal presupposto che quasi nessun locale della mia città prevede piatti vegani. Purtroppo per tradizione la proteina animale è considerata l’elemento  nobile del piatto. Un piatto a base di pesce è succulento e costoso. Non parliamo della bistecca alta un centimetro o dell’hamburger con carne d’asina allevata presso i monti Makazumi. Insomma la carne è il miglior pretesto per rincarare il piatto. Poco importa che ormai esista pollo che costa meno della frutta e della verdura. Non importa che esista pesce dall’allevamento che costa meno dei fagioli. La carne nelle pietanze è segno di abbondanza e ricchezza.

Per quanto i prodotti bio abbiano subito dei rincari incomprensibili, per quanto ci siano negozi “natura” che ti chiedono l’IBAN prima di entrare, la carne continua a rappresentare il piatto nobile. La pasta e fagioli il cibo del povero.

Ogni supermercato ha ormai una linea natura-bio che strizza l’occhio a certa clientela. Si tratta di scaffali di legumi e cereali rigorosamente venduti in confezioni da 500 gr. Le cifre variano dai 2/3 euro al chilo, se c’è scritto “bio”, saliamo anche a 3/4. Insomma grosso modo quanto un chilo di petto di pollo o di salsiccia! Questo però non basta. Il Vegano viene sempre guardato con sospetto perché lo si immagina a ruminare erba o “ingrassare” perché mangia solo cereali.

Il vegano è l’amico Naif

Diciamocelo pure meglio un amico gay che Vegano almeno non ti rompe le palle a tavola! Credo che nella scala degli amici sgraditi al primo posto ci sia proprio il Vegano. Non puoi uscire con lui, perché è un salutista, un rompiscatole insomma. La sua sola presenza ti ricorda quanto è peccaminoso il cibo, quanto è lussurioso il grasso che cola. Gli scuoieresti un capretto davanti pur di fargli un dispetto.

Lui è l’amico che pubblica su facebook insulti continui e ripetuti agli eterofagi. Lui sta lì a guardarti schifato mentre affetti l’agnellino o mordi la coscetta del pollo. Insomma meglio non portaselo con sé quando si esce la sera o almeno invitarlo solo nel dopo cena. La buona notizia infatti è che l’alcol è vegan e mette daccordo tutti!

I carboidrati fanno ingrassare

Chi non ama la carne trova comunque discutibile la dieta vegana, perché si basa su cereali e legumi, la cui combinazione è in grado di coprire il fabbisogno proteico di un individuo. Quanti hanno preso a mangiare fesa di tacchino o petto di pollo scottato in padella, senza neanche un filo d’olio, perché erano a dieta? Per costoro pane e pasta sono stati completamente banditi. Gli risulta impossibile pensare che ci si possa nutrire di cereali e legumi senza ingrassare.

Ma io vi chiedo, avete mai visto un vegano obeso? No? Vi siete mai chiesti il perché? Non rispondetemi perché non hanno nulla da mangiare (buona questa però! :)). S’è recentemente scoperto che più che i carboidrati sono le proteine di origine animale che fanno ingrassare. Più precisamente ci sarebbe un certo ormone della crescita responsabile dei grande misfatto! Non voglio convincervi di questo, solo farvi ragionare sul fatto che s’è mangiate un pulcino che è diventato un pollo in 35 giorni, qualcosa che stimolerà anche la vostra crescita l’avete mangiato sicuro.

La grande questione morale

La grande questione morale che diventa anche un argomento salutistico è l’allevamento intensivo. In questo caso il vegano gioca un tanterellino scorretto è appena il caso di dirlo. Ha infatti gioco facile nel sostenere che gli allevamenti intensivi sono crudeli. E’ per lui agevole sostenere che per un chilo di carne vengono spesi 15.000 litri di acqua, che il principale responsabile dell’effetto serra sono i peti delle vacche, che queste vengono imbottite con milioni di farmaci (veri responsabili delle multiresistenze).

Sarà per lui comodo farvi vedere anche qualche video. Si vedono pulcini gettati direttamente nel tritacarne perché maschitti. Maiali fatti bollire ancora vivi (perché non si ha il tempo di farli morire diversamente). Salmoni che nuotano nella loro stessa cacca.

Questi sono argomenti validissimi. Autentiche tortur per la vista. Dedurre però che tutta la carne è uguale, che una fetta d’hamburger fa male quanto una platessa al forno, che è sbagliato uccidere l’animale in toto mi pare un altra forzatura. La Natura è anche aggressività, morte, nascita siamo onnivori e certamente imprimiamo una forzatura nel mangiare solo vegetali. Una scelta etica rispettabilissima, ma non pregna di qualche contraddizione.

E’ infatti il caso di ricordare che l’amata soia è causa di deforestazione nel mondo e che le agricolture intensive non sono meno volente nei confronti dell’alimento degli allevamenti. Ok il pomodoro non urla mentre viente squoiato ma che non sa più di niente lo sappiamo tutti!

Il chilomentro 0 è una buona alternativa, per chi ha tempo e soldi per dedicarsi ad esso. Gli altri cerchino soltanto di porsi il problema di come minimizzare i danni dell’industrializzazione ricordandosi che nei famigerati “tempi antichi” si moriva di pellagra a cause di carenze vitaminiche, o di beri beri e che è meglio riempire la pancia di autentiche schifezze che morire di fame (letteralmente però!).

La difficile vita dei vegani

Ho fatto queste oportune premesse per mettere a proprio agio il lettore onnivoro. Gli sono solidale, ero come lui e non lo giudico per le sue scelte alimentari. Cosa succede però a chi semplicemente vuole rinunciare a mangiare carne? Pre che questi venga immediatamente cattuato da un pregiudizio negativo e risucchiato in un vero e proprio ghetto mentale!

I menù piangono miseria

Per la maggior parte dei locali semplicemente non esisti. Quando leggi il menu ogni tanto noti una versione vegana di qualcosa e quasi ti brillano gli occhi. Poi leggi gli ingredienti e ti cascano le braccia (chiamiamole braccia) a terra. Perché scambiare il vegano per un erbivoro? Perché le solite verdurine grigiate? Qualcuno è mai entrato in un locale vegano? Avete presente quanti piatti si possono fare non usando la carne? no? no?!?! Evidentemente no!

Se non gli dai la carne i cuochi paiono non saper cucinare. E’ proprio l’uso di ingredienti alternativi che gli manca. Non ragionano nel modo giusto quando pensano agli abbinamenti. In un piatto serve l’amaro, il dolce, il salato. Servono consistenze diverse: il morbido, il croccante. Servono odori diversi e strati. Tempi e modi di cottura. Non serve ragionare su come “sostituire” la carne. Il vegano la carne non ce la vuole nel piatto! Il cuoco pensa a come riprodure un piatto, senza però metterci la carne. Questo quando finisce bene. Quando va male ti ritrovi un panino pieno di lattuga chiamato Kebab vegano, giusto per dirne una!

I primi tendenzialmente sarebbero vegani se non ci buttassero dentro per forza una salume, un formaggio per arricchirlo. Leggi “tagliatelle agli asparagi, pomodorini..” e pensi “ci siamo!” e poi… “panna e pancetta”! “oh porca!” ti scappa. Poi pensi che un vero vegano non nomina il nome del porco invano e ti penti!

Se sei vegano indomma ti conviene mangiare a casa e prenderti un piattto di patatine fritt eper fare compagnia, che tanto quelle sono vegane!

I vegani non sono costretti a prendere integratori

“Vegetariano lo capisco, ma vegano proprio no?”. Questa è una delle frasi che mi sento dire più spesso. E’ inutile ricordargli che NON sono vegano. Mi limito perciò a sentire questa frase, peggio se proferita da medici o professionisti della salute. Approfitto per dire che i medici non sono nutrizionisti. La medicina poi ormai è talmente specialistica e settoriale che un epatologo può non sapere nulla di cosa faccia un cardiologo, figurarsi un nutrizionista.  Il nutrizionista poi non è un vegente e non  ha la scienza infusa. Esistono approcci diversi, teorie diverse. C’è persino chi sostiene che i carboidrati facciano male e che la dieta sana preveda carne rigorosamente lontana dalle verdure, frutti e verdure (lontane dalla carne).

Inutile dire che non troveremo noi la quadra e che se uan dieta è migliore di un’altra lo senti sulla tua pelle.

Quasi tutti però concordano nel dire che la nostra dieta è troppo ricca di proteine, che bisognerebbe aumentare il consumo di verdura frutta e cereali e rinunciare completamente ai zuccheri semplici. Non c’è però quasi nessuno nutrizionista che sostenga che bisogna eliminare del tutto le proteine di origine animale. Giusto negli ultimi anni si parla di un certo fattore di crescita che sarebbe responsabile dell’accrescimento dei tumori. Veronesi per esempio sconsigliava caldamente il latte a chi avesse il cancro per questa ragione.

Questo è più un argomento contro che a favore dei vegani, qua però si tratta di rispettare le scelte alimentari altrui e la cosa va da sé deve essere reciproca.

La varietà nel piatto

 Stranamente gli onnivori sono convinti che il vegano non mangia niente. Classico ragionamento: la carne non la mangi, il latte non lo bevi, i formaggi neanche a parlarne, uova escluse, che ti resta? Fa sorridere che questa osservazione provenga da persone che non si rendono conto di mangiare spesso sempre le solite due tre cose. Il vegano è “costretto” a variare la sua alimentazione. Non può mangiare sempre gli stessi legumi o sempre gli stessi cereali. Deve cercare prodotti particolari, che per fortuna ormai è molto più semplice trovare, per sostituire il latte o il formaggio nelle ricette. Si appoggia in ciò a prodotti multietnici dalle origini più disparate. 

Un vegano si informa sulle origini del prodotto, sulle proprietà degli alimenti che consuma, insomma è un consumatore più oculato per definizione. Se anche avesse delle carenze saprebbe come coprirle. Insomma non si può essere vegani senza essere informati. Cosa che non vale per tutti gli altri ovviamente. Le carenze alimentari dei vegani sono leggende. Forse un tempo poteva essere più problematico reperire alcuni ingredienti, ma ormai la globalizzazione mette a disposizione tutto a tutti. Ci sono oli, semi, frutti, radici  che hanno proprietà meravigliose.

Le carenze alimentari

Le carenze, occorre saperlo, in nessun caso riguardano le proteine. Il nostro corpo maturata la fase di crescita ha un bisogno di proteine limitato. Quello che conta più che la quantità di proteine è la qualità. Bisogna preoccuparsi perciò di combinare gli alimenti in modo da assumere con la dieta tutte le proteine che il  nostro corpo non riesce a sintetizzare autonomamente.

 

Il vero problema riguarda la B12. Nella maggior parte dei casi si ricorre ad un alga che la contiene perché sintetizzata da batteri. Se anche si trattasse di integrarla chimicamente mi chiedo soltanto perché un “carnivoro” che a 50 anni si ritrova diabete, ipertensione, problemi circolatori, gastriti e chi più ne ha più ne metta può impasticcarsi di ogni cosa e un vegano di fatto fa un’alimentazione che lo protegge dal rischio di tutte queste malattie non potrebbe prendersi i suoi integratori alimentari in santa pace?

I problemi della carne

Detto ciò occorre ancora aggiungere che la carne crea processi infiammatori a livello intestinale, crea costipazione, aumenta la flora putrefattiva nell’intestino ed è legata a mille altri problemi. Se poi guardaste due secondi cosa sono gli allevamenti intensivi, vi verrebbe il volta stomaco. Io un bel giorno ho solo visto come veniva prodotto il latte e ci ho messo una giornata a sostituirlo.

Sarebbe quindi salutare RIDURRE il consumo di proteine di origine animale.  Che è poi nella sostanza quello che ho fatto io. Solo che poi uno si ritrova a non poter mangiare nulla quando esce. Sul serio. Provate a vivere un giorno da vegani e vi ritroverete emarginati, presi di mira e scherniti peggio di gay, ebrei ed extracomunitari messi assieme!

Cucina vegana ripensare il piatto!

La cucina vegana pensa in maniera diversa. Un buon piatto vegano non è quello che si limita a sostituire o peggio ancora eliminare la proteina animale da una ricetta “classica”. Quella è la strada che vi porta alle solite verdurine! Una cucina vegana cerca abbinamenti diversi. Cerca di restituire al piatto cremosità, “pannosità”, morbidezza o croccantezza facendo uso di elementi di base completamente diversi. Un alleato preziosissimo in questa direzione è l‘Avocado. Un frutto bellissimo che può tranquillamente essere utilizzato come addensante per le creme, restituisce burrosità ai piatti e non stravolge il sapore, come fa invece per esempio la banana.

 

I semi invece sono ottimi alleati per restituire croccantezza ai piatti. Questo è quello che spesso manca ai primi per esempio. La carne, il classico tritato per esempio, restituisce al palato prima ancora che una varietà di gusto una varietà di consistenze. Il pezzo di carne magari è più croccante fuori e morbido dentro e il sugo attorno permette a queste consistenze di scivolare lungo la lingua e masticando sprigionare i propri sapori. Un primo dove ci sia solo il sugo per esempio, per me è sciatto! Aggiungere i semini (lino, papavero, girasole, zucca, chia ecc.) restituisce al piatto una freschezza e un gioco di consistenze che non ti fa rimpiangere la carne.

La vera rivoluzione da fare nella nostra mente però è liberarsi della classica distinzione tra antipasto, primo, secondo, contorno e dolce.

Al di là del fatto che siamo gli unici a prevedere tutte queste portate per un pranzo e sono davvero troppe. Antipasto e piatto unico sono più che sufficienti! E’ chiaro che se distinguete nel vostro cervello un “primo” da un “secondo”, dal secondo vi aspettate la carne. Sia la classica bistecca, piuttosto che il pesce grigliato. Sia il bollito piuttosto che l’insaccato il secondo richiama alla mente la carne!

 

Oggi esistono prodotti come il seitan che adeguatamente preparati possono sostituire la carne. Sfido a riconoscere un kabab di seitan da uno tradizionale per esempio, ma la  verità è che bisogna rinunciare all’idea che un pasto abbia bisogno di 4 portate, sono troppe da ogni punto di vista!

La nota dolente

La vera nota dolente per me che sono un fanatico della pizza alla napoletana è la mozzarella. Non consiglierei il tofu neanche al mio peggior nemico. Sa di plastica! E’ terribile da avere in bocca, ma sopratutto non fila! Qualcuno mi ha consigliato il frumais. Io però nel frattempo mi sono dato un’altra alternativa. NON PROVARE A SOSTITUIRE LA MOZZARELLA. Ho provato a pensare cosa fa la mozzarella nella pizza. Restituisce morbidezza, un po’ di grasso, contrasta l’acidità del pomodoro.

La pizza Vegana

Ho cercato di sostituire la mozzarella piuttosto con una crema di melenzane, avocado, olio di semi di lino, agli, basilico, latte di soia e salsa di soia. La melenzana (solo il bianco) ha già una consistenza meravigliosa, basta frullarla per creare una cremina che sostituisce egregiamente la panna nei piatti. La burrosità dell’avocado, vi aiuta invece a dare corpo e oleosità alla crema. All’assaggio non posso dire che sembri mozzarella, ma almeno l’equilibrio dei sapori non risulta compromesso:

L’impasto è stato realizzato con:

Il condimento:

Pomodoro, crema avocado e melenzana, buccia della melenzana fritta, patata a sfoglie fritta semini, foglie di basilico, olio evo.

Mi pare un’ottima alternativa alla solita pizza rossa con le verdurine sopra. C’era il dolce, la crema che spezzava l’acidità del pomodoro e dava cremosità al morso. C’era croccantezza e un buon equilibrio di sapori. Insomma mi pare una strada percettibilissima, che non richiede troppi stapazzi per chi volesse realizzarla in casa

 

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