Platone: riassunto. Col cuore rivolto a cielo

Platone
affida  solo una parte delle sue teorie ai dialoghi

Le dottrine che Platone riteneva più “alte” venivano insegnate oralmente. Su di esse non si ha alcuna testimonianza diretta. La scelta del dialogo come stile è ovviamente in continuità con le teorie del suo maestro Socrate. La sua prima produzione è infatti totalmente dedicata alla divulgazione del messaggio socratico.

La produzione platonica è per questa ragione divisa in tre periodi: 1)  socratico, 2)  della maturità, 3)  della vecchiaia. Nella fase della maturità egli elabora le sue teoria principali. Nell’ultimo periodo invece rivede la sua teoria delle idea, ma non la porta a conclusione.

Se metti un mi piace mostrerai di aver apprezzato il mio lavoro

PLATONE: PERIODO SOCRATICO

Dato che le informazioni maggiori sulla figura di Socrate ci giungono proprio da Platone è molto difficile distinguere il suo pensiero da quello del maestro. Questo è vero in particolare per i dialoghi della prima fase. Più in là tuttavia Platone procederà a completare e arricchire il pensiero dello stesso Socrate. I suoi dialoghi diventeranno sempre più un artificio retorico e la sua teoria acquisterà tratti di originalità. Rispetto al maestro il nostro si differenzia per una più decisa polemica contro i sofisti. In un primo momento egli si manterrà inoltre fedele all’idea socratica che la verità non può compiutamente essere afferrata, ma solo ricercata. Tuttavia giungerà presto ad elaborare una sua teoria autonoma e fondata sul concetto di idea.

Particolarmente importanti sono i dialoghi:

1) Protagora, 2) l’Eutidemo e il 3) Gorgia, che mettono in discussione i capisaldi del pensiero sofista:

IL CRATILO

Nel Cratilo Platone si occupa dell’origine del linguaggio elaborando tre possibili alternative:

  1. il linguaggio può essere prodotto di una convenzione e le parole scelte con arbitrio (origine convenzionale).
  2. Il linguaggio ha un fondamento naturale, rimandano alle cose stesse in quanto al loro significato.

TESI DI PLATONE:

Il linguaggio serve ad avvicinare l’uomo alla conoscenza. Il suo scopo è farci discernere la reale natura delle cose. Non deriva però dalla natura stessa delle cose. E’ piuttosto un prodotto dell’uomo. La produzione non è tuttavia arbitraria, ma diretta alla conoscenza delle essenze. Questa costituisce il criterio di giustezza dei discorsi. Il linguaggio ha quindi un fondamento naturale se si considera reale non la realtà che abbiamo di fronte agli occhi, ma quella del mondo delle idee. La sua interpretazione del linguaggio apre la strada all’ontologia. Potremmo perciò parlare di uso ontologico del linguaggio.

Per me è molto importante la tua opinione!

PERIODO DELLA MATURITÀ DI PLATONE

Con la sua teoria delle idee Platone va ben oltre le intenzioni del suo Maestro. Ritiene infatti che la scienza debba avere i caratteri della stabilità e dell’immutabilità. La verità è una fedele riproduzione di ciò che esiste. La sua ricerca ha un oggetto compiuto e non è il risultato di un accordo scaturito dal dialogo stesso. Se Socrate con la domanda “che cos’è?” aveva scoperto il concetto, adesso Platone si chiede qual’è la sua realtà?

LA TEORIA DELLE IDEE

Dato che la verità deve essere immutevole, essa non può avere come modello la sensazione. Quest’ultima è infatti mutevole e cangiante. Da essa si generano per questa ragione opinioni (in greco doxa). Alla doxa Platone non riconosce dunque alcun valore né ontologico, ovvero, rispetto alla realtà cui si riferisce, né logico. Oggetto della scienza per Platone non può che essere L’IDEA. L’idea non è la semplice rappresentazione del pensiero, come la intendiamo oggi. E’ piuttosto un’entità immutabile e perfetta che esprime la sostanza di una cosa, il suo essere quella cosa lì e non un’altra. Ad esempio l’essenza della sedia è la sua “sedietà”  l’essere sedia della sedia.

COSA SONO LE IDEE?

Per Platone l’essenza della sedia non il suo essere atta a far sedere, la sua funzione specifica. L’unica vera sedia  che esiste è LA sedia, l’archetipo o primo o uno, rispetto alla quale tutte le altre sedie o idee di sedie o pensieri sulle sedie sono delle copie ingannevoli. E’ un po’ come se mi si presentassero davanti un disegno sulla sedia. Quel disegno non sarà mai reale, anche se quello è il primo contatto che io necessariamente con la sedia.  Vedete io ho preso l’esempio della sedia un po’ provocatoriamente.

Platone all’inizio non intendeva affatto riferirsi alle cose materiali quando parlava di mondo delle idee. Egli pensava più al rapporto tra bene concreto e idea di bene per intenderci o al numero al quadrato e così via.

QUALI SONO LE IDEE?

Le idee per Platone sono separate dalle cose e si trovano nell’iperuraneo (oltre il cielo). L’essenza delle cose per Platone è dunque “oltre le cose fisiche” al di là di esse. Il significato del fisico percio è meta (oltre)-fisica (natura), separato da essa. Egli nnaugura così la metafisica. Gli oggetti sono copie o modelli imperfetti dell’idea

Per Platone esistono dunque l’opinione e la scienza. Hanno come oggetti rispettivamente le cose (copie imperfette) e le idee enti immutabili.

Le idee sono di due tipi 1) idee valori, 2) idee matematiche.

  1. In una prima fase del suo pensiero Platone ha come tema centrale della sua attività la virtù. Oggetto della conoscenza è il bene e dunque le idee. Queste sono intese come valori, ovvero principi supremi di etica, estetica e politica. Se operiamo il bene è in virtù di un idea di bene. L’idea di bene non ha origini convenzionali, ma essa esiste nella vera realtà che è metafisica oltre la nostra.
  2. Esistono poi le idee matematiche (es. il numero). La matematica, seconda solo alla filosofia, esprime una realtà perfetta e immutevole. Esiste per esempio il cerchio, ma la nostra realtà ci fa vedere solo copie approssimate di esso. Es. la circonferenza del sole.

Platone estenderà solo dopo questo concetto a tutte le cose che esistono e parlerà di 3) idee di cose naturali. Le idee sono in ogni caso  forma unica e perfetta di una classe di enti designate con un unico nome. Tutti gli enti che chiamiamo quindi “sedia” condividono tra loro il riferimento all’idea di sedia.

RAPPORTI TRA LE IDEE E LE COSE:

Le idee in quanto esprimo  le verità profonde delle cose, la loro essenza. Costituiscono quindi :

  1. criterio di giudizio delle cose e anche condizione di pensabilità. Non pensi ogni singola sedia che hai visto, ma l’idea di sedia.
  2. la causa delle cose. L’idea di sedia  è ciò per cui una sedia è tale. L’idea è l’archetipo (lett. modello originario) delle cose che gli si riferiscono.

Il rapporto tra le cose e le idee è dunque di:

  1.  mimesi (imitazione),
  2. metessi (partecipazione, ovvero, ne condividono le qualità)
  3. parusia (presenza dell’idea nella cosa).

Le idee certamente sono separate dalle cose. Hanno un esistenza diversa. Sono oltre esse e pur tuttavia si relazionano alle cose stesse.

LA CONOSCENZA DELLE IDEE:

Le idee non possono essere conosciute dai sensi, ma sono il risultato di uno sguardo della mente. Esse sono colte vale a dire dall’intelletto. Sono intuite on a partire dall’esperienza dei sensi, ma attraverso un processo di reminiscenza (ricordo). La sensazione è fonte di inganno, la vera conoscenza si ritrae da essa e si guarda dentro. Si tratta quindi di una radicale trasformazione del “conosci te tesso” socratico. Si accede al mondo delle idee dalla porta di ingresso dell’anima per così dire. Lei ha “visto” le idee prima di “cadere” nel corpo (incarnazione).

L’anima per Platone sopravvive al corpo e si reincarna di volta in volta. Essa però è della stessa sostanza delle idee. Ha vissuto però accanto alle idee e gli è stato possibile contemplarle. L’anima non conosce le idee attraverso le cose. Non deduce (diremmo oggi) l’idea di sedia dalle singole sedie che ha visto. Egli vede la sedia e “ricorda” così l’idea di sedia che ha già conosciuto altrove.

La conoscenza sulla terra (ovvero attraverso il corpo) è in realtà un ricordare ciò che si è già conosciuto. La sensazione ha soltanto la funzione di ridestare nell’anima. La conoscenza per Platone è perciò detta innatistica. L’opera del filosofo è perciò meiuticaLa verità che va tirata fuori dall’individuo e non intromessa dall’esterno.

Se sei arrivato sin qua, l’articolo ti sarà piaciuto, no?

L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA (Fedro, Simposio, Fedone):

Come già detto l’anima è immortale. Come dalla vita si genera la morte, dalla morte dovrà essere generata la vita. Ogni cosa genera il suo contrario. Ciò che muore vive ancora: l’anima sopravvive al corpo. L’anima inoltre conosce le idee perché gli è simile. A favore della su tesi Platone porta due argomentazione:

  1. Prova della somiglianza: L’anima è infatti l’idea del corpo, l’idea di noi stessi ,
  2. Prova della vitalità: se è l’anima che contiene in se la vita non può accogliere in sé l’idea opposta della morte. La morte è infatti per Platone l’atto con cui l’anima abbandona il corpo.

La filosofia è la conoscenza delle idee. E’ contemplazione in vita di ciò che è al di là. E’ allora un prepararsi alla morte, un allontanarsi (con la conoscenza) dal corpo. La conoscenza è un elevarsi attraverso l’intelletto al mondo dell’iperuranio.

L’anima infine dopo la morte sceglie in quale corpo reincarnarsi. Ognuno di noi già prima della nascita ha così scelto il proprio destino.  

L’importanza del MITO

Il mito (il racconto) ha una funzione conoscitiva ed esplicativa importante. Non si tratta di una semplice narrazione. L’immagine dell’anima che abita il mondo delle idee prima di reincarnarsi, per esempio, giustifica la sua teoria della conoscenza esattamente come oggi lo farebbero le buone argomentazioni.

Prima di continuare a leggere metti un bel like! 🙂

LA DOTTRINA DELL’AMORE:

Il Simposio

Oggetto del dialogo è l’amore. Esiste un amore volgare, che si rivolge al corpo e un amore celeste che si rivolge alle anime. Uno dei personaggi (Aristofane) introduce il mito dei Titani. In origine questi erano esseri primordiali “asessuati” per così dire. Esseri completi in tutto e per tutto. In seguito furono puniti dagli dei e divisi in due metà: Il maschio e la femmina. Ognuno di noi ha quindi una corrispettiva metà che va cercando e che una volta incontrata riconosce. Questo sentimento di coappartenza, di attrazione immediata, scaturisce dall’essere stati in origine un unica cosa. Il legame amoroso ricostituisce dunque l’unità originaria.

L’essenza dell’amore è dunque l’incompletezza, un’insufficienza. L’amore è desiderio di qualcosa che non si ha, ma di cui si ha bisogno. E’ una mancanza che genera una sovrabbondanza. Amore in questo senso è figlio di Povertà (Penìa) – mancanza. E’ anche figlio di ricchezza (Poros), in quanto è un desiderio di arricchimento individuale. L’uomo può amare il corpo, l’anima, le leggi o la scienza. Il livello ultimo di amore coincide con la filosofia che è letteralmente  AMORE per il SAPERE.

Il Fedro:

Il dialogo ha come tema principale la teoria dell’anima. E’ famoso per l’immagine della biga alata. L’anima (la biga alata) è rappresentata da una coppia di cavalli ed un auriga. Dei due cavalli uno è perfetto e punta al cielo, l’altro è recalcitrante e punta verso il basso (rappresenta l’istinto). L’auriga vuole riuscire a contemplare le idee del cielo, ma uno dei due cavalli lo spinge in basso impedendoglielo. Più ha volato in alto, più l’auriga (l’anima) sarà ricolma di saggezza e bontà. Egli sarà riuscito allora a spronare il cavallo buono (le virtù) e sottomettere il cavallo nero (le intemperanze). Il mito della biga alata rappresenta la doppiezza dell’animo umano che da un lato aspira a raggiungere il mondo delle idee da cui proviene, dall’altro è tirato verso il basso dagli istinti. Il corpo è per l’anima un’ostacolo al raggiungimento della perfezione.

L’anima

Caduta nel corpo è risvegliata dalla bellezza (l’amore). Questa è in grado di stupirla e riaccendere in lei il ricordo delle cose perdute. Anche in questo caso c’è una bellezza del corpo (sensuale) ed una bellezza intellettuale. A quest’ultima si accede solamente tramite la filosofia.

L’amore più autentico è allora l’amore per il vero essere. Non l’istinto, la pulsione, ma il ragionamento stesso. Quest’ultimo è psicagonia (guida dell’anima), vera scienza.

IL MITO DELLA CAVERNA:

La condizione umana è dunque quella di essere schiava dei sensi e ingannata dalla corporeità. Da questa condizione l’uomo è chiamato a liberarsi gradualmente. I gradi della della conoscenza sono ad un tempo livelli di elevazione al mondo delle idee.

Si parte dall’opinione (doxa). E’ il risultato dell’osservazione che parte dai sensi essa comprende:

1) la congettura o immaginazione (eikasìa)

 2) la credenza (pìstis).

Per arrivare alla conoscenza razionale o scientifica (episteme) divisa a sua volta in 3) ragione matematica e 4) intelligenza filosofica.

Trama

Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dalla nascita, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.

Si pensi, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un muretto lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti (eikesìa), animali, piante e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro  (doxa) questo attirerebbe l’attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un’eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.

I prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (incatenati fin dall’infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre “parlanti” come oggetti, animali, piante e persone reali.

Se uno dei prigionieri si liberasse e rivolgesse finalmente lo sguardo alla bocca della caverna, si accorgerebbe dell’illusorietà delle proprie opinioni e congetture. Egli all’inizio accecato dalla luce, perché disabituato ad essa. Non guarda dunque inizialmente di fronte a sé, ma per terra. Lì scorge soltanto il riflesso degli oggetti, degli animali e delle piante reali) (pistis). Solo alla fine quando riesce finalmente ad alzare lo sguardo, contemplare gli oggetti in sé e per ultimo il sole (idea di bene e uno).

Considerazioni finali

Il prigioniero una volta ridestatosi dall’illusione intende tornare nella caverna a liberare gli altri compagni, che vivono ancora nel loro mondo di illusioni (alla matrix). L’anima  liberatasi è quella del filosofo, che ha raggiunto il sommo grado di conoscenza e si preoccupa di comunicarla agli altri. L’uomo che ha conosciuto la verità deve ritornare alla caverna e destare dall’illusione gli altri. Il fine ultimo della filosofia è dunque un servizio alla comunità, un tentativo di svegliarla dalle tenebre.

Va notato che i gradi della conoscenza sono per Platone un percorso graduale di liberazione dell’illusione, ma non rappresentano momenti della conoscenza. Egli nega perciò valore conoscitivo alle opinioni, alle immaginazioni e alle credenza. Riconosce come unica via d’accesso alla verità la scienza.

Se hai dubbi o necessiti di chiarimenti, puoi commentare l’articolo, sarò lieto di risponderti! Non dimenticare che puoi sempre avviare una discussione su Forum plus+

Clicca qui per andare al Forum!

/ 5
Grazie per aver votato!