Anime salve: oltre la ribellione, oltre la paura
Questo quadro che ho scelto come immagine di copertina del testo che leggerete mi ha scandalizzato quando l’ho visto la prima volta.
L’emozione che si coglie nel volto dell’angelo decaduto è solo parte della forza del dipinto. La bella posa nella sconfitta, la perfezione del corpo e quell’accenno di corna che mostrano i capelli rendono l’idea di quanto sia umano il sentimento di ribellione e la fame di giustizia dell’angelo della luce. Già proprio così fame di giustizia, che tuttavia non può essere sanata se non commettendo altre ingiustizie.
Il prediletto del Signore, nutrito fin dalla nascita del suo stesso orgoglio, viene infine cacciato perché opera soltanto le conseguenze dell’essere che lo ha voluto così. Il rancore, la rabbia cieca e disperata, sta letteralmente bruciando Lucifero, che di lì a breve instaurerà il suo regno nella terra delle ombre. Ma in questa posa niente è ancora successo, tutto sarebbe ancora recuperabile. Solo che lui oramai è irrimediabilmente solo, probabilmente schernito dal coro degli angeli sopra di lui, angeli che lui stesso sa per certo valgono molto meno e proprio per questo mai oserebbero spingersi così tanto oltre il limite.
Il limite sarà l’argomento dello scritto. Il confine come regno che circoscrive al suo interno l’Io e oltre il quale si aprono le valli della trascendenza, dell’ignoto, dell’immaginifico e della follia.
Vissuti Borderline
l termine “borderline” è piuttosto recente nell’ambito della psichiatria e soleva indicare uno stato di confine con la follia (Hughes 1984).
Definiva quindi il comportamento di gente troppo sana per essere pensata come pazza e troppo pazza per essere pensata come sana.
Esisteva quindi un territorio psicologico di confine tra sanità mentale e pazzia (Rosse 1980) e quindi un livello di funzionamento intermedio tra le nevrosi e le psicosi. Alfred Stein (1938) notò che le persone con caratteristiche borderline tendevano a peggiorare piuttosto che a migliorare a seguito di un trattamento analitico classico. Le definizioni di questa zona grigia sono cambiate nel corso degli anni Helene Deutsch (1942) parla di “personalità come se”, Hoch e Polain propone l’espressione “schizofrenia pseudonevrotica”
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali
Oggi il termine “borderline” indica uno specifico disturbo di personalità. Ci si allontana dunque dall’idea che possa esserci un livello di funzionamento, che va dal sano allo psicotico, passando via via per il nevrotico e il borderline per l’appunto.
L’espressione “disturbo borderline di personalità” indica un specifico funzionamento del carattere con caratteristiche specifiche elencate in punti.
Il DSM, ormai arrivato alla sua quinta edizione, avrebbe dovuto servire ad integrare la diversa terminologia, assicurandosi un minimo di condivisibilità all’interno della discussione scientifica sui disturbi mentali. Ha purtroppo finito per diventare la “Bibbia” del diagnosta, confondendo la neutralità delle definizioni in esso contenuto con l’oggettività del dato psichico.
L’operazione, sicuramente riuscita sul piano clinico, dacché permette di associare un gruppo di segni e sintomi ad un titolo diagnostico e di conseguenza ad uno specifico trattamento farmacologico e psicoterapeutico, è tuttavia tra le più infauste a livello di concettualizzazione teorica.
L’approccio filosofico che ho seguito nell’articolo è quindi una ribellione radicale a questo punto di vista.
Il disturbo borderline di personalità
Scartata la posizione neo-positivista del DSM ho trovato certamente più interessante la prospettiva psicodinamica, che almeno concepisce il rapporto tra sanità e malattia, non sulla base di criteri da verificare punto per punto, ma rispetto ad un continum dunque quantitativo e non qualitativo. In questa prospettiva il passaggio dalla salute alla malattia è oscillante e incerto.
L’approccio psicodinamico
Tuttavia all’interno della prospettiva psicodinamica ci si sente spesso come di fronte ad una vivisezione del paziente, che risulta sempre piuttosto cosificato. Ho dunque preferito radicalizzare il mio approccio e saltare anche questo momento di riflessione.
Sono a tutt’oggi persuaso che non fosse allora necessario buttare il bambino con tutta l’acqua sporca per così dire e che il processo di secolarizzazione non avrebbe dovuto interamente sbarazzarsi dello spazio di senso aperto dalla religione. Questo spazio che ha a che fare con l’uomo non può essere interamente riempito dalla psicologia, meno che mai dalle neuro-scienze.
I vissuti borderline
L’anima resta il soggetto della riflessione sull’uomo. Partendo da questa premesse ho costruito tutto il resto dell’articolo che ha preso la strada che ha voluto mentre lo scrivevo. Ho introdotto il termine “vissuti borderline”, immaginando una riflessione fenomenologica sul termine. Solo dopo ho compreso che era necessario sbarazzarsi del termine.
Mi chiedi cos’è la felicità adesso? Un respiro a pieni polmoni quando le correnti dell’anima si sono acquietate
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