“ Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ecco, eri dentro di me tu, e io fuori: fuori di me ti cercavo, e informe nella mia irruenza mi gettavo su queste belle forme che tu hai dato alle cose. Eri con me, io non ero con te. Le cose mi tenevano lontano, le cose che non ci sarebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha lacerato la mia sordità; hai lanciato segnali di luce e il tuo splendore ha fugato la mia cecità, ti sei effuso in essenza fragrante e ti ho aspirato e mi manca il respiro se mi manchi, ho conosciuto il tuo sapore e ora ho fame e sete, mi hai sfiorato e mi sono incendiato per la tua pace.” (S. Agostino, Confessioni, cap. 27).
Troppo a lungo ti ho cercata. Percorrendo le valli del tempo sono giunto sino a te, che eri sempre stata là dove ti ho incontrata, al di là dei miei pensieri. Inseguita da ombre aspettavi tremante che io ti trovassi. Immobile lanciavi segnali di fumo, che irrompevano dentro me quando d’improvviso cedevo. Ardevi di rabbia, giacevi di freddo, soffrivi la fame e ti risvegliavi con il sole.
Ogni volta che sprofondavo tu mi seguivi. Fuggivo da te, ma tu non mi rincorrevi. Nelle valli dell’Ade ti sono venuto a cercare. Lì sei rimasta tutto questo tempo ad aspettare. Adesso sento la tua voce che nel silenzio sospira, il tuo macchinare che di notte tesse quel che il giorno dimentica. Quante parole messe in fila per non sentire che eri tu che parlavi. Quante volte ho dovuto andar via, sentendo che eri tu che arrivavi. Quante volte ti ho toccata ritraendo tremante la mano.
L’anima che anima il mondo
Mentre inseguivo il sole ancora tremante non mi accorgevo che era mia l’ombra che mi andava seguendo, riflesso dei raggi che tanto bramavo.
Da chi fuggivo se non da te? Cosa c’era nell’abisso di quel pozzo? Chi era se non tu il fondo del mio tormento senza fine? Chi mi toglieva l’aria che angosciato respiravo? Chi cedeva dal cuore alla pancia gli avanzi del giorno prima? Perché detestavo così tanto la mia ombra, come spirito oscuro pronto a prendermi?
Io ero fragile, ma tu eri forte. Ho costruito dighe per non farti straripare, muri sempre più spessi per dividere te da me e me dal mondo. No, non ero io in te, ma tu in me. Tanto a lungo ho camminato per tornare dove ero sempre stato, per riuscire a vedere quel che prima avevo davanti al naso. Era il tuo respiro che allargava e contraeva il mondo.
“Solo il viandante che ha peregrinato nel suo infinito mondo interiore potrà accostarsi all’Anima, scoprendo che per anni altro non ha fatto che cercare Lei, poiché Lei è dietro e dentro ogni cosa”. (Carl Gustav Jung)
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