Pane con farina di tumminia e lievito di birra fatto in casa

Panificare con i grani antichi e il lievito di birra è un’impresa quasi impossibile. Il pane con farina di Tumminia integrale rischia di risultare eccessivamente compatto o al contrario troppo umido. Questo perché il lievito di birra in fase di fermentazione non è in grado di sviluppare la corretta acidità e correggere quindi il principale difetto di questo genere di farine, legato all’attività amilasica più che alla scarsa quantità di glutine (leggi qui).

Ho già dato una ricetta con pasta madre (qui) e una con lievito di birra inserire tra le ricette base (qui). Chi non avesse dimestichezza con la pasta madre può quind aiutarsi acidificando l’impasto, banalmente aggiungendo acido acetico, che avrà tra l’altro la capacità di irrigidire l’impasto evitando il fenomeno del rilassamento in cottura. Nelle prove fatte i miei tentativi di acidificare l’impasto con un prefermento non erano infatti andati a buon fine e la prima ricetta con un poolish a 24h non mi aveva soddisfatto (qui trovate la prova fatta).

Pane con farina di tumminia e lievito di birra

La possibilità di usare in purezza un grano antico con il solo lievito di birra  è in effetti non scontata, laddove anche partendo da prefermenti (Biga, poolish ecc.) ci ritroviamo nel paradosso che questi hanno bisogno di un certo numero di ore per sviluppare la corretta acidità non compatibile con queste farine che invece sono estremamente fermentescibili. Partendo quindi da acqua, farina integrale di Tumminia e piccole percentuali di lievito di birra il rischio concreto è che nell’arco delle 24h-48h richiesto dalla procedura la flora endogena della farina prenda il sopravvento di fatto avviando l’innesco di una pasta madre. Una buona soluzione quindi potrà essere partire da farine da banco (anche semola rimacinata) per la biga che potrà essere poi utilizzata al 50% sul peso della farina.

Ma i puristi del grano antico possono ricorrere al solo lievito di birra? La risposta è ni. In analogia con il processo di birrificazione e lasciandomi ispirare dalle procedure che ho messo appunto per sfruttare  fermentazioni spontanee alternative come Kefir e Kombucha   ho messo appunto una procedura tutto sommato semplice che permette di acidificare l’acqua piuttosto che un prefermento. L’idea di partenza è che acidificando l’acqua con il lievito di birra, ancorché il livello di acidità che otteniamo è più basso, la percentuale d’acqua utilizzata nell’impasto complessivamente è maggiore rispetto a quella di un prefermento (che comunque non potremmo acidificare correttamente per i motivi spiegati sopra).

Prefermento in fase liquida

Se una pasta madre viene inserita in percentuali non superiori al 30% sul peso della farina, l’acqua viene inserita in percentuali fino al 70%.

Chi intende mettersi in gioco con la ricetta deve però tener presente che stiamo forzando il lievito di birra che in fase di distress produrrà sottoprodotti (acido malico, succinico ecc.) che possono avere un sapore sgradevole in particolare se utilizzati in grandi quantità. Senza scendere troppo nel dettaglio i principali difetti di gusto di vino o birra sono gli stessi che potremmo ritrovarci nel pane, fermo restando che nella fase di innesco in realtà ci auguriamo una certa contaminazione di batteri lattici. Le fermentazioni sono sempre il risultato di un metabolismo di emergenza per così dire, non la via preferenziale dei lieviti. Per quanto il lievito di birra inneschi fermentazioni anche in condizioni favorevoli di areobiosi, l’alta concentrazione di zuccheri semplici disponibili in genere attiva subito il metabolismo anareobiotico conosciuto come “lievitazione”.

Premessa sulla procedura

La standardizzazione del processo richiederebbe strumenti idonei, ovvero controllo delle temperature e l’utilizzo di malti, cosa che per altro si fa regolarmente nel processo di ammostamento dai cui sottoprodotti veniva un tempo ricavato il lievito per farci il pane (non a caso è ancora oggi chiamato lievito di birra). Il paradosso tuttavia di controllare troppo il processo in modo da fermare la fermentazione al punto preciso in cui abbiamo acidificato correttamente senza eccedere con i sottoprodotti con retrogusti sgradevoli è che il gioco non varrebbe la candela per così dire. A quel punto se si è dotati di temperature controllate e pH ha molto più senso fare un’acqua fermentata e usare quella (qui).

Laddove la presenza del lievito di birra risolve in maniera sufficiente la questione sicurezza proteggendo l’ambiente dalla riproduzione di patogeni il senso della procedura era ottenere un modo semplificato di fare il pane che fosse ancora compatibile con un livello principiante. A questo punto banalmente ho unito acqua, farina e lievito di birra e lasciato a fermentare per 24-48h. Nei diversi tentativi che ho fatto e avendo lavorato a temperatura ambiente mi sono accorto che i risultati ottenuti e le ore richieste per avere un prefermento pronto sono molto variabili. Questo perché a quelle condizioni è assolutamente plausibile che la miclofora della farina, ancorché limitata dall’azione del lievito di birra, sia in grado di riprodursi e restituirci alcuno acidi organici (graditi).

La ricetta per il pane con farina di Tumminia integrale

Prefermento in fase liquida 24-72 h:

In una bottiglia di plastica unire:

Schiacciare la bottiglia chiudere il tappo e attendere che questa si espanda per effetto della fermentazione. Se la procedura è eseguita con l’ausilio di un sistema a valvola. La fase di fermentazione può essere prorogata con effetti migliori sulla resa del prodotto. In caso non si disponesse di tale sistema, sarà possibile raggiunto il momento di massima tensione della bottiglia, agitarla, sgasare e richiudere. La riossigenazione riattiverà per un po’ la fermentazione.

Il periodo richiesto è estremamente variabile e dipende dalla temperatura esterna. Aiutandosi con uno stabilizzatore della temperatura (vedi qui), sarà possibile standardizzare il processo. 24h a 28 gradi dovrebbero essere più che sufficienti.

Impasto:

Ottenuta la soluzione questa andrà utilizzata al posto dell’acqua in un normalissimo impasto. Dovreste subito notare un impasto asciutto fin dai primi passaggi e una magli più elastica, se avete lavorato correttamente.

L’impasto a questo punto potrà essere gestito come meglio credete. Dopo i tre giri di pieghe ogni mezz’ora classici, i migliori risultati si ottengono facendo una puntata corta di 3-4 ore a temperatura ambiente (comprensivo di pieghe) e poi l’appretto in frigo.

Anche in questo caso si tratta di gestire i tempi ad occhio e tenendo conto delle temperature esterne (che condizionano molto quelle del frigo domestico).  In inverno sarà meglio temporeggiare prima di riporre in frigo regolando la temperatura del frigo sul punto più alto, evitando così che impasto si pianti. In estate probabilmente sarà meglio riporre in frigo fin da subito facendo le pieghe all’impasto togliendolo e rimettendolo in frigo.

Il vantaggio di questa procedura è che il processo è sufficientemente standardizzato e impastando la nel tardo pomeriggio potrete infornare il mattino seguente.

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