Maturazione e lievitazione: digeribilità dell’impasto

LIEVITAZIONE E MATURAZIONE: FERMENTAZIONE

 Il nostro processo digestivo è già una lunga maturazione che dura in media 36 ore, ma può arrivare anche a 80 ore. In panificazione è consuetudine distinguere tra lievitazione e maturazione intendendoli compre processi diversi che possono avere bisogno di tempi e condizioni (temperature) diverse.
Per lievitazione si intende allora l’aumento di volume dell’impasto. Per maturazione si intendono i processi di scomposizione di molecole più complesse (Proteine, Amidi e grassi) in molecole più semplici.

La distinzione sarebbe motivata dal fatto che lunghe maturazioni dell’impasto migliorerebbero la digeribilità del prodotto da forno.  Occorre allora rallentare la lievitazione in modo da allinearla ai tempi di maturazione che a sua volta dipenderebbero dalla qualità della farina. Della farina poi si considera in genere solo la forza (W). Ci s dimentica vale a dire che se parliamo di digeribilità allora dobbiamo guardare molto di più al Falling Number di cui ho parlato qui e qui.
Ma le cose stanno per davvero così? Ho già affrontato il problema di cosa effettivamente succede durante una lunga lievitazione qui. In effetti la quantità d’amido idrolizzabile dagli enzimi amilasici della farina è relativamente bassa (7-8% del totale) . Quanto alle proteine pare invece illogico usare una farina di forza che ne contiene di più per dare tempo alla maturazione di restituircene meno.

LA LUNGA MATURAZIONE DELL’APPARATO DIGERENTE

Questo ovviamente non vuol dire che le fermentazioni prolungate  siano inutili, piuttosto vero il contrario. Sopratutto se avvengono con pasta madre i batteri lattici in associazione con i lieviti sono in grado di produrre composti aromatici molto più interessanti e sottoprodotti metabolici utili al nostro organismo. Gli impasti fermentano: il catabolismo  del lievito (quello che chiamiamo “maturazione” e “lievitazione”) produce tra gli altri composti  volatili (anidride carbonica ed etanolo) responsabili dell’aumento di volume. Rallentare il processo di lievitazione, vuol dire rallentare anche quello di maturazione, perché in realtà si tratta di un solo processo, concettualmente diviso in due fasi. Tuttavia anche ammettendo che la distinzione abbia un senso, cosa ci sarà mai dentro la farina e nell’attività metabolica di lieviti e batteri che il nostro organismo non riesce a fare da solo? Insomma perché mai dovremmo far digerire ai batteri e i lieviti delle cose che non sappiamo digerire noi? Badate bene che ci sono molti alimenti che hanno bisogno di essere trattati per poter essere digeribili e uno di questi è proprio il frumento. Ma è la fermentazione a renderlo digeribile?
La risposta è talmente scontata che ha quasi dell’incredibile il fatto che sia passata l’idea che la digeribilità dipenda dalle lunghe fermentazioni. Ciò che facciamo sempre prima di ingerire prodotti amidacei è cuocerli non fermentarli. Ma un’idea dei principali attori della digestione nel nostro organismo può chiarire meglio la questione.

LA BOCCA

La digestione comincia già durante la masticazione quando con la saliva introduciamo alcuni enzimi digestivi di cui i principali sono lipasi e alfa-amilasi, ma anche fosfatasi acida, lattoperossidasi, superossido dismutasi, aldeide deidrogenasi. Una masticazione prolungata permetterà dunque alle amilasi salivarie di iniziare i processi di scomposizione dell’amido gelatinizzato durante la cottura. Se avete problemi di digestione cominciate quindi con il masticare lentamente a bocca chiusa e senza ingoiare aria.

LO STOMACO

Il Ph dello stomaco ha livelli di acidità intorno a 1,5-2 principalmente dovuti alla presenza di acido cloridrico e questo disattiva del tutto gli enzimi salivari.
Qui troviamo in grande quantità pepsina, che però viene escreta sotto forma di pepsinogeno e si attiva solo a pH compresi tra 1,5 e 2,5. Questo è importante affinché l’enzima si attivi quando serve e dove serve.
Occhio allora agli inibitori di pompa protonica (gastro protettori) perché potrebbero compromettere la corretta digestione delle proteine, alzando eccessivamente il pH gastrico. Il succo gastrico contiene però anche lipasi (che però agiranno in modo significativo dopo) e una cosa chiamata allora “fattore intrinseco” necessaria all’assorbimento della B12.
In breve la scomposizione dell’amido comincia già con la masticazione, quella del glutine nello stomaco a pH ben più bassi del vostro impasto.

L’INTESTINO TENUE

Il meglio deve però ancora venire. Nel duodeno viene introdotta la bile prodotta dal fegato. Tra le sue principali funzioni c’è quella di emulsionare i grassi (per renderli più digeribili) ed eliminare la bilirubina in eccesso (che darà poi il classico colore marrone alle feci). Abbatte inoltre drasticamente il pH del bolo alimentare con la sua alcalinità, che nel frattempo è diventato chimo, permettendo l’assorbimento di alcune vitamine liposolubili, ma sopratutto l’attivazione degli enzimi pancreatici e ai pH dello stomaco verrebbero denaturati anch’essi.
Oltre alla bile vengono escreti attraverso la papilla duodenale i succhi pancreatici che contengono: tripsinogeno, chimotripsinogeno, pro-elastasi, pro-carbossipeptidasi, lipasi pancreatica, nucleasi ed amilasi. Anche in questo caso gli enzimi vengono attivati alle giuste condizioni di pH. In particolare gli zimogeni che esattamente come il pepsinogeno hanno bisogno di attivarsi nel luogo giusto al momento giusto (altrimenti ci autodigeriremmo). L’Intestino tenue è lungo circa 5-6 metri.

IL CRASSO E LA SECONDA FERMENTAZIONE

Se pensate che sia finita qui vi sbagliate. Resta l’ultimo miglio. Nel crasso troveremo la flora saprofita, ovvero i nostri di batteri e lieviti che finiranno con i loro enzimi di scomporre e assimilare ciò che non è riuscito di fare a noi. In questa sede quel che resta del cibo arriva a sostare anche 12 ore. Qui che si attiva una vera e propria “seconda fermentazione” la cui qualità dipenderà dal cibo ingerito e dalla composizione della nostra microflora intestinale. La fermentazione rappresenta il meccanismo di elaborazione finale dei carboidrati e delle proteine con produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), H2 e CO2, ammoniaca, amine, fenoli ed energia. Il microbiota è anche un importante fattore dello sviluppo della risposta immune.
L’interazione fra tratto gastrointestinale e microbiota è ben bilanciata nell’individuo sano, ma la rottura di questo equilibrio può portare a malattie intestinali ed extraintestinali, ivi comprese le famose intolleranze alimentari.
Il ruolo dell’intestino crasso e della fibra alimentare è stato largamente rivalutato sia rispetto al sistema immunitario che sotto il profilo nutrizionale. Pensate soltanto che nel nostro intestino ci sono più batteri che cellule in tutto il nostro corpo e che il suo microbiota arriva a pesare anche 2 chili.

LA LUNGA MATURAZIONE IN PANCIA

Adesso vi chiedo cosa c’è in una lunga maturazione di 48h a 5 gradi, che manca al nostro apparato digerente il cui lavoro è proprio digerire?

COTTURA E DIGERIBILITA’

Senza voler ovviamente sottovalutare l’importanza della fermentazione occorre quindi ricordare che il processo più importante della panificazione è la cottura. Questo per la semplice ragione che l’amido crudo (quello si) non è digeribile da nessuno. Prodotti che cuociono (e digeriamo) ma non fermentano sono pasta, pane azimo, torte, biscotti ecc. Lo stesso discorso vale anche per i grani antichi, più digeribili (per chi?), rispetto a cosa? Un prodotto composto per un 8-14% di proteine e un 60-70% di amido deve innanzitutto interessarci in quanto fonte energetica immediata.
 Va infine chiarito che le farine raffinate sono tecnicamente più nutrienti e digeribili delle farine integrali. Le fibre infatti non sono digeribili per nulla. Non apportano nutrienti e rallentano la digestione prolungando il tempo di assorbimento degli zuccheri (e quindi abbassando l’indice glicemico).

GLI ARGOMENTI GIUSTI AL POSTO GIUSTO

Queste precisazioni non servono a criticare l’uso di grani antichi , della pasta madre o delle lunghe lievitazione, ma a portare avanti i giusti argomenti, senza diventare preda di facili obiezioni. Negli ultimi anni infatti abbiamo profondamente rivalutato la funzione del microbiota intestinale che ha bisogno di essere nutrito correttamente per esercitare la sua funzione strutturale, protettiva, metabolica fondamentale per la nostra salute sia fisica che psichica. Da non sottovalutare infatti il ruolo della serotonina intestinale fortemente influenzata dall’intestino definito come un “secondo cervello”. Quando si dice ragionare di “pancia” probabilmente non si sta andando troppo lontano da come stanno per davvero le cose. Tutto questo va da sé vale come principio generale e in soggetti sani.
Quando si parla di digeribilità andrebbe allora sempre distinto il disturbo alimentare o la patologia vera e propria  (sensibilità al glutine, sensibilità agli zuccheri fermentanti (FODMap),  insulino-resistenza, celiachia) dalla condizione di normalità, il primo caso andrebbe sempre affrontato dentro una relazione con un professionista, il secondo all’interno di uno stile di vita e alimentare coerente.
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