Kombucha: la storia di una trasformazione

Quella che vedete di sotto è la storia della nascita del mio Kombucha. E’ tuttavia anche quella di un Kefir che non ce l’ha fatta. La bottiglia contiene l’ultima acqua di pulitura, mentre i granuli si erano praticamente dissolti. Certe volte falliamo i nostri obiettivi, altre volte è forte la tentazione di arrendersi, qualche volta è solo il destino che ci mette di fronte alla fragilità 

umana. In nessun caso è una questione di negare il cambiamento, di far finta che le le cose non siano successe. In tutti i casi si tratta piuttosto di lasciar riposare le cose dentro, aspettare che cambino forma, nutrirle, finché magicamente da poltiglie puzzolenti non nascono forme nuove.

Il mio Kombucha

 

“Tutto cambia, tutto scorre” diceva Eraclito e se può sembrare solo una questione di cambiamento per me si tratta piuttosto di trasformazione. La differenza è che le cose sarebbero cambiate comunque, ma che noi nel secondo caso siamo stati capaci di condizionare quel cambiamento, diventarne parte attiva.

Dei batteri ho sempre ammirato la loro resilienza, che è la capacità di resistere al cambiamento delle condizioni esterne cambiando a loro volta. Questo significa crescere, diventare altro, liberarsi della vecchia forma, quella che magari ci ha accompagnato per una vita intera per acquisirne un’altra. Trasformare le cose, governare il cambiamento, mutare forma per restare fedeli a se stessi, sapendo fin dall’inizio che sarebbe stato impossibile farlo senza scendere a compromessi.

Il cambiamento è trasformazione

Nella mia vita ho sempre preferito sfuggire dalle situazione. Cambiare per me voleva dire andar via, altrove, nell’illusione che fosse possibile ricominciare in modo nuovo, non ripetere sempre gli stessi errori. Ma non funziona così il cambiamento, presto finivo per ripetere sempre gli stessi sbagli e trovarmi sempre negli stessi luoghi. Era un girare in tondo, come si fa nelle foreste. Un’illusione di andare avanti che era poi un restare fermi nello stesso punto.

Cambiare significa piuttosto il contrario restare, non andare via. Avere la forza di accettare che le cose non possono restare uguali, saper rinunciare a qualcosa, ma ciò nonostante restare fedeli a se stessi.

Un grazie a Silvia Marras per avermi fatto giocare insieme a lei e fatto provare questa tecnica particolare .
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