Rinfresco lievito madre quale farina

 L’argomento cui brevemente vorrei introdurvi oggi è la questione di quale farina utilizzare per il rinfresco lievito madre . Non farò un post tecnico per cui intanto vi rimando a questa importante lettura che spiega bene qual’è la ragione per cui vi sto dando i consigli che vi do. Il post vi spiega anche perché non servono farine di forza. In un blog dedicato ai grani antichi tuttavia il mio scopo sarà cercare di spiegarvi perché non sono adatte nemmeno le farine integrali macinate a pietra.
Le caratteristiche dei grani antichi?

Rinfresco lievito madre quale farina

Quello che accomuna per davvero i cosiddetti “grani antichi”, che molto spesso non sono nemmeno troppo antichi (primi del ‘900), è il modo con cui vengono coltivati e sopratutto macinati. Troverete i sostenitori delle farine integrali e macinate a pietra, troverete chi è contrario e chi come me non ne fa una guerra di religione, ma una questione di gusto personale.

La principale caratteristica della macina a pietra è da un lato la presenza di componenti cruscali maggiore, dall’altro lato l’altissima attività enzimatica a fronte di una “forza” (capacità di sviluppare glutine) molto bassa. Crusca, enzimi e forza (W) sono quindi i tre concetti che dobbiamo tenere presenti per capire come agisce la farina di grano antico sulla pasta madre.

A questo aggiungiamo il fatto che essendo anche farine biologiche e artigianali avranno una pulitura e selezione del chicco che si porterà dietro una quota maggiore di batteri e lieviti, oltre che una certa percentuale più alta di chicchi germinati.

 

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Per farla semplice dentro una farina integrale macinata a pietra e biologica (queste le caratteristiche che ci interessano per davvero dei grani antichi) trovate 1) una vagonata di lieviti e batteri, 2) un germe di grano ancora attivo con tutti i suoi enzimi, 3) tanta crusca che aumenterà naturalmente la quantità d’acqua necessaria per rendere l’impasto lavorabile (in genere non meno del 60%). Tutte queste caratteristiche che ci piacciono delle farine integrali la rendono una farina “viva” nel senso di autoferementante: se ci aggiungete l’acqua e la lasciate macerare per 48h noterete già i primi segni di fermentazione.

A questo si aggiunga che mentre il prodotto industriale è pressoché standardizzato (lo stesso molino vi fornirà più o meno sempre la stessa qualità di farina) il prodotto artigianale ha una sua specificità che può variare anche di lotto in lotto a prescindere che si tratti sempre dello stesso grano macinato. Anche utilizzando sempre la stessa farina vale a dire è come se la cambiaste in continuazione. E questa è poi la vera difficoltà di trattare i grani antichi.

Quale farina CONVIENE per il mantenimento?

Qui la domanda tuttavia non è quale farina sia da preferire per la panificazione, ma quale sia la più adatta per il mantenimento della pasta madre. Premettendo che i panificatori professionisti arrivano a rinfrescare la pasta madre anche più di due volte al giorno, essendo in produzione continua, la giusta domanda da porci non è: Quale conviene a noi amatoriali in relazione al prodotto che vogliamo ottenere e il nostro livello di conoscenza della materia? Questo valutando anche gli aspetti economici della questione.

La normale farina tipo 0 da banco è “neutra” per così dire. Apporta cioè sostanzialmente amido e glutine (hanno un falling number generalmente alto, ovvero una bassa attività enzimatica), con una percentuale di batteri e lieviti molto più bassa. Le normali farine da banco per dirla semplice danno cioè solo nuovo cibo alla colonia batterica già formata e poco per volta (rallentandone il metabolismo). Aggiungono si una certa quota di batteri e lieviti nuovi (per questo il cambio farina deve comunque essere granuale), ma nulla di paragonabile a quello che fanno le farine integrali.

Queste infatti contrariamente alle prime daranno cibo più in fretta, ma sopratutto un numero di nuovi “coinquilini” (batteri e lieviti) MOLTO più alto. Questo vi costringerà per un verso a rinfreschi più ravvicinati, per altro verso a continui aggiustamenti della madre, visto che i nuovi coinquilini vi sbilanceranno in continuazione la madre.

E i puristi del grano antico?

I puristi del grano antico che si rifiutano di mangiare prodotti con farina tipo 0 dovrebbero fare alcune considerazioni: 1) quello non è cibo per noi, 2) la quantità di farina zero che resta nell’impasto è veramente bassa. Sarebbe come dire che non do da mangiare erba alla mucca perché fa male a me. La farina che utilizzate per il mantenimento della pasta madre è cibo per loro e non per voi.

Partendo dalla dose massima di lievito madre consigliato in un impasto quindi 300 gr. per un chilo, solo 200 gr. di questi saranno farina (100 ml sono acqua). Se però il rinfresco preparatorio lo avete fatto, come vi consiglio, con la stessa farina della ricetta di questi 200 gr. solo 120 gr. saranno di farina tipo 0 (quella della “madre”, gli altri saranno della stessa farina della ricetta). Si tratta in definitiva di poco più del 10% del totale della farina, quindi di una quantità che NON HA nessun significato nutrizionale.

A fronte di questi svantaggi quali sarebbero i vantaggi?

Qualche vantaggio nell’usare farina di grano antico c’è sotto il profilo aromatico (quindi una questione di gusto personale) e di resa del prodotto. Se si sa gestire una pasta madre di grano antico infatti questa sarà naturalmente più acida e quindi più adatta proprio per la panificazione con grani antichi, che hanno bisogno di maggiore acidità per neutralizzare l’attività enzimatica. Questo al netto del fatto che avremo una pasta madre che non è adatta per tutti gli usi (dimenticatevi di farci i grandi lievitati).

A questo punto però vale la pena puntare sulla gestione liquida del lievito madre o LI.CO.LI (lievito in coltura liquida). L’ambiente acquoso infatti permetterà alla colonia di trovare più facilmente il suo equilibrio (leggi qui) e di resistere più a lungo prima di necessitare del rinfresco. Questo al netto del fatto che il licoli avrà una maggiore spinta in cottura.

Conclusioni

In nessun caso però la gestione sarà delle più semplici. Vi servirà odorarla, assaggiarla e valutare in modo diverso i tempi di fermentazione (ci metterà meno tempo). Questo al netto del fatto che la maggior parte delle informazioni che trovate in rete sono ricamate sull’uso di farina tipo 0 (e di forza per giunta).  Un lievito “nutrito” con i grani antichi sarà più vicino al lievito di segale, che a quello gestito con la normale zero.

 

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