Falling Number: attività amilasica in panificazione

Falling number e panificazione

In che modo il Falling number o indice di attività enzimatica influisce sulla panificazione?

Abbiamo fatto un lungo e avventuroso viaggio dentro il mondo dell’amido, molecola che a torto viene trascurata nel mondo della panificazione e che come ci siamo detti influisce molto più del glutine 1) sui processi di digestione, 2) sulle caratteristiche reologiche della farina.

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In sintesi come già visto in particolare la presenza della alfa-amilasi ha l’effetto di rendere gli impasti liquescenti e accelera tutti i processi di fermentazione. Il Falling Number o indice di caduta è il test che fa a misurare proprio l’attività delle alfa amilasi.

Una certa quantità di alfa-amilasi è necessaria per i prodotti da forno. L’alfa-amilasi converte l’amido in zuccheri che alimentano il processo di fermentazione. La quantità di enzimi presenti ha però un impatto diretto sulla qualità del pane prodotto.
Quando l’attività alfa-amilasica è corretta, il pane raggiunge un volume ottimale ed una buona consistenza (FN: 120)

Se l’attività è troppo alta, si avrà come detto un impasto appiccicoso, dalla consistenza liquescente. Il pane risulta compatto e con basso volume (seduto), dalla mollica fitta e regolare e la consistenza spugnosa (FN = 62).

Se infine l’attività è troppo bassa si ha un impasto dalla maglia più coracea, un pane secco con basso volume, che questa volta dipenderà però dal fatto che i gas di cottura non hanno la forza di sollevare la maglia glutinica troppo glutinica (FN = 400).

Il valore FN ha un rapporto inverso con l’attività alfa-amilasica, cioè più alta è l’attività alfa-amilasica, più basso è il valore FN e viceversa.

Forza delle farine e tempi di maturazione

Bene chiarito il rapporto tra Falling number (abbr. FN) e risultati in panificazione, vi sarà adesso facile capire come molta della resa dei nostri lavori dipenderà più dal FN che dalla forza della farina (W), che a mio avviso viene ingiustamente preso come parametro quasi universale di riferimento delle farine.
Questo non solo perché come visto, in particolare dalle percentuali delle alfa-amilasi dipende la consistenza del nostro impasto, ma sopratutto perché è proprio andando a modificare l’attività amilasica che modifichiamo quasi tutte le caratteristiche reologiche delle nostre farine. Concetto quest’ultimo che ci ritornerà utilissimo proprio per i nostri grani antichi che hanno si poco glutine, ma sopratutto un’altissimo indice di attività enzimatica.

Normalmente infatti si dice che farine deboli reggono 6-8 ore di lievitazione, farina medio-forti 12-24 ore e farina di forza 40-72 ore. Il concetto che passa è che più una farina è forte più regge le lunghe lievitazioni e più è in grado di assorbire acqua questo è certamente vero.

Ma come mai? Batteri e lieviti non si nutrono forse di amidi? Perché farine di forza che hanno più glutine, non più amido hanno processi di maturazione più lenti? E sopratutto cosa succede realmente ad un impasto che è andato oltre di lievitazione? Perché acquista una consistenza collosa e non è più lavorabile?

E’ certamente vero che oltre alle amilasi abbiamo altri enzimi, di cui i più importanti per il nostro ragionamento sono le PROTEASI.

Che similmente alle amilasi con l’amido, vanno a scomporre i complessi proteici, primo fra tutti il glutine.
Quindi più tempo lasciamo l’impasto a maturare più le proteasi indeboliranno la maglia glutinica. Ma non è affatto questo il processo più importante che condiziona la resa di una farina.

Sembrerà una banalità, ma occorre continuare a sottolineare che la farina è composta molto più di amido (60-70%) che di glutine (9-14%) e trovo paradossale che quando si parli di farine si guardi così tanto al glutine e così poco a ciò che fa l’amido.

Vi sarà utile sapere che la forza viene preso come parametro quasi universale delle farine solo DIRETTAMENTE collegata proprio all’indice di attività enzimatica.

Tempi di maturazione e falling number

Una farina forte avrà anche una BASSA attività enzimatica (alto FN) una farina debole un alta attività enzimatica (basso FN). Essendo inoltre che tutte le farine da banco hanno parametri standardizzati per il tipo di prodotto che si vuole ottenere in genere troverete eleganti scritte:

1- “ideale per dolci” (farina debole)
2- “per tutte le lavorazione (farina medio-debole)
3- “ideale per pizza” (farina medio-forte)
4- “tipo Manitoba” è invece la formula che si usa per indicare le farine di forza anche quando queste Manitoba proprio non sono.

I dolci e il glutine

I dolci come è risaputo hanno in genere o una lievitazione meccanica (si incorpora aria durante la montatura) o chimica (reazione tra un’agente basico e un alcalinico) e non hanno bisogno di glutine. Anzi la formazione del glutine è in genere quella responsabile della famosa crescita montagnola accettabile quando di fa un prodotto domestico, ma insopportabile quando si fa un pan di spagna a livello professionale. Ecco perché in alcuni casi si preferisce abbassare ulteriormente la forza della farina. Indovinare come? Ormai dovrebbe essere chiaro: aggiungendo amido.

Quando invece usiamo lieviti naturali (lievito di birra, lievito madre, acque fermentate ecc.) è proprio il glutine che trattenendo i gas di scarico della fermentazione (anidride carbonica e alcol) a permettere all’impasto di sollevarsi in fase di lievitazione prima e in cottura dopo. Il glutine perciò ci serve e più glutine c’è e più l’impasto sarà voluminoso. Ma è davvero così?
La faccio breve proprio no. Abbiamo appena visto come sullo sviluppo del pane un importante ruolo giochi l’attività enzimatica. Cerchiamo brevemente di capire perché.

La forza della farina dipende solo dal glutine?

Ma è proprio vero che è solo il glutine a condizionare lo sviluppo del pane? Molti infatti hanno in testa l’equazione farine di forza=alveolo. Ma le cose stanno proprio così?

Abbiamo visto che a condizionare la forza della farina è innanzitutto la quantità, ma sopratutto la qualità del glutine. Va da sé che più glutine ha la farina, più assorbirà acqua più sarà in grado di reggere le lunghe LIEVITAZIONI, ovvero sopportare l’espansione dei gas di fermentazione prima e cottura dopo senza rompersi.

In questo gioco al palloncino un ruolo importante però gioca anche la QUALITA’ del glutine più questo sarà ELASTICO più si espanderà, più sarà RIGIDO più contrasterà l’espansione.

Ma la domanda che qui voglio porvi è perché se batteri e lieviti si nutrono di amido a noi interessa la quantità e la qualità del glutine per capire quante ore di MATURAZIONE regge un impasto?

La risposta è in realtà legata a quanto detto prima ovvero al fatto che farine di forza hanno anche un BASSO indice di attività enzimatica. Cosa vuol dire questo detto in soldoni?

Lieviti e Batteri non si nutrono di amido, ma come detto, di zuccheri.

Questi sono inizialmente disponibili in piccolissime quantità nella farina (1-2%). Leggetevi le tabelle nutrizionali alla voce “Carboidrati” e poi di cui “zuccheri” per capire quanto ne contiene inizialmente la vostra farina.

Vedremo meglio in un post dedicato per l’occasione che maggiore è la presenza di zuccheri più batteri e lieviti attivano il metabolismo AEROBICO. Hanno aria, hanno cibo a go go, cosa fanno? Si moltiplicano come conigli e producono energia a partire dal glucosio attraverso un ciclo molto efficiente detto CICLO DI KREBS che ha come prodotto di scarto proprio l’anidride carbonica. La loro attività dunque in presenza di zuccheri è ACCELERATA.

La farina tuttavia come detto non mette all’inizio una grossa quantità di zuccheri a disposizione, la velocità di fermentazione degli impasti dipenderà quindi più dall’attività enzimatica che dalla forza. Sono infatti gli enzimi alfa-amilasici che scomponendo l’amido in zuccheri più semplici danno nutrimento a lieviti e batteri. Quindi più velocemente lavorano PRIMA la farina matura.

Detto in altri termini è il FN a condizionare le tempistiche di maturazione molto più che il glutine. Con buona pace di chi usa farine di forza, che lascia 20 anni a maturare per renderle più digeribile, sappia che se usa una farina debole con un’alta attività enzimatica in 4-6 ore ha risolto il problema molto prima.

Cosa stimola l’attività enzimatica (abbassa il Falling number)

Le farine di forza hanno quindi bisogno di più tempo per maturare perché non perché hanno più glutine, ma perché hanno meno enzimi. L’attività batterica sopratutto nel frattempo produrrà (se abbiamo lavorato in un certo modo) acido lattico, che avrà l’effetto di fornire aromi interessanti all’impasto, ma sopratutto rendere elastica una maglia glutinica che nelle farine di forza è molto rigida. Essendo che tutti i processi sono rallentati il prodotto inacidirà dopo e la maglia glutinica degraderà più lentamente, da cui il concetto che farine di forza reggono le lunghe lievitazioni.

Promettendovi che approfondiremo a parte e uno per uno gli argomenti, limitiamoci in questa ultima sezione a elencare tutte le pratiche che hanno l’effetto di AUMENTARE l’attività enzimatica e che andrebbero perciò evitate quando usiamo grani antichi.

1- Autolisi
2- Lunghe maturazioni
3 – Malto diastatico
4- Gelatinizzazione

Vi stupirà invece sapere che il frigo rallenta tanto i processi di lievitazione, quanto quelli di maturazione, per cui quando considerate la durata delle farine ragionate sempre sul fatto che parliamo di maturazioni a temperature standard di 21-28 gradi. Se per paradosso congelassimo la farina questa avrebbe bisogno di 1 anno almeno per maturare.
Le lunghe maturazioni che passano dal frigo sono quindi da questo punto di vista perfettamente inutili se avvengono a temperature standar di 5 gradi e hanno l’unico effetto di stabilizzare piuttosto le temperature se avvengono a temperature più alte (6-10 gradi) che sono quelle che ordinariamente abbiano in un frigo domestico.

Grani antichi e attività enzimatica

L’ultima parte di questa lunga discussione voglio invece dedicarla ai grani antichi. Per tutto quello che ci siamo detti l’indice di attività enzimatica come anche la forza di queste farine è condizionata, oltre che dalla qualità del grano, dalle metodologie di coltivazione e di macina.

La scelta di non utilizzare disserbanti chimici da un lato e le temperature dall’altro condizionano in fase di raccolta la qualità del glutine. Il fatto che siano integrali (quindi con tutte le parti del chicco) e macinate a pietra (percentuale maggiore di granuli danneggiati) fa il resto. La macina a pietra infatti non scaldando il chicco non disattiva il germe di grano, né gli enzimi contenuti in esso.

Il risultato è che quando parliamo di farine integrali macinate a pietra abbiamo un’altissima probabilità di lavorare con farine che hanno un’altissima attività enzimatica.

Questo vuol dire che gli impasti saranno molto appiccicosi, il pane tenderà a “sedersi” in fase di cottura e la consistenza della mollica sarà fitta ma spugnosa.

Abbiamo già detto come l’uso della pasta madre sia particolarmente indicato per questi grani, perché ha innanzitutto l’effetto di abbassare il PH e quindi rallentare l’azione degli enzimi. In fase di lavorazione si consigli dunque una pasta particolarmente acida (smunta), con una forte presenza di acido acetico, che ha l’effetto di irrobustire la maglia (tratteremo l’argomento dei miglioratori a parte).

Mi preme infine sottolineare che più limitiamo l’azione degli enzimi in queste farine e più ne AUMENTIAMO la forza nominale e dunque tutti gli indici di panificabilità.

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