Signore: a te si confanno gloria e onore

A te solo mio Signore, si confanno gloria e onore, a te ogni laude et benedizione

Lettera al Signore

Nascono Signore  come funghi dopo le prime piogge, nocivi come insetti, dolci come miele. Si nutrono dell’orgoglio delle persone, sono l’altro lato del loro bisogno di essere riconosciute: “la maldicenza insiste e batte la lingua sul tamburo”. La superbia è il primo dei mali, la sua pretesa di dire Io, senza aver detto prima Dio. Il peccato d’Adamo si trascina in noi come sulle acque di uno stesso fiume. Cos’è questa voce che sento dentro me? E cosa mi dice di fare?

Non capisco

Capisco che c’è qualcosa che corrode, qualcosa che da sotto frana. Che forse tocchi di nuovo ricominciare? Che importanza può avere. Ho già imparato a rinunciare. Non temo quello. Allora cos’è? A chi debbo prestare ascolto?

Cos’è l’umiltà senza l’onore? All’uomo è dato sino infondo sollevarsi dalla propria natura? Fino a che punto gli è concessa carità? Non è forse che sempre dietro al gesto che tende la mano, sempre di nuovo si nasconde Adamo? O forse non senti dentro anche tu quell’ambiguo benessere, quell’appagamento tutto particolare che deriva dal sentirsi buoni? E allora qual è la differenza tra me coscienza del cuore e le anime degli ignavi?

Il mio atto che pretende altruismo, nel giudicare il loro meschino e inessenziale, pure essendogli per natura simile, forse commette un peccato ancora più grande.

Ho pensato e ripensato e non capivo che eri Tu o mio Signore.

Solo a Dio è concesso il puro dono, solo Lui accede all’altro senza aggiungersi né sottrarsi. Allora di nuovo mi scopro niente, allora capisco che l’uomo non è mai stato niente e che niente sarà mai. E ritorno a guardare l’animo dei molti e ancora più tozze mi sembrano le loro parole, ancora più illogica la catena che sempre corre dietro assieme a loro, eppure, non mi sento più di giudicare. Mi riconosco uomo tra gli uomini, misero e peccatore. Improvvisamente chiedo perdono al mio Signore, e il suggello divino ai miei e ai loro peccati.

E attendo, con pazienza, perché quando l’orecchio s’è fatto avezzo alle voci del mondo, quando si volge al silenzio dell’anima resta solo.

Dio abita dentro l’uomo, come l’impronta che diede lui la vita,

Come un patto stipulato tanto tempo fa, come la voce del cuore. Ogni volta che la sento dentro, pure essendo l’intimo mio più profondo, la voce calda e soave della mia coscienza… ogni volta che la sento palpitare sicura del suo obiettivo e solo impaziente, quelle volte, quella voce soltanto mia non la riconosco più come mia… E capisco che sei tu o mio Signore.

Ogni volta che tendi la mano, a me, stolto e ingrato, ogni volta che ti sento vicino, ogni volta che intervieni nella mia vita, e quando mi atterri, e quando mi risollevi, ogni volta che sento su di me il tuo sguardo paterno, il peso della tua voce, tutte quelle volte mi commuovi, perché mi pare di non meritarmelo.

Perché tu solo e immenso Dio, potenza vera sopra tutte le potenze, Sapienza vera sopra tutta la sapienza. Ti chini a me, misero verme che striscia sulla terra. Allora capisco che sei soltanto tu il mio Signore, ed è allora che mi pare di aver trovato la mia casa, ed è allora che il mio lungo viaggio mi pare giunto al suo termine.

Portava a te, come tutte le cose da te create. Tutto davanti a me si trasforma e tutto mi consola.

Mi pare di aver trovato l’amico che sempre perdona

Mi pare di aver trovato il padre che insegna severo, ma ricolmo d’amore, mi pare di potere trovare sicuro rifugio e tanto più misero mi sento o mio Signore, tanto più la mia voce non trova parole.

E allora mi chiedo cosa debba fare io. Cosa voglia tu da me, cosa mi chiedi e cosa mi vuoi mostrare, che cosa vuoi che impari, che cambi. Non sono niente senza l’impronta delle tue mani. Parla tu al posto mio. Suggerisci tu le parole e atterrami tu quando l’orgoglio e la superbia spinge troppo in alto. Risollevavi quando l’invidia e la prepotenza del calunniatore mi spinge troppo in basso. Sia tua la mano che porge verso l’altra e tua la voce che consiglia con pazienza, tuo il gesto del perdono e tuo ogni singolo atto d’amore. Tuo sia lo sguardo che coglie parole nel silenzio, tua la voce che si diffonde nell’aria e calma i cuori pieni d’ira.

Soltanto a te mio Signore, a te tutte le cose sono dovute.

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