Sara: sulle dinamiche di gruppo

A Sara sulle dinamiche di gruppo

Oggi sono triste. Critiche e polemiche mi sconfortano, mi disaffezionano a questa organizzazione della Colonia. Le sento nell’aria, me le sento addosso. Sento un’atmosfera che allenta i rapporti e allontana. Ognuno ha qualcosa da ridire sul fare dell’altro. Ognuno lo dice sotto voce, in silenzio, badando bene di non farsi sentire. Si dovrebbe prima guardare a se stesso e capire cosa ha fatto dal lato suo per generare quel comportamento che nell’altro non piace.

Così forse se tu sei troppo silenzioso è solo perché io non ti ho fatto nessun domanda e se sei sempre triste è perché non ho saputo renderti felice. Se sei sempre arrabbiato forse te ne do motivo, se tendi a fare tutto tu e non lasci spazi agli altri, forse sono io che mi sono disinteressato e fatto in modo che facessero tutto gli altri.

E invece no Sara, la colpa è sempre e solo degli altri

Non si capisce che tutte le relazioni hanno due lati e che l’errore nasce sempre da entrambi i lati. Oltre a vedere l’errore dal lato dell’altro, si faccia lo sforzo di vedere il proprio corrispondente errore. Invece di cercare di cambiare il comportamento dell’altro, si cerchi prima di cambiare il proprio nella speranza che l’altro cambi il suo come conseguenza. Prima di puntare il dito ognuno si sforzi di vedere le cose dal punto di vista dell’altro e chiedersi perché si comporta in quel modo.

Le cose infondo sono sempre semplici Sara, il vero ama il semplice. Lamentarsi è facile, fare e nel fare assumere su di sé le critiche sempre pronte degli altri è difficile. Non esiste un modo perfetto di fare le cose, nessuno ce l’ha. Ogni azione umana in quanto umana è finita, limitata è già per sé un’errore.

Si imprime il suo carattere nelle cose

Se ne scelgono alcune e ne scartano delle altre. Si prendono delle decisioni. Si ha il proprio modo di fare insomma. Ogni volta che si prende una decisione si è sempre scelto una via da seguire, una “linea guida” e si sono scartate tutte le altre possibilità. Allora ciascuno non dovrebbe guardare al modo materiale in cui fa le cose che fa, ma alle sue convinzioni a quello che crede o non crede giusto, alla sua visione del mondo. Questa cosa la dovremmo avere imparata tutti noi, perché la viviamo come la caratteristica che più ci piace dil gruppo.

Non si troverà mai la persona che si comporta esattamente come vorremmo. Mai si troverà Sara la persona che faccia o dica esattamente quello che vorremo dire noi, perché se quella persona esistesse, sarebbe solo il nostro clone e alla fine, andremmo d’amore e d’accordo solo con noi stessi. La fatica ben venga e anche le critiche se sono frutto di un interesse, se sono volte a migliorare la cosa che non ci piace. I pettegolezzi, le frasi dette sotto manco, gli screzi mai chiariti, i rancori taciuti in silenzio, le cose non dette, ma solo pensate e quelle dette senza essere state pensate non sono però benvenuti. Tutto ciò avvelena il gruppo, lo corrode dall’interno.

Non fare da soli

Non mi sono mai lamentato per il lavoro in più, sono convinto che ognuno debba dare quanto vuole e può dare. Si tenga presente però che ogni volta che si vede piovere una cosa dal cielo, un’idea, un progetto questa non cade dalle nuvole, ma è frutto del lavoro di qualcun altro.

Tutto quello che non è frutto del proprio lavoro è frutto del lavoro di un altro.

Sara del ciarleccio di chi parla soltanto e scambia la propria chiacchiera con un’azione reale sono proprio stanco. Io mi riconosco una personalità “pesante” dietro l’aria serena disponibile che ho. Riconosco la possibilità che gente più timida, insicura possa avere meno spazi per dire la sua . Il fatto di stare facendo troppe cose forse è vero, questa non è la mia colonia, il mio blog, la mia raccolta fondi, ma la colonia di tutti, il blog di tutti, la raccolta fonda di tutti.

E tuttavia ho cercato quanto più ho potuto di trattenermi dal fare, di aspettare che le cose le facessero gli altri, di andare rompendo le palle alle persone affinché facessero le cose. Mi costa fatica credetemi. Questa non è un’azienda, io non sono un direttore di lavoro, se non fate le cose non è bello venirvi a disturbare. Dà fastidio anche a me, rompervi sempre le palle e chiedervi se questa o quella cosa è stata fatta e mi sforzo di trovare sempre il modo più gentile, per non farvelo pesare.

Non vorrei fare questa cosa

Però ho davvero l’impressione che se i 4-5 che a questo gruppo ci tengono davvero, smettono di spingere gli altri a fare, il gruppo se ne và alla malora. C’è un lavoro dietro l’organizzazione che la maggior parte di voi ignora, una fatica nel mettere d’accordo 20 teste diverse che se non vi ci siete mai messi a farlo, mai capirete.

Chi la vuole cotta, chi la vuole cruda, chi pensa che 30 uova di poche, chi pensa che 80 siano troppe e poi gli agnellini… Ci abbiamo perso una settimana con Sara per capire come riuscire a farli venire presentabili spendendo il meno possibile e allora giù a fare quaranta cestini e non so quanti biglietti) e poi con Alessandro prima a girare per la farina di mandorle, poi a comprare le uova al supermercato, perché nel frattempo all’ingrosso erano finite.

E poi il sabato sera a letto presto, la domenica mattina per tre domeniche consecutive sveglia alle otto. Devo essere il primo a svegliarmi perché se qualcosa va storto ci deve essere il tempo di recuperarla. L’ultima settimana è stata delirante dovevo preparare documenti della partenza, libri da fotocopiare, professori da incontrare e in più  la raccolta. Le uova si sono vendute bene solo la prima settimana, la seconda ci sono rimaste tutte. La terza lì sbattersi la testa con Andrea, Sara e Alessandro per cercare di capire cosa vendere. Infine il sabato pomeriggio al Gonzaga ad impacchettare tutto.

Per fortuna non solo il solo a tenerci seriamente

però ognuno di voi pensi a quando a fatto qualcosa per questa raccolta (chiunque abbiamo fatto anche solo qualcosina) che non mi abbia visto là. Natale e Capodanno. Sapete perché? Perché io c’ero sempre, tutte le sante raccolte, tutte le volte in cui qualcuno aveva dubbi aveva problemi. Ma ora basta, mi sono stancato. Se parlo di più degli altri, se mi concedo più serenità nel prendere decisioni anche importanti è perché ho messo l’anima in questa colonia.

E non perché sono “grande” e gli altri sono “piccoli”.

Voi credete che io abbia voglia di fare “il capo”.

Voi siete matti! E’ la cosa più difficile, più stancante di tutti. Se credete che cerchi posti di “comando” non avete capito niente ma proprio niente di me. Nessuno mi dica che è perché l’ho voluto fare io. C’era chi era stato designato per organizzare le raccolte e non avrei dovuto essere io, e questo qualcuno non ha fatto nulla.

Fanculo con affetto, ma dal cuore! Quando vedo una cosa e mi convinco che sia giusto realizzarla, non riesco a fermarmi a rasserenarmi finché non è finita. Anche a costo di massacrarmi di lavoro, di saltare i pasti e non dormire, non sento la stanchezza, non me ne frega niente di chi la fa o non la fa. Non mi interessa che qualcuno mi stravolga il lavoro che avevo pensato. So solo che quella cosa deve solo essere fatta e fatta nel miglior modo possibile!

In parte, accetto questa critica riconosco che appartiene al mio modo di fare.

A me piace fare queste cose, chi lo nega! Fondamentalmente mi diverto, mi distraggo dalle cose noiosissime che studio. C’è, però, un momento in cui sono stanco, davvero stanco e vorrei che le cose le facesse qualcun altro. E se quei soliti noti non possono chi lo fa?

Ho una marea di cosa da fare, sto facendo un dottorato non il magnaccio senza nulla da fare. Se il tempo lo trovo lo stesso per fare tutto è perché a questa alla colonia ci tengo, come alla cosa più importante che ho.

 

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