La scheda Tecnica che non c’è: grani antichi

QUANDO SONO DEBOLE E’ ALLORA CHE SONO FORTE (Corinzi) 

Vorrei parlarvi della scheda tecnica di una farina una farina di grani antichi, partendo proprio dal versetto dei Corinzi che mi pare particolarmente indicato per descrivere la caratteristica principale delle farine di grani antichi, ovvero il loro essere deboli.

GUARDA IL VIDEO SE TI STANCA LEGGERE:

 

Da anni è sotto inchiesta da parte del grande tribunale del consumatore il glutine, ritenuto a torto o a ragione responsabile dei mali del mondo. Ancorché paia che i principali indiziati delle “intolleranze” al glutine siano in realtà i FODMAPs (Fermentable Oligo-, Di- and Mono- saccharides And Polyols) ovvero zuccheri e non proteine, ormai sembra scontato a tutti che lasciar lievitare 20 anni nel deserto, insieme a Mosè, un panetto sia l’unica via per garantire la “digeribilità” di un impasto. Pare questa la sola possibilità per redimere il glutine dai suoi peccati ed evitare al malcapitato consumatore la temibile arsura notturna (mai nessuno che dica di aver sete di giorno).

Quello che interessa a noi però in questa sede è il risvolto operativo di questa faccenda. La debolezza delle farine di grani antichi è per noi infatti punto di forza.

Uno dei vantaggi di aver a che fare con farine debolissime è che queste non necessitano di lunghe maturazioni. Questo vuol dire che non abbiamo bisogno della famosa sosta in frigo per lasciare che l’impasto maturi. Mosè, che per altro mangiava pane azzimo, potrà fare a meno della nostra compagnia visto che ci basteranno 4-8 ore a temperatura ambiente per una corretta maturazione del prodotto finale (niente gommosità). Possiamo cioè utilizzare quantità sostenute di pasta madre (25-30%) e fare tutto comodamente in giornata.

Scheda tecnica e farine di grani antichi

Il W è impropriamente chiamato indice di forza, essendo un’energia. E’ un valore che a sua volta dipende dalla P (tenacia) e la L (elasticità). Per andare avanti però debbo mostrarvi l’alveografo di Chopin. Nome che a me ricorda questo. Ma a gente più normale dovrebbe ricordare invece questo. Guardando il video (il secondo) si nota subito con quanta cura la macchina mastichi l’impasto. Una volta sputatolo fuori questo viene schiacciato per benino e messo a riposare per un ora. Viene poi appallottolato e messo su un’altra macchina che lo gonfia neanche fosse un chewingum. Nel frattempo l’alveografo misura l’indice di tenacia (P) e di estensibilità (L) di un impasto e la sua forza appunto, dandoci questo grafico:

 

In pratica immaginando il glutine come un elastico e come se ci chiedessimo quanta forza serve per allungarlo (P), quanto lo posso allungare prima che si rompa (L) e quanta fatica ho fatto nel complesso per tirare l’elastico fino al punto di romperlo (W).

La domanda che adesso voglio porvi adesso è: quando parliamo di grani antichi quanto è utile questo test? Nel senso: dopo averlo fatto cosa realmente sappiamo in più della farina? E siamo proprio sicuri che quello è il miglior modo di impastare le farine di grani antichi?

“Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare; la forza ed il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare; e la saggezza di conoscerne la differenza”

 

In giro si trovano un sacco di scalette che mettono in correlazione la W con la quantità di proteine e il tipo di lavori che si possono o non possono fare. Alla voce 90-120W di solito trovate “farine deboli, per biscotti” intendendo che per quella soglia le farine NON SONO PANIFICABILI. Le farine di grani antichi però hanno anche 60-80W e noi le panifichiamo lo stesso (sia lodato il Signore, coro: sempre sia lodato!).

Vorrei però ragguagliarvi meglio sulla faccenda partendo proprio dall’alveogramma di Chopin. Guardando i due grafici della figura accanto, semplifichiamoci la cosa (vi prego facciamolo) immaginando che la linea tutta curve sia in realtà una bella linea retta, in modo che l’area (W) si banalmente il prodotto di P x L (in caso contrario ci servirebbero studio delle funzioni, derivate e calcolo delle integrali).

Capite bene che lo stesso valore di W, poniamo di 360, potrà esserci dato sia che P sia poniamo 180 e L 2, sia che al contrario P sia 2 e L 180. Nel primo caso però avremo un impasto talmente rigido che sembrerà cemento armato, nel secondo un impasto talmente lattiginoso che somiglierà ad un blob inafferrabile.

 

Cosa ci dice dunque per davvero la W?

Perché di solito viene presa come parametro universale? Perché le farine raffinate sono tutte uguali. Hanno cioè RAPPORTI tra P ed L molto simili.

Voi non ve ne siete accorti, ma io zitto zitto ho introdotto un’altra importante caratteristica delle farine il P/L o INDICE DI ESTENSIBILITA’. Ci serve cioè sapere quanta di quella W è data dalla tenacia e quanta dalla estensibilità, quindi il loro RAPPORTO espresso appunto dalla sigla P/L. Il valore è per il grano tenero sempre inferiore ad 1, perché le farine di grano tenero sono sempre più estendibili che tenaci. Nello specifico tra 0,4 e 0,7 le farine sono panificabili, sotto o sopra quel valore NO. Discorso diverso per la semola rimacinata di grano duro che ha un glutine più tenace che estensibile (P/L maggiore di 1), ma che opportunamente trattata è panificabile lo stesso.

Quello su cui però invito a riflettere è siamo sicuri che questi valori abbiano un senso operativo per chi utilizza farine di grani antichi? Se invece di impastare una macchina alla ceca, sempre allo stesso modo, impastasse la mano esperta del panificatore, il test alla fine otterrebbe lo stesso risultato? Ecco che la preghiera della serenità improvvisamente acquista per noi un senso: accettando che si tratti pur sempre di farine deboli, con un po’ di coraggio possiamo aumentare la forza di queste farine, pur comprendendo la differenza rispetto alle 00?

Verso il vino e spezzo il pane per chi diceva ho sete ho fame

“Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare […]”.

La prima parte della preghiera ci dice di accettare le cose che non possiamo cambiare. I grani antichi sono di norma farine deboli, che hanno cioè poco glutine e di pessima qualità (che è poi la caratteristica che li ha resi famosi).
Difficilmente inoltre la nostra farina sarà corredata da schede tecniche, ma anche qual ora ce la ritrovassimo per le mani a poco ci servirebbe. Questo perché la presenza della crusca modifica sostanzialmente le caratteristiche reologiche della farina.

La prima grossa differenza rispetto alle farine raffinate è che assorbono molta più acqua e che la assorbono in modo completamente diverso. Di solito infatti una quota di acqua di base viene assorbita dall’amido, l’altra dal glutine. Una volta raggiunta l’incordatura possiamo forzare l’impasto aggiungendo acqua gradualmente acqua: si parlerà di alte idratazione su percentuali sopra il 70% (700 ml di acqua per 1 chilo di farina).

Scheda tecnica e impasto con grani antichi


Le farine di grani antichi hanno invece parti cruscali che aumentano la capacità di assorbimento dell’acqua. La crusca assorbe immediatamente l’acqua per cui a idratazioni standard del 50-60%, l’impasto si presenterà asciutto e compatto (fatto che condizionerà non poco i test dell’alveogramma). L’acqua viene però “restituita” all’impasto in fase di lievitazione, che tenderà perciò a rilassarsi molto al di là del valore di P/L.

A idratazioni ottimali (tra il 60 e il 70%), avremo dunque un impasto plastico (consistenza del pongo) e facilmente lavorabile ANCHE SENZA AVER INCORDATO. Basta cioè dare un impastata veloce che permetta alla farina di assorbire l’acqua e l’impasto sarà subito lavorabile.

Possiamo quindi lasciarlo a riposare, in modo da dare tempo al glutine di formarsi spontaneamente e tornare sull’impasto con giri di pieghe anche ogni ora. Se dopo la formatura del pane passiamo per il frigo risolveremo parzialmente il problema del rilassamento di cui sopra, visto che il freddo ha l’effetto di irrigidire gli impasti.
Otterremo così un pane, che ha lievitato tanto, con poco lievito (10-15%) e che ha in buona parte sfruttato la fermentazione spontanea della farina (di cui parlerò in un altro post).

Il risultato finale sarà un pane “seduto”, quindi niente mongolfiere, conigli o panettoni vestiti da pane. La consistenza sarà compatta e “spugnosa” molto vicina a quella di una torta, perciò morbida, con una alveolo piccolo e tondenggiante. In compenso i lunghi processi di fermentazione uniti alle caratteristiche proprie della farina regaleranno al pane profili aromatici unici e insostituibili, non paragonabili al pane bianco che sa solo di sale.

Questo è il pane della tradizione, il pane che si mangiava e non fotografava, che costituiva il contributo principale al pasto, quando nostro Signore accordava le piazze non a suon di selfie, ma di vino e pane.

“PANE AL PANE E VINO AL VINO” 

AVVERTENZA: Quest’ultimo post è un po’ più tecnico e credo perfettamente inutile per chi è alle prime armi. Richiede infatti alcune nozioni di base sull’utilizzo di alte idratazioni e della pasta madre che nel post per ragioni di sinteticità darò per scontate.

Esiste tuttavia un’alternativa da percorrere alla lavorazione classica? Possiamo cioè con un po’ di coraggio lavorare queste farine in modo da aumentare la forza nominale e ottenere risultati sovrapponibili alle normali 00 pur lavorando con w bassissimi?

1) La prima accortezza da prendere è certamente quella di aumentare di qualche decina di punti l’idratazione dell’impasto. Solo dopo aver individuato l’idratazione ottimale per la tipologia di farina (impasto asciutto, ma dalla consistenza lavorabile) si tratterà di salire di un 10-15% (100-150 ml), per arrivare ad una idratazione compresa tra il 75% e il 90%. Le caratteristiche che acquisterà l’impasto a queste idratazioni ci permetteranno di forzare la maglia, irrobustendola quanto più ci è possibile. Un impasto più idratato è un impasto che si aprirà di più in cottura se gli abbiamo dato un minimo di corda tale da sopportare i gas in espansione.

2) Tutto ciò che è in grado di irrigidire la maglia aumentando la TENACIA dell’impasto è da preferire a ciò che al contrario ne aumenta l’ELASTICITA’. Le tecniche da me individuate sono le seguenti:

  • Una Pasta Madre rinfrescata con farina tipo Manitoba in dosi tra il 20% e il 30%. Quest’ultima fornirà una quota di glutine già strutturato capace di migliorare la qualità complessiva dell’impasto.
  • Squilibrio acido-acetico della Pasta Madre: Una pasta madre più acida-acetica aiuterà ad avere impasti più sostenuti e rigidi.
  • Iperdecantazione dell’impasto: Facendo “montare” la pasta madre con parte o tutta l’acqua della ricetta insieme a un po’ della farina della ricetta (100-200 gr per chilo), otterremo alla fine una percentuale di glutine più strutturato. L’ossigeno è infatti un’antiossidante e come tale rafforza la maglia glutinica (aumento nominale del W della farina)
  • Utilizzo di Vitamina C in dosi dal il 2 e il 3%. Da un punto di vista pratico sarà sufficiente spremere nell’impasto un limone per chilo di farina. Anche la Vitamina C è un noto ossidante e similmente all’ossigeno contribuisce a rafforza il W.
  • Aggiungere Kefir d’acqua come secondo agente lievitante 0 acqua di seconda fermentazione dei tibicos a sostituzione parziale o totale dell’acqua della ricetta. L’acqua fermentata, probabilmente perché contiene anche lei quote di acido acetico, migliorerà sensibilmente la struttura dell’impasto.

Bene possiamo ritenere conclusa questa sessione dedicata alle caratteristiche reologiche della farina. Spero di essere stato chiaro e di aver offerto un contributo a livelli diversi per utenze diverse.

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Grani antichi e pasta madre
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