Comte, il positivismo: Riassunto

Auguste Comte e il positivismo

 

Auguste Comte (1798-1857) è considerato il principale esponente del positivismo. Nato da famiglia cattolica e monarchica, fin dagli anni liceali è profondamente influenzato dall’ambiente dell’École Polytechnique, prima grande scuola della borghesia industriale francese. Nella rivoluzione del 1831 è sostenitore del governo liberale. Nel 1848 manifesta un’involuzione politica che lo porta ad approvare il colpo di stato di Luigi Bonaparte. La sua vita è molto travagliata a causa di problemi familiari, psichici ed economici. Respinto dall’ambiente accademico, si mantiene prevalentemente dando ripetizioni di matematica.

Nel periodo in cui si forma il pensiero comtiano, in Francia le aspirazioni illuministiche al progresso si vanno scontrando con una fase “distruttiva” e rivoluzionaria. Si diffonde il desiderio di ritornare a una società armonica e costruttiva. È in particolare Henri de Saint-Simon che a tale scopo elabora progetti di una società “organica”, tecnocratica e per certi tratti socialista.

Comte collabora alle teorizzazioni e alla propaganda sansimoniana prima di differenziarsene, con posizioni proprie. Lo fa a partire dallo scritto Piano dei lavori scientifici necessari per la riorganizzazione della società (1822). Resta comunque in lui l’ideale di fondo di una politica che sia finalmente razionale, basata sulla mentalità scientifica e sul corretto ordine naturale. Una società che metta  da parte vecchie impostazioni, come quella religiosa e quella metafisica.

 

Filosofie positive e progresso sociale

Con il positivismo il modello è la biologia e l’unità di riferimento l’organismo, figura-chiave per definire lo stesso sviluppo progressivo di una società che diventa sempre più complessa e differenziata. L’affermazione progressiva della società industriale, unitamente allo sviluppo della tecnologia inducono a una crescente fiducia nelle nuove possibilità offerte dalla scienza osservativa e sperimentale. Conducono anche a una visione progressiva dello sviluppo delle vicende umane destinato a produrre un miglioramento delle condizioni di vita e alla felicità.

L’atteggiamento “positivo” fa riferimento al termine latino positum, che indica il “dato”. Indica vale a dire ciò che è “stabilito”, in quanto legato ai dati di fatto. Il positivismo è dunque la rinuncia a speculazioni astratte e costruzioni immaginarie. Il positivismo, termine coniato da Henri de Saint-Simon, sembra quindi riprendere le istanze razionalistiche dell’Illuminismo. Suo tratto peculiare è la considerazione delle scienze naturali come unica fonte legittima della conoscenza e come unico paradigma del sapere. Ciò comporta, per esempio, l’estensione del metodo scientifico allo studio dell’uomo e del comportamento umano.

Il positivismo è una filosofia dell’industrializzazione, che tiene anche conto del progresso della matematica, delle scienze naturali e della fisica, nonché della nascita delle scienze sociali.  “Sociologia” è, del resto, termine coniato dallo stesso Comte nel 1839 per definire lo studio positivo dei fenomeni ricorrenti nell’evoluzione, nella struttura e nel funzionamento delle società umane.  Agli albori della modernità, fino al suo compimento illuministico, il paradigma della conoscenza scientifica è la fisica meccanica e la sua unità di riferimento è il mondo dell’estensione geometrica. Con il positivismo il modello è la biologia e l’unità di riferimento l’organismo, figura-chiave per definire lo stesso sviluppo progressivo di una società che diventa sempre più complessa e differenziata.

Il positivismo, più che una corrente filosofica, designa un “atteggiamento” che poggia su alcuni punti fermi come la fiducia nella scienza. Finisce tuttavia col raccogliere una pluralità di modi di concepire la realtà, e la stessa filosofia, in contesti sociali a loro volta disomogenei.

Che cosa significa “positivo”

Come i fenomeni fisici, anche i fatti umani devono essere guardati, secondo Comte, con l’occhio obiettivo della scienza. Il filosofo francese definisce questo atteggiamento “positivo” in quanto positum, cioè “stabilito”, legato ai dati di fatto e non a speculazioni astratte e a costruzioni immaginarie. Se si riuscisse veramente, argomenta Comte, a trattare anche i temi relativi all’uomo in questo modo, ispirato ai criteri e metodi già affermatisi in varie scienze della natura, si avrebbe finalmente a disposizione una scienza dell’uomo che permetterebbe di affrontarne i problemi in modo obiettivo e rigoroso, come mai era stato fatto sino ad allora.

 

Legge dei tre stadi

 Nel Corso di filosofia positiva (1830-1842, in 6 volumi), l’opera più influente di Comte, l’autore delinea un vasto panorama della cultura soprattutto scientifica dell’epoca, basato sulla convinzione che in ogni campo si progredisca passando attraverso tre stati, o stadi, derivanti dal diverso atteggiamento intellettuale con cui gli uomini cercano di spiegare la realtà che si trovano di fronte (in modo diverso per esempio dal marxismo, il quale spiega i cambiamenti epocali con l’economia). I tre stadi indicati da Comte sono lo stadio teologico, quello metafisico e quello scientifico.

Nello stadio teologico, o religioso, si tenta di spiegare i fenomeni di cui abbiamo esperienza supponendo che derivino da più o meno numerosi agenti soprannaturali, che produrrebbero sia le regolarità che le eccezioni (miracoli) della natura, per cui dovremmo cercar di ottenere da loro la soluzione dei nostri problemi. Questo stadio è detto anche “fittizio”, perché i suoi prodotti non riescono ancora a distinguersi dalle nostre fantasie, pur manifestando una certa evoluzione interna: si passa infatti dal feticismo (che considera animati tutti i fenomeni della natura) al politeismo e infine al monoteismo, che fa dipendere tutto da un unico principio divino.

Il secondo stadio è lo stadio metafisico (considerato intermedio, di passaggio), nel quale gli agenti soprannaturali lasciano il posto a “forze” inanimate inerenti ai fenomeni del mondo e ritenute capaci di produrli (per esempio la vita viene spiegata con una “forza vitale”). E, come lo stadio teologico culmina nella concezione di un Dio unico, così in questo stadio si arriva ad attribuire l’origine di tutto a un’unica forza universale, la natura, che conterrebbe tutte le altre.

Nello stadio scientifico, o positivo, infine, si abbandonano le spiegazioni fantastiche, che pure sono state una fonte indispensabile per lo sviluppo della nostra mente, e si sottopongono discorsi e teorie alla testimonianza dell’esperienza, senza far più riferimento a entità come esseri superiori, sostanze e simili. A contrassegnare lo stadio scientifico ci sono dunque tre “caratteristiche essenziali”: anzitutto la sottomissione ai fatti, poiché conosciamo i fenomeni solo in quanto si presentano alla nostra esperienza sensibile (che può variare, migliorare ecc.) e sono quindi sempre suscettibili di approfondimento e rettifica col progredire degli strumenti di ricerca. In questo senso i dati non sono intoccabili e definitivi, ma possono modificarsi in base a nuovi contesti e strumenti di ricerca.

Ciò significa che ogni nostra conoscenza ha un valore relativo, mai assoluto e definitivo. In secondo luogo, lo stadio scientifico è caratterizzato dalla ricerca di leggi, intese come relazioni regolari tra i fenomeni, rinunciando invece alla ricerca di “cause”, siano esse cause prime, ossia generatrici dei fenomeni, oppure cause finali, mete cui i fenomeni stessi dovrebbero “tendere”. Infine è caratteristico della scienza il collegamento all’azione, fondato sulla previsione di ciò che verrà; e la previsione è alimentata a sua volta dalla conoscenza di ciò che si è verificato in passato. “Vedere per prevedere” è il nuovo motto, che comporta la fine dell’atteggiamento contemplativo dello scienziato classico.

Il Corso non si ferma però a queste tre caratteristiche più generali delle scienze. Ciascuna di esse ha anche qualche caratteristica metodologica specifica che va approfondita e studiata. Così per esempio in certi settori, come in biologia, predomina l’osservazione strettamente intesa (vale a dire l’esame diretto dei fenomeni come si presentano), in altri, come in fisica, l’esperimento, inteso come un’osservazione artificialmente provocata; nell’astronomia, invece, l’esperimento è impossibile e i fenomeni sono per la maggior parte costruiti dalla nostra intelligenza, non essendo possibile vedere cose come la rotazione della terra, che va invece inferita con ragionamenti e calcoli.

Dato questo quadro, viene spontaneo domandarsi: se il punto d’approdo di ogni sapere è assicurato dal raggiungimento del livello e atteggiamento scientifico, rimane ancora un qualche compito alla filosofia? Secondo Comte sì, nel senso che anche la filosofia deve svolgere un compito funzionale all’avanzamento complessivo delle scienze e più precisamente quello di chiarire il metodo della scienza stessa, nei suoi vari aspetti, e le connessioni delle scienze tra di loro, cioè l’“omogeneità delle dottrine”, dei contenuti elaborati nei vari campi, in modo che non ci siano contraddizioni, anche se non si può pretendere che esse costituiscano un sistema del tutto omogeneo derivante da un unico principio.

1.2 Il quadro delle scienze

Organizzare le conoscenze scientifiche in un corpus omogeneo significa individuare l’ordine in cui ciascuna di esse si colloca rispetto alle altre, ovvero costruire una classificazione (gerarchia, scala enciclopedica) delle scienze. Le scienze individuate come fondamentali vanno collegate tra loro in un preciso ordine secondo il proprio grado di generalità. Per esempio i fenomeni trattati dalla biologia sono meno generali ed estesi di quelli trattati dalla fisica, perché le leggi fisiche valgono per tutti i corpi, non solo per gli organismi viventi. La fisica perciò, nella scala gerarchica, dovrà venire prima della biologia. La biologia, d’altra parte, è caratterizzata da una maggiore “complessità”.

Benché infatti gli organismi abbiano certamente alla base fenomeni fisici e chimici, non sono riducibili, ossia spiegabili solo in base alla chimica e alla fisica, ed è necessario studiarli con modalità specifiche e mezzi appropriati.

Parlare di “classificazione” delle scienze non significa emettere giudizi di valore; si tratta piuttosto di stabilire l’“estensione” e la posizione reciproca delle varie scienze. Quelle “fondamentali” sono sei (talvolta Comte elenca in realtà solo cinque scienze fondamentali, escludendo la matematica, in quanto la considera strumento preliminare e universale di ogni scienza), che possiamo immaginare disposte in ordine ascendente, nel senso che ciascuna presuppone necessariamente quelle sottostanti: la prima è appunto la Matematica, seguita da Astronomia, Fisica, Chimica, Biologia, Sociologia.

Ciascuna di esse utilizza le leggi delle scienze precedenti, ma possiede anche leggi proprie, non deducibili dalle altre. Particolarmente importante e difficile è il passaggio dalle scienze fisico-chimiche a quelle della vita e della società. Dopo aver analizzato le varie funzioni che costituiscono gli organismi, Comte passa infatti a quelle “intellettuali e affettive”, proprie cioè dei fenomeni “morali” (che oggi chiameremmo psichici o psicologici) specifici dell’uomo. Parlare di funzioni intellettuali, morali e simili per Comte significa comunque parlare di funzioni “cerebrali”.

Benché con la sua scala gerarchica delle scienze dimostri di voler evitare il “riduzionismo” che tratta i fenomeni organici nei termini di quelli fisico-chimici, nel caso dei fenomeni psichici Comte segue ancora ricercatori come F.J.V. Broussais che ritengono trattabile scientificamente solo ciò che si presenta come “obiettivo” ed esteriormente controllabile, respingendo l’osservazione interiore o introspezione. Nello schema comtiano della classificazione delle scienze non ha quindi posto la psicologia, anche se questa esclusione sarà una delle scelte più contestate da parecchi degli stessi positivisti, tra i quali figurano importanti pionieri della psicologia.

 La sociologia

Troviamo invece, come scienza autonoma, lo studio dell’organismo sociale, cioè della società, che presenta strutture e dinamiche proprie e sta nella posizione di vertice in questa classificazione delle scienze. Finora i fenomeni sociali – lamenta Comte – non sono mai stati affrontati in termini veramente scientifici, e ciò ha avuto gravi conseguenze pratiche, poiché non si sono acquisiti validi concetti direttivi per la politica e tutti hanno preteso di condurla con criteri personali. Ora egli assume come compito fondamentale proprio quello di fondare su basi scientifiche lo studio della società, ossia quella che egli comincia a chiamare, appunto, “sociologia”, o (più spesso) “fisica sociale”, sottolineando la propria intenzione di ispirarsi ai metodi delle scienze della natura, soprattutto della fisica.

Non si può comunque vedere nella sociologia una semplice appendice della biologia. Ci sono infatti condizioni sociali che esercitano una loro influenza ed esigono che si passi a un ordine nuovo di leggi. Il concetto che maggiormente distingue la sociologia dalla biologia è l’“idea madre del progresso continuo”, dello “svolgimento graduale dell’umanità”, diversamente dal mondo degli organismi inferiori che si mostra statico nelle sue forme di vita.

La sociologia comtiana è organizzata secondo due direzioni di ricerca, dette rispettivamente “statica sociale” e “dinamica sociale”. La statica sociale è lo studio della struttura (dell’anatomia, dell’armonia), vale a dire del principio d’ordine che ogni società deve necessariamente rispettare. Essa indaga come ogni fatto sociale si leghi agli altri e come perciò nel complesso la società si mantenga unita. Il “vero principio filosofico” delle “leggi statiche” è dato da un consensus, una tendenza dei corpi viventi che lega insieme il corpo sociale e specialmente i componenti delle società umane. Non si potrebbe spiegare la società se non si ammettesse, per usare una metafora, la presenza di questa specie di collante che determina la forma minima di aggregazione sociale, l’“unità sociale” elementare da cui comincia l’indagine, ossia la famiglia.

La famiglia

La famiglia, pur presentando forme diverse a seconda dei tempi e luoghi, è guidata da due imprescindibili principi comuni: la subordinazione dei sessi (in pratica della donna all’uomo) e la subordinazione delle età (dei giovani agli anziani). La donna, secondo Comte, per un fatto naturale e fondamentalmente “cerebrale”, è inferiore all’uomo dal punto di vista dell’intelligenza astratta, che deve avere il posto di comando nella società; Comte riconosce invece alla donna una funzione importante sul piano del sentimento e della socialità. La società familiare a sua volta determina la formazione di quell’ulteriore grado di organizzazione che è la società generale, costituita da tante famiglie e basata sulla suddivisione del lavoro, entro la quale tutti concorrono alla conservazione del corpo sociale, naturalmente rispettando i propri ruoli.

La dinamica sociale è invece lo studio del movimento, dello sviluppo, del progresso, legato essenzialmente all’evoluzione intellettuale. Comte parla di evoluzione mentale e sociale, ma non mostra grande interesse per l’evoluzione biologica, che pure cominciava ad affacciarsi in biologia. Anche l’evoluzione intellettuale si svolge passando essenzialmente attraverso i “tre stadi” già indicati (teologico, metafisico e scientifico), a ciascuno dei quali ora Comte fa corrispondere determinate forme di organizzazione sociale e politica. Così il predominio della mentalità teologica è concomitante a una fase di “società preliminare, in cui l’attività umana dev’essere essenzialmente militare, per preparare gradualmente un’associazione normale”.

Questa, dopo la fase di passaggio corrispondente allo stadio metafisico, si sviluppa in concomitanza con l’affermarsi dello spirito positivo e conduce a uno “stato industriale” e al relativo “ordine politico”. Si ha così un iter storico ai cui estremi stanno da una parte la società militare, con una rigida gerarchia, il clericalismo e lo schiavismo, dall’altra la società industriale, smilitarizzata e fondata puramente su quella divisione di compiti che è richiesta dalla produzione. La nuova società, che dovrebbe rappresentare la situazione “normale” e definitiva dell’umanità ha al suo interno una gerarchia formata da tre “ordini fondamentali”, cioè (in progressione ascendente) “l’ordine industriale o pratico, l’ordine estetico o poetico, l’ordine scientifico o filosofico” (quest’ultimo chiamato a guidare la società). Per affermare tutto ciò Comte si appoggia in buona parte agli studi di F.J. Gall (1758-1828), ideatore della “frenologia”, secondo cui le attitudini delle persone dipenderebbero dalla predominanza di determinate aree del cervello.

1.3 Il secondo Comte e la fortuna dei temi comtiani

Una svolta nel pensiero di Comte interviene dalla seconda parte degli anni Quaranta fino alla morte, avvenuta nel 1857. Rimane saldo l’ideale della sua sociologia di servire al bene dell’umanità, ma il raggiungimento di questo scopo è affidato non più alla scienza, bensì all’etica e alla religione, personificate in Clothilde de Vaux: ispiratrice di Comte, muore trentenne nel 1846. L’opera maggiore di questo periodo è il Sistema di politica positiva che istituisce la religione dell’umanità (1851- 1854, in 4 volumi), cui si aggiunge il Catechismo positivista o esposizione sommaria della religione universale (1852).

Gran parte dei suoi seguaci non lo seguirà in questa nuova direzione, “religiosa” e sentimentale, del suo pensiero. In tutti gli ambienti che elaborano i temi del positivismo avviati da Comte si riscontrano di conseguenza (almeno) due indirizzi, a seconda che si faccia riferimento anche alla sua seconda fase, etico-mistica, o si rimanga più strettamente entro i limiti razionali segnati dalla prima.

Per cominciare dall’Inghilterra (paese in cui fiorirono maggiormente associazioni e comunità comtiane), alla London Positivist Society, fautrice della linea del secondo Comte, si contrappongono autori assai autonomi nell’utilizzo dei temi comtiani originari. John Stuart Mill, che si era entusiasmato per Comte, era entrato in corrispondenza con lui e aveva perfino contribuito a sovvenzionarlo, a un certo punto, in un libro su Comte e il positivismo (1865), sottopone a un deciso sfrondamento le dottrine comtiane.

Accetta la sua divisione delle scienze e il suo metodo scientifico, accetta la divisione della sociologia in statica e dinamica, ma critica decisamente il rifiuto o la svalutazione che Comte fa di varie discipline (psicologia, economia politica, logica pura, calcolo delle probabilità), lamenta l’eliminazione troppo drastica del concetto di causa, il suo attaccamento alla frenologia, la sua avversione per il liberalismo, per il sistema rappresentativo e la libertà di pensiero, la sua concezione tradizionalista della famiglia e della donna, il “calendario positivista” e l’impostazione mistica della sua ultima fase.

Quanto all’altro grande esponente del positivismo britannico, Herbert Spencer, nella sua nuova classificazione delle scienze e nel suo vasto sistema evoluzionistico si contrappone in gran parte a Comte.

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