Montaigne: Riassunto. Le novità dello scetticismo moderno

L’introduzione del dubbio nella modernità: Montaigne e Sanches

 Durante il Cinquecento, nel clima infuocato delle dispute innescate dalla Riforma luterana, l’accusa di favorire lo scetticismo in materia di religione rimbalza alternativamente dai cattolici ai protestanti. È in questo contesto che maturano le prime edizioni a stampa (in versione latina) delle opere di Sesto Empirico (180-220 d.C.). Si tratta dell’autore ellenistico che ci ha tramandato l’insegnamento del capostipite della scuola scettica, Pirrone di Elide (365 ca.-275 a.C. ca.).

Grazie agli scritti di Cicerone e di Agostino si era invece mantenuta ininterrotta la conoscenza dell’altro filone scettico, quello neoaccademico rappresentato da Arcesilao e Carneade. 

Dopo la loro pubblicazione, le opere di Sesto Empirico circolano non solo tra i filologi e i filosofi di professione, ma anche tra gli uomini di cultura. Tra questi ultimi troviamo Michel de Montaigne (1533-1592). Dall’opera di Sesto empirico infatti trae molte delle parole chiave dello scetticismo pirroniano.

[TheChamp-Counter]

Se apprezzi il mio lavoro puoi condividerlo sul tuo social preferito! 🙂

L’importanza di Michel de Montaigne

L’importanza di Montaigne come divulgatore del “nuovo” scetticismo può essere difficilmente sottovalutata. Questo sia per l’enorme diffusione europea dei Saggi sia perché quest’opera dal contenuto vario si rivolgeva a un pubblico ampio.

Scritti in francese, dei Saggi vennero rapidamente tradotti nelle principali lingue. L’autore innanzitutto distingue chiaramente i veri “scettici” (cioè i pirroniani che si fermavano alla sospensione del giudizio, o epoché) dai “dogmatici” e dai “dogmatici negativi” (cioè i neoaccademici, che affermavano di non conoscere nulla). Rielabora e divulga inoltre nozioni fondamentali come quelle di

Nella sua opera lo scetticismo diventa l’oggetto di una vera e propria riappropriazione filosofica. Questo lo rende adatto alle esigenze dei moderni.

 

I Saggi di Montaigne

Sin dal titolo gli Essais  affermano un modo di pensare moderno, non dogmatico, emancipato dalle domande dell’autorità filosofica. A essa si oppone un preciso metodo di liberazione dal pensiero dogmatico. Metodo che solo in apparenza veste i panni dell’autobiografia. Che investe il rapporto, delicato e complesso, di filosofia e teologia, ragione e fede.

Il carattere programmatico di un’opera sperimentale emerge con chiarezza dalle parole di Montaigne.

“Lo studio me stesso più di ogni altro soggetto. È la mia metafisica, è la mia fisica”

Nei Saggi  Montaigne presenta una nuova forma filosofica. Questa indaga sulle riflessioni e le azioni umane (comprese le passioni) sforzandosi di penetrare e scalfire il dominio dell’apparenza, del costume, la negazione della vita e della capacità di metamorfosi. Scopo dei saggi è togliere la maschera a parole, persone e cose. Ciò con la consapevolezza che la sostanza del nostro essere è la sua intrinseca temporalità.

[TheChamp-Counter]

“Il tempo mi abbandona. Senza di esso nulla si possiede”

Per contro, l’opera di Montaigne si propone di ricostruire il senso e la capacità di sguardo e ascolto tra l’io e il mondo.

Montaigne si scaglia contro un costume di vita morale e intellettuale basato su nozioni quali abitudine, identità, impossibilità, pretesa alla centralità, teleologia/finalismo, gerarchia apparente degli esseri. La nuova forma dei Saggi esprime e rappresenta una modalità di ascoltare e parlare a nuovi interlocutori attraverso linguaggi e concetti nuovi e differenti. I nuovi concetti sono movimento, diversità, razionalità degli animali, tolleranza, pluralismo, debolezza/forza dell’intelletto e dell’immaginazione, possibilità, antidogmatismo, scetticismo non nichilista, universalità della ragione.

L’opera di demistificazione si spingerà sino alle fondamenta antropocentriche della cultura europea. Fondamenta queste che impediscono di comprendere sino in fondo quanto la natura, sottratta a fittizie costruzioni filosofiche, sia piuttosto un‘infinita moltiplicazione e vicissitudine di forme sconosciute alla ragione umana.

Pluralismo e apertura al possibile

 L’idea di una natura infinita produttrice e moltiplicatrice incessante di forme ignorate dall’uomo, fa dei Saggi uno strumento per affermare la pensabilità e la legittimazione del pluralismo.  Il concetto è accompagnato da quello di tolleranza e la co-esistenza del diverso, a partire dalla coesistenza pacifica tra diverse religioni. Montaigne disegna una immagine di ragione “naturale”che sia in stretto rapporto con una nuova concezione della vita. Questa implica una nuova visione della natura e dell’io e la descrizione di un soggetto che si costituisce e si sperimenta attraverso un continuo movimento.

L’introspezione, lo studio del soggetto, avviene all’insegna di una duplicità per cui l’altro, il diverso, è in me.

Ragione e immaginazione costituiscono per Montaigne una coppia di sinonimi intorno a cui ruota l’orientamento complessivo dei Saggi. Esse segnano l’orizzonte e i limiti della natura umana:

“Chiamo sempre ragione quell’apparenza di raziocinio che ognuno fabbrica in sé; questa ragione, della cui specie ce ne possono essere cento contrarie riguardo a uno stesso oggetto”

Sul piano filosofico, ne deriva l’adozione di uno scetticismo che è una originale elaborazione critica delle sistematizzazioni ellenistiche. Se filosofare è dubitare, la domanda (“Che cosa so?”) rappresenta il superamento dello stesso scetticismo. Tale posizione conduce Montaigne a costruire un nuovo metodo basato su una ragione naturale che, nelle sue implicazioni etiche, religiose, politiche, aprirà la filosofia a orizzonti inattesi. La vita è tale perché orizzonte di possibilità. Altra conseguenza dell’atteggiamento scettico è la tesi dell’inaccessibilità della ragione umana a quella divina.

[TheChamp-Counter]

Contingenza e arbitrio caratterizzano la ragione. Dio non può essere vincolato al principio di identità, di non contraddizione, del terzo escluso. Non può essere passato al nostro esame, né indagato con un linguaggio per analogia. Non resta che immaginarlo come inimmaginabile. Ammettere vale a dire che la ragione non è l’elemento comune a Dio, al mondo e all’ uomo. Un po’ come Gorgia smontava la relazione tra essere, pensiero e linguaggio, Montagnine respinge l’idea di una concatenazione tra le tre ipostasi della ragione Dio, il mondo e la soggettività.

Radicale separazione tra ragione e fede.

I percorsi di ragione e fede non devono incrociarsi, perché di fatto sono incomunicabili. Essi sono paralleli e irriducibili l’uno all’altro. Il linguaggio degli uomini e quello divino non conoscono pertanto un codice comune. La ragione non può prestare nessun aiuto alla fede, che resta accessibile solo per via divina, come un dono celeste.

Al di là delle osservazioni di sapore scettico la preoccupazione di Montaigne è qui quella di salvare la dignità della dimensione umana del linguaggio. Di difendere il “dire umano” della filosofia e della morale che segna la sua autonomia dalla teologia. La religione senza la morale è vuota, mera devozione, superstizione e pratica di tirannia spirituale. Gli scritti dei teologi risultano così “troppo umani”, intrisi di quel lessico “indisciplinato” che essi vorrebbero combattere. Sono prodotti talmente umani da punire il pensiero filosofico con mezzi inumani come la tortura, il fuoco e la censura.

 

 Apparenza e modello originale

Il primo importante apporto della nuova corrente scettica riguarda la nozione di apparenza e lo collega strettamente alla nozione di fantasia o rappresentazione sensibile.

Questa visione condiziona fortemente la sua comprensione dello scetticismo pirroniano. Mointagne tende tende a farne una forma di “fenomenismo” per il quale.

  1. Conosciamo della realtà soltanto l’apparenza, e principalmente l’apparenza sensibile.
  2. Presupposto fondamentale dello scetticismo diventa il dualismo tra apparenza e realtà.

Di queste ultime due la prima è conoscibile. L’altra, che comprende le essenze metafisiche, al contrario inconoscibile.

Montaigne poteva così interrompere il nesso tra la realtà e le apparenze, confinando tutte le nostre conoscenze entro il recinto di queste ultime.

È in questo contesto che egli formula il dilemma del ritratto di Socrate

Come possiamo essere certi che il ritratto sia un’immagine di Socrate quando abbiamo accesso unicamente alle sue rappresentazioni. Abbiamo cioè alle apparenze (fenomeni e fantasie) e non al modello originale? Proprio questa situazione innesca la ricerca del criterio. Poiché apparenza e realtà sono ormai separate, diventa necessario il ricorso a un “terzo” (il criterio) che garantisca la loro conformità. Questo a sua volta richiederà un nuovo criterio, in una sorta di regresso all’infinito.

Il circolo vizioso, così come l’arresto dogmatico a una pretesa evidenza soggettiva, rappresentano soltanto cattive maniere di sfuggire all’aporia del criterio e del regresso. Entrambi questi “modi” del ragionamento fanno della conoscenza una ricerca interminabile e priva di fondamenti sicuri.

 

La filosofia del dubbio

Un altro aspetto per il quale la mediazione di Montaigne è determinante per la cultura moderna è la concezione dello scetticismo come filosofia del dubbio. Mentre nella tradizione greca l’atarassía e la pace della mente scaturivano dalla sospensione dell’assenso (epoché), l’impostazione di Montaigne finisce al contrario per fare del dubbio e non dell’epoché il culmine della ricerca scettica. Assistiamo così a una vera e propria introduzione del dubbio nella modernità, per cui scetticismo e dubbio diventeranno sinonimi, mentre non lo erano affatto nella tradizione greca.

 Scetticismo ed etica

[TheChamp-Counter]

L’interpretazione di Montaigne è importante anche per la rivalutazione dello scetticismo dal punto di vista etico. Tutta una tradizione antica e moderna, per giungere sino a Cartesio e oltre, insiste sulla “invivibilità” dello scetticismo o sulla “impossibilità di agire” a cui condurrebbe.

Montaigne indica invece proprio negli scettici “il grado più elevato della natura umana”. Il pirroniano si mantiene infatti “tranquillo, diritto, inflessibile, senza oscillazione né turbamento”. In altri termini raggiunge lo scopo della imperturbabilità”. Quest’ultima è “una condizione di vita tranquilla, quieta, priva delle agitazioni che ci vengono dall’opinione e dalla conoscenza”.

Per la vita ordinaria lo scettico pirroniano si attiene ai quattro criteri pratici di cui aveva parlato Sesto Empirico.

Queste guide bastano da sole ad assicurare una condotta di vita normale. Non c’è dunque bisogno di aderire a qualche dottrina dogmatica sul bene o sulla virtù. Proprio per questo Montaigne indica in Pirrone un modello esemplare di “uomo che vive, discorre e ragiona, godendo di tutti i piaceri e le comodità naturali”. Si deve dire, però, che dopo Montaigne il pirronismo perderà il connotato etico che lo caratterizzava sin dalle origini. Ciò dipende dal fatto che il problema epistemologico, cioè il problema della validità della conoscenza, prenderà il sopravvento, come si vedrà con Cartesio.

Lo scambio con l’altro: filosofia e nuovi mondi

Montaigne pone l’uomo al centro di un universo policentrico. Questo assume le sembianze del prisma. Definire l’immaginazione come la facoltà che consente di “mettersi al posto dell’altro” gli permette di configurare una politica, “legittima e civile”, scomposizione e ricomposizione di vincoli umani legittimi ed equi – non utopici ma operanti nell’esperienza dell’“altro mondo”. Essi saranno quindi validi normativamente: forma e necessità del pensiero naturale.

Nel Nuovo Mondo Montaigne coglie segno, esempio e senso della possibilità di uno spirito umano che si pone sulla soglia della scoperta di altri spazi/tempi/mondi e altre dimensioni dell’umano. Chi ci assicura che il mondo appena scoperto sia l’ultimo della sua specie visto che sino a ieri demoni e sibille, noi stessi, lo abbiamo ignorato? Su questo stesso modello formula alcune osservazioni sulla Cina, la cosmologia copernicana e la tesi della non unicità della terra. Altre acquisizioni di conoscenze e diversi risultati, accomunati dal fatto di essere provvisori e legati a verità parziali. L’“altro mondo” costituisce la nuova possibilità per un’umanità corrotta, come quella dell’Europa “centro del mondo”, di ricongiungersi all’infinità di altre forme cosmico-storiche, di ricomprendersi e ricomporsi nella forma della virtù.

[TheChamp-Counter]

Se hai dubbi o necessiti di chiarimenti, puoi commentare l’articolo, sarò lieto di risponderti! Non dimenticare che puoi sempre avviare una discussione su Forum plus+

[su_button url=”http://ilbarattolodelleidee.org/forums/forum/plus/” target=”blank” style=”soft” background=”#f26c4f” size=”4″ wide=”no” radius=”10″ icon=”icon: sign-out” text_shadow=”0px 0px 0px #000000″]Clicca qui per andare al Forum![/su_button]

/ 5
Grazie per aver votato!