Riprendiamo il ciclo “Chi ha paura di..” approfondendo il concetto di giudizio sintetico apriori. Il concetto credo sia infatti il punto chiave per comprendere la rivoluzione copernicana operata da Kant nella sua Critica della ragion pura.
La prima distinzione da comprendere per capire cos’è il giudizio sintetico apriori è tra giudizi analitici e giudizi sintetici. Questo a prescindere da Kant. Kant infatti fa un ragionamento discutibile sulla matematica che non tutti approvano in filosofia.
Partiamo dal presupposto che il giudizio è l’atto con cui si esprime il pensiero. È il prodotto del suo lavoro. Il giudizio parte da una divisione (antitesi) e produce una sintesi. Un giudizio lega sempre un soggetto ad un Predicato attraverso un verbo. Il quadrato (soggetto) ha (verbo) quattro lati (predicato). Due termini sono dunque stati legati tra loro per produrre una definizione. Per produrre una comprensione maggiore e dunque conoscenza.
ATTENZIONE QUI TROVI N RIASSUNTO DELLA CRITICA DELL RAGION PURA DI KANT
N.B.: E’ consigliabile leggere prima il riassunto della Critica della ragion pura. Quanto mi appresto a scrivere tiene conto di un lettore che conosci giù la terminologia di base del pensiero di Kant.
Il GIUDIZIO ANALITICO
E’ necessariamente APRIORI. Perché? Perché si limita a scomporre il concetto nelle sue proprietà fondamentali e lega poi il soggetto stesso ad uno dei suoi elementi. Sono giudizi quindi che non richiedono la necessità di uscire dalla definizione stessa del concetto. Non richiedono vale a dire il contributo dell’esperienza. Un esempio di giudizio analitico apriori è “Tutti i corpi occupano uno spazio“.
I giudizi analitici apriori possono presentare errori formali. Possono cioè essere stati costruiti in modo errato, ma non essere falsi. Per esempio le prove dell’esistenza di DIO sono solo apparentemente dei giudizi analitici apriori. Kant dimostra infatti che non è possibile ricavare dal concetto di Dio le prove della sua esistenza. Nello specifico parliamo di antinomie della ragione.
Se però si è proceduto correttamente con l’analisi del concetto, un giudizio analitico apriori sarà NECESSARIO, VERO e UNIVERSALE. Avrà cioè gli elementi che servono ad una conoscenza certa e sicura. Debbo solo ricordare che questo è il problema che si pone da Cartesio in poi. Da quando cioè la ragione impronta l’idea di voler fondare da sé i propri principi.
Dove sta allora il problema?
Sta proprio nel fatto che non riferendosi all’esperienza non può darci informazioni nuove. Questo è il dilemma nel quale s’era cacciato per esempio Locke (empirista) e nel quale tuttavia non cade Cartesio (razionalista). Locke credeva infatti che non esistessero idee innate. La conoscenza poteva allora originare dall’esperienza. Alla nascita siamo come delle tavole di cera intonse. Cosa garantisce certezza alla conoscenza?
Da Locke e Cartesio a Kant
L’esperienza è infatti aposteriori e dunque contingente e transeunte (passeggera). Dunque, concludeva Locke che proprio perché la conoscenza si fonda sull’esperienza su di essa non possiamo dire nulla con certezza. Le uniche forme di scienza sono la Matematica e la Fisica perché producono giudizi ANALITICI APRIORI. Non fanno uso dell’esperienza. In pratica Locke partenza dal suo stesso presupposto arriva nel Saggio sull’intelletto umano a confutare sé stesso. Chiaramente per Locke il concetto di SINTESI APRIORI non esisteva ancora per cui da una definizione diversa di Matematica e Fisica da quella data da Kant.
Il problema non si pone in Cartesio perché egli era un razionalista. Era infatti convinto che vi fossero idee innate. Per lui si poneva piuttosto il problema di come a queste idee, prodotti della res cogitans, potessero corrispondere cose reali (res extensa). Ne dedurrà che innata è la facoltà del conoscere, ovvero del produrre idee, ma che il garante ultimo della conoscenza è Dio. Dio è infatti l’unica idea (essenza) che ha in sé la sua esistenza (prova ontologica di Sant’Anselmo). Quindi il movimento va dall’Io, a Dio, al Mondo.
Kant rappresenta un po’ la sintesi del razionalismo e dell’empirismo e né supera entrambe le contradizioni. La conoscenza deriva dall’esperienza (empirismo), ma il carattere di certezza deriva dalla facoltà del conoscere che è innata o trascendentale (razionalismo).
I GIUDIZI SINTETICI APOSTERIORI
Sono come già ti ho accennato giudizi che legano il concetto ad una proprietà nuova non direttamente deducibile dal concetto di qualcosa. “La rosa è rossa” è un giudizio che lega l’attributo rosso alla parola “rosa” fornendosi dell’ausilio dei sensi. L’affermazione “Alcune rose sono rosse” o “Tutte le rose sono rosse” o “Esiste almeno una rosa rossa” possono essere vere o false solo se verificate empiricamente. Così, per esempio, per la legge dei graci, non basta una verifica formale o analitica, serve proprio un esperimento scientifico (Galielo).
Potrei non aver mai visto una rosa e non poter né affermare o negare l’affermazione di cui sopra. Sui giudizi sintetici aposteriori non è dunque possibile fondare una conoscenza certa o scienza. Ancorché garantiscano conoscenze nuove esse sono inaffidabili proprio perché fondate sull’esperienza.
L’empirismo sembrava dunque concludere in un “cul de sac” diremmo oggi noi. Hume addirittura concluse che il concetto stesso di causa era arbitrario e che nulla ci garantiva nelle nostre indagini scientifiche.
Kant e il giudizio sintetico apriori
Kant, per risolvere la questione, elabora proprio il concetto di SINTESI APRIORI. Fondandosi ancora una volta sull’esempio della Matematica e della Fisica deduce che esse non formulano giudizi analitici, bensì sintetici, ma che ciononostante essi hanno un evidente carattere di certezza e necessità.
Un giudizio sintetico apriori è sintetico perché aggiunge qualcosa di nuovo alla conoscenza. Deve essere apriori fatto che si fonda sulle strutture PERENNI; UNIVERSALI E NECESSARIE DEL SOGGETTO. Tali strutture sono dette strutture TRASCENDENTALI. Trascendentali e non trascendenti perché sono separate dall’esperienza (apriori) o innate per usare la terminologia cartesiana, ma sempre collegate all’esperienza stessa.
Tutti pensiamo allo stesso modo. Tutti, per esempio, abbiamo bisogno di collocare un oggetto in uno spazio e un accadimento in un tempo. Spazio e Tempo però non sono proprietà dell’oggetto, ma strutture soggettive o intuizioni pure. Non si può pensare ad un triangolo senza collocarlo in uno spazio, non si può pensare ad un numero senza pensare ad una successione temporale. Sono queste intuizioni innate (apriori) nell’uomo e tuttavia sa sempre legate ai loro oggetti. L’uomo in poche parole non ha concetti innati, ma un’innata capacità di cogliere i prodotti dell’esperienza (materiale empirico) già DA SEMPRE in un tempo e uno spazio.
Lo Spazio è l’intuizione pura su cui si fonda la geometria, tempo quella su cui si fonda l’Algebra. La fisica è scienza solo perché si fonda sulla matematica.
Il giudizio nella geometria e nella matematica
La parola “Quadrato” significa letteralmente “avere quattro lati”. Così come la parola “triangolo” significa “avere tre lati”. Dire che un “triangolo ha tre angoli” significa solo analizzare la proprietà fondamentale del concetto di triangolo (giudizio sintetico apriori). Affermare per esempio che “la somma interna degli angoli di un triangolo è SEMPRE 180 gradi” o che “il quadrato costruito sull’ipotenusa è SEMPRE uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti” significa, invece, operare una sintesi apriori.
Sono le regole dentro le quali si organizzano gli oggetti (SPAZIO) che rendono necessari i rapporti interni ai quadrati. Se non pensassimo allo spazio come ad un piano ma come ad una sfera, otterremmo le cosiddette geometrie non euclidee (che Kant per altro non conosceva). I rapporti interni al triangolo elencati da Euclide non sarebbe più validi. Questa per altro costituisce la base dell’obiezioni principale di Hegel a Kant. L’idealista sostiene infatti che Kant abbia raccattato dalla storia la tavolozza delle categorie trascendentali con puro arbitrio.
CONCLUSIONI
Per concludere “triangolo abbia tre lati” è una definizione analitica. Non ho infatti bisogno di vedere nessuno triangolo per disegnarlo. Il fatto che abbia angoli che sommati producono 180 gradi invece è una definizione sintetica, resa necessaria dall’intuizione pura di spazio. Mentre la definizione di triangolo non ha bisogno di essere dimostrata, esiste non a casa un teorema che dimostra che la somma degli angoli interni ad un triangolo non può essere maggiore di 180 gradi.
Attenzione che in questo caso non sto comunque facendo uso dell’esperienza. Algebra e Geometria restano scienze non empiriche. Questo a riprova del fatto che la “sintesi” non è un’attività che traggo dalle cose, ma dal soggetto. Non ho bisogno di rivolgermi all’esperienza, ma al ragionamento. Diciamo che nel caso della Matematica la sintesi rivolta piuttosto che a materiale empirico ad oggetti di pensiero o pure astrazione. Il punto geometrico e il numero sono i due “oggetti” non empirici da cui parte tutto il ragionamento matematico.
… E L’algebra?
Per l’algebra vale la stessa cosa. Il concetto di quantità 7 e quello di 5 sono giudizi analitici apriori. Anche se non ci si arriva immediatamente “3” è per esempio il corrispettivo algebrico della figura gemometrica del “triangolo”. Dire “5” e disegnare un “pentagono” sono la stessa cosa. La prima è una rappresentazione algebrica del numero, la seconda una rappresentazione geometrica. La prima una rappresentazione nel tempo, la seconda nello spazio.
Dire che il 7 è in successione (tempo) la quantità che esprime sette volte l’unità 1 è come dire che il quadrato ha quattro lati. Si tratta in entrambi i casi di giudizi analitici apriori. Questo però secondo Kant è tutto quello che si può dedurre dall’analisi dei concetti di 5 e 7 L’algebra tuttavia è tale non perché descrive i concetti dei numeri ma perché li LEGA (legare assieme significa produrre sintesi) tra loro attraverso delle operazioni di somma, sottrazione e così via.
La somma è un atto del legare, un’operazione logica diremmo noi che non è contenuta nel concetto né di 5, né di 7. Non ho bisogno di capire cos’è una somma infatti per capire cos’è il 5 o il 7. L’atto del sommare è l’atto del porre in successione legato al tempo. Si tratta di attività inerenti al soggetto e non legate all’esperienza. Tempo e spazio sono infine forme pure dell’esperienza di cui si occupa l’estetica trascendentale.
Potresti replicarmi il fatto che per capire cos’è il 5 devo sommare cinque volte l’uno e che e quindi non esistono giudizi analitici apriori, ma sento che non lo farai. Qui non ci interessa capire se Kant ha ragione o torto, ma capire cosa intendesse dire.
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