Marsilio Ficino: Riassunto. Il ritorno a Platone

Marsilio Ficino e il Neoplatonismo

Oltre che dalla tradizione albertista e dall’incontro con la cultura bizantina, come era avvenuto nel Cusano, il neoplatonismo trasse occasione di rinascita, in Italia, direttamente dall’Umanesimo. Ciò avvenne soprattutto a Firenze, alla corte dei Medici. Qui, conclusasi l’epoca dell’impegno etico e politico dei primi umanisti, il nuovo principato incoraggiò soprattutto le speculazioni metafisiche e teologiche. Fu proprio il fondatore della dinastia, infatti, cioè Cosimo de’ Medici, che mise a disposizione una villa. In questa sede Marsilio Ficino poté fondarvi una nuova Accademia Platonica. Si trattava di un circolo di intellettuali accomunati dall’adesione al platonismo.

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Il Platonismo

l platonismo è solitamente suddiviso in tre periodi:

Prima degli studi rinascimentali e del “ritorno ai testi” tipico dell’umanesimo, si conosceva più il platonismo di Plotino e Origene che l’opera di Platone in sé. Questo perché, nonostante i neoplatonici, si considerassero sei semplici esegeti, ampliarono e modificarono il significato originario della filosofia di Platone. Tutti i grandi pensatori di ispirazione platonica si pensi ad Agostino, nella loro fedeltà a Platone, erano infatti convinti che la verità fosse qualcosa che si “scopriva”, non si “inventava”.

Il modo più autentico di far filosofia consisteva nella riflessione su quelle verità eterne (le Idee), che in quanto tali restavano inalterate nel tempo e trascendevano la storia. Questo atteggiamento tuttavia non permetteva una reale tridimenzionalità storica. Le loro idee finivano per l’essere sovrapposte a quelle dell’autore e queste a quelle di fede che in nessun caso erano aggirabili.

l Platonismo rinascimentale

 Il platonismo rinasce verso la fine del XIV secolo nell’ambiente umanistico italiano. Vengono istituite cattedre universitarie di greco. La fuga dei dotti bizantini a seguito della conquista ottomana in Italia, permette con il loro insegnamento di leggere e interpretare direttamente i testi platonici. Questo significava ritornare a Platone saltando la mediazione dei grandi interpreti che storicamente ne avevano interpretato il pensiero.

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Durante la prima metà del XIV secolo l’interesse degli studiosi di Platone è rivolto agli aspetti politici e morali del suo pensiero. È con Marsilio Ficino che Platone comincia ad essere considerato sotto una prospettiva metafisica e religiosa. Marsilio Ficino ha tradotto in latino tutte le opere attribuite a Platone e anche l’opera di Plotino. Egli scrive la sua Theologia Platonica interpretando Platone in una chiave di lettura che oggi definiamo neoplatonica. Marsilio Ficino è convinto che ci sia una continuità di pensiero che da Pitagora all’orfismo, passando per Socrate e Platone e Aristotele, giunga senza interruzione al Neoplatonismo e al Cristianesimo. 

Vita e Opere

Marsilio Ficino nacque a Figline Valdarno nel 1433. Studiò filosofia con l’aristotelico Niccolò Tignosi da Foligno e greco con il letterato umanista Cristoforo Landino. Da Cosimo de’ Medici ebbe l’incarico di tradurre dal greco tutto Platone. Lascio così ai posteri una traduzione, di ispirazione neoplatonizzante, che avrebbe influenzato gran parte della filosofia moderna. Accanto a Platone, tuttavia, egli volle tradurre anche quelli che considerava i grandi maestri di Platone. Si tratta di Ermete Trismegisto (il Corpus hermeticum), Zoroastro (gli Oracoli caldaici) ed Orfeo (gli Inni orfici). Sono tutte le opere spurie trasmesse dai Bizantini e da lui considerate tutte autentiche. Infine tradusse quelli che considerava i continuatori di Platone, cioè Plotino (prima traduzione latina in assoluto), Porfirio,  Proclo, Giamblico, lo Pseudo-Dionigi, fino a Psello, vale a dire tutta la tradizione neoplatonica.

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L’ispirazione divina all’origine del neoplatonismo

Di molte opere fece anche il commento, affiancandovi alcuni suoi scritti importanti, quali la Theologia platonica de immortalitate animorum, il trattato Della cristiana religione (in italiano) e il De vita. Fattosi prete nel 1474, morì a Careggi (Firenze) nel 1499. Anche Ficino, come Cusano, si propose soprattutto di conciliare le diverse filosofie fra loro. Il tentativo principale fu però di armonizzare il cristianesimo con tutte le altre filosofie. Ritenne che ciò fosse possibile mediante la ripresa della tradizione neoplatonico-cristiana.

In questo senso egli indicò l’inizio di questa dottrina da un’originaria rivelazione divina, trasmessa da Ermete, Zoroastro, Mosè, Pitagora, Filone Ebreo. Tale tradizione costituisce quella che egli chiama prisca theologia («antica teologia»), considerata come espressione dello stesso Verbo divino. Essa sarebbe stata poi rielaborata dai filosofi, cioè Platone ed i neoplatonici. Questi avrebbero costituito in tal modo un corpo di dottrine che è insieme religione e filosofia, ovvero, come dice lo stesso Ficino, pia philosophia («filosofia religiosa») e docta religio («religione dotta»).

La sua dottrina filosofica

Il contenuto di questa dottrina consiste, secondo Ficino, nell’ammettere un ordine della realtà articolato in cinque essenze, o piani di realtà.

  1. Dio, principio di tutto.
  2. Gli angeli, sostanze immateriali prive di qualsiasi relazione con la realtà materiale.
  3. L’anima, sostanza immateriale capace di relazione con quelle materiali.
  4. Le qualità, cioè le forme delle sostanze materiali.
  5. corpi, cioè le sostanze materiali.

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La terza essenza, cioè l’anima, trovandosi in posizione perfettamente centrale, è il vincolo che unisce  tra loro tutte le essenze, cioè copula mundi («vincolo del mondo»), ed è perciò immortale. Come tale è indipendente dal corpo e pertanto la sua individualità non dipende dall’unione col corpo, come sostengono gli aristotelici, ma dal suo essere stata creata individualmente da Dio.

L’espressione sensibile della derivazione di tutte le cose da Dio è la luce, che si diffonde per tutto il creato a testimoniare ovunque l’azione creatrice di Dio, che ne è la fonte. Ma alla derivazione di tutto da Dio corrisponde, neoplatonicamente, il ritorno di tutte le cose a Dio. Ritorno che Ficino esprime ammettendo in tutte le cose una tendenza a ricongiungersi con Dio. Egli è da lui identificata con l’amore, inteso sia nel senso platonico, cioè come amore per la bellezza. Quest’ultima è intesa sopratutto  nel senso cristiano, cioè come carità, di cui Dio stesso è la fonte. La dottrina dell’«amore platonico» avrà grande fortuna nel Cinquecento, quando sarà ripresa da vari altri autori (Pietro Bembo, Leone Ebreo, Baldassar Castiglione).

Magia e astrologia

Infine Ficino si occupò di magia e di astrologia, affermando il valore di entrambe.  La magia è la capacità dell’uomo di agire sulle forze naturali, riducendole al suo servizio. Essa è resa possibile, secondo Ficino, dal fatto che in tutte le cose è presente un’anima. E’ presente uno spirito materiale sottilissimo, che le vivifica e le accomuna. Il mago, capace di scoprire le comunicazioni occulte tra le diverse cose dovute a questo spirito, riesce ad influire su di esse, riducendole in proprio potere.

Questa magia naturale, secondo Ficino, non ha nulla a vedere coi miracoli rivelati, che sono invece fatti soprannaturali, e perciò è perfettamente in armonia con la religione. L’astrologia inoltre, in quanto non è solo studio degli astri (astronomia), ma anche ammissione di influenze astrali sulle vicende umane, si fonda anch’essa sull’universale animazione dell’universo: secondo Ficino si può ammettere, pertanto, un parallelismo tra gli eventi astrali e quelli umani, anche se le influenze degli astri si esercitano più sulle vicende esteriori che sulle libere decisioni dell’anima.

 

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