Premessa: a cosa serve la filosofia?
Che si sia allungata l’ aspettativa di vita media è un fatto apparentemente inopinabile, su cui non vale la pena nemmeno discutere. Alcune convinzioni come questa sono talmente diffuse da sembrarci verità rivelata. Siamo forse troppo abituati all’idea che qualcuno la detenga da qualche parte e che non sia compito nostro dovercene occupare. Qualcuno maneggia la verità da qualche parte e ce la serve in un piatto bello e pronto. Che la fonte sia il nostro programma TV preferito, piuttosto che la rivista scientifica famosa o il nostro sito web “scaltro” il concetto comunque non cambia. Qualcuno di cui ci fidiamo l’ha prodotta e noi la stiamo consumando.
Il vero problema si pone quando certe verità sono servite strumentalmente, per ammaestrarci o peggio ingannarci. In questi casi la verità diventa uno strumento di controllo, un’arma contro di noi. Ed è allora che una riflessione critica può servire. Il dubbio o la meraviglia (stupore) muove il pensiero filosofico. Certe verità, come quella di cui parleremo, possono sembrare scontate. Quando certe affermazioni tuttavia appaiono talmente ovvie da dare la sensazione che non valga nemmeno la pena occuparsene è proprio lì che occorre dubitare. Vi fornisco quello che segue innanzitutto come un esempio di dove può giungere il pensiero critico, oltre che come spunto di riflessione personale.
Aspettativa di vita percepita (o media)
Si sente dire spesso che la vita media dell’uomo si è allungata di almeno trenta anni. Un calcolo forfettario certamente, che però si fonda sulla percezione comune. I nostri nonni vedevano morire i propri cari giovani, spesso per malattie allora ignote o per fame o per un accidente. 40 anni si stima fosse allora l’ aspettativa di vita più diffusa. Oggi ciascuno di noi si immagina di vivere almeno 70 anni, se non 80 e forse anche 90 anni. Vorrei fornirvi dei dati statici, che in effetti ho, per confermarvi l’esattezza delle mie affermazioni. Credo tuttavia che al momento non sia poi così importante visto che ciò che ci interessa è l’aspettativa di vita percepita. Fra un po’ capirete anche il perché-
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L’aspettativa di vita media, così pensano i più, è praticamente raddoppiata. Pensandoci bene è come se ciascuno di noi vivesse due vita anziché una. Pensare che la medicina ha allungato così la vita così tanto la fa sembrare una scienza degna di lode. Ma le cose stanno proprio così?
Certe verità però appaiono scontate solo perché, le vediamo svolazzarci in giro di continuo. Nessuno però prova mai a guardarle più da vicino per analizzarne i dettagli. Qual’è dunque il segreto dell’elisir di lunga vita? Tutti risponderemmo il “progresso della medicina”. Magari ragioneremmo poi su cos’altro possiamo aggiungere, ma la prima risposta sarebbe senza dubbio quella per tutti!.
La Divina Commedia e l’elisir di lunga vita
“Nel mezzo del cammino di nostra vita” credo che sia tra gli incipit più famosi della storia della letteratura mondiale. Proprio per la sua posizione all’interno della Divina Commedia è spesso anche l’unica cosa che ricordiamo del testo, ne sono certo. Chi non conosce questa frase? Eppure continuate a ripetere che l’aspettativa di vita è aumentata di trent’anni e che prima si moriva a quarant’anni. Non è forse così?
Bene l’interpretazione più accreditata della frase è che Dante stia dando informazioni sulla sua età. Intendeva cioè dire che aveva 35 anni quando accadevano i fatti che sta per raccontare. Questo lo sappiamo perché egli stesso afferma nel Convivio:
Lo punto sommo di questo arco [della vita terrena] ne li più io credo [sia] tra il trentesimo e il quarantesimo anno, e io credo che ne li perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno.IV 23, 6-10):
La cosa molto più interessante è però che egli nel fare il suo calcolo si ispira a quanto riportato nella Bibbia e più precisamente al Salmo XC,10. Nel testo leggiamo a chiare lettere
I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni; o, per i più forti, a ottant’anni.
Capite adesso? 1200 come anche 2500 anni fa si riteneva che l’aspettativa di vita fosse tra i 70 e gli 80 anni, vale a dire più o meno quella che abbiamo adesso. Neanche in questo caso ci interessa indagare su come stessero per davvero le cose. Ci interessa solo sapere che Dante ritenesse talmente plausibile quell’affermazione (intendo quella contenuta nel Salmo) da utilizzarla come riferimento per l’incipit della sua opera più importante.
I trenta/quaranta anni di vita che ci aveva dato la medicina? Dove sono finiti? Cosa ne è stato del progresso scientifico? Ma come è possibile che Dante nel 1200 pensasse di poter vivere almeno 70 anni, quando noi fino a mezzo secolo fa pensavamo di poterne vivere al massimo 40?
Boccaccio ci svela il segreto dell’elisir di lunga vita
Un’informazione preziosissima in proposito ce la da Boccaccio. Nel suo Decameron ci racconta che mentre a Firenze dilagava la peste un gruppo di dieci ragazzi (sette donne e tre uomini) si allontanavano dalla città per evitare la contaminazione. Questi ragazzetti evidentemente non trovavano niente di meglio da fare per vincere la noia che raccontarsi novelle.
Mentre da un lato dunque la gente comune moriva flagellata dalla peste nera, da qualche altra parte la gente si annoiava. Eccolo allora risolto l’arcano! Quando si parla di aspettativa di vita percepita sussistono profonde differenze che oggi non esiteremmo a definire di classe.
La gente che si annoia di sicuro non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Non ha mai avuto addosso la preoccupazione del cibo, lascia combattere a noi le sue guerre e quando può preferisce starsene in disparte per non essere contaminata. Cominciamo forse a capire meglio, quale genere di “medicina” allungava la vita di 40 anni, creando una differenza tra chi moriva a 30 anni, 20 o forse anche 2 e chi arrivava sino a 70-80 anni.
Il fatto è che quando Dante dice “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, quel “nostra” non si riferisce affatto a tutto il genere umano. Egli non sta neanche prendendo in considerazione le fasce di popolazione più basse. Sta evidentemente ragionando sull’aspettativa di vite media della sua gente. Dante è il sommo poeta intendiamoci, ma pur sempre figlio del suo tempo.
L’aspettativa di vita media nel corso dei secoli
Giunti a questo punto posso fornirvi i dati reali sulle aspettative di vita e non quelli percepiti. Questi ultimi sono per l’appunto una media. Riporto la fonte più autorevole che ho trovato in giro e cito dal Corriere della sera:
Nel neolitico si vivevano circa 20 anni, passati a 30 nel Medioevo, divenuti 52 negli anni Sessanta, 56 negli anni Ottanta e 71 nel 2013.
Purtroppo il link del grafico cui fa riferimento non funziona più. Noi però stiamo scrivendo un articolo in un blog non su una rivista scientifica. Il Corriere della sera dunque ci basterà come fonte autorevole. Nel frattempo vi offro questo grafico molto chiaro preso da qui.
Durante il paleolitico l’aspettativa di vita era solo di 16 anni, ma era così bassa perché la mortalità infantile era altissima. Nel 500 a. C. le cose già migliorarono sensibilmente. L’aspettativa di vita media pare fosse di quarant’anni. Era più che raddoppiata (proprio come diciamo noi adesso). Allora però era più semplice gridare al miracolo che inneggiare canti sul valore del progresso scientifico. Dal grafico vediamo che man mano che passano i secoli l’aspettativa di vita media si va avvicinando sempre più a quella pronosticata da Dante nella sua Divina Commedia. Qual’è dunque il vero “progresso” che ha portato a convergere la vita media con quella dell’aristocrazia di allora?
A meno di accidenti esterni se l’uomo viene lasciato vivere in condizioni di salute la sua esistenza fisiologica dura circa 80 anni. I trent’anni anche quarant’anni di scarto sono da addebitare piuttosto ad una iniqua redistribuzione della ricchezza. Questo fece dire all’organizzazione mondiale della salute (OMS) che
l’unica vera malattia è la povertà.
Per chi volesse approfondire ho trattato l’argomento salute qui
Perché dirvi che è la ricchezza che allunga la media della vita e farvi odiare il “padrone” (lo so terminologia obsoleta) che ve l’accorcia piuttosto che dirvi che è tutto merito del progresso della medicina? Perché dissuadervi dal bere, fumare e ingrassare come animali da stalla evitando di farvi consumare le schifezze che voi stessi producete nelle fabbriche? Meglio convincervi che tanto poi c’è la medicina. Quella stessa medicina che avendo allungato la vita di 40 anni, se non è in grado di risolverci il problema adesso, almeno promette di riuscirci in futuro. No? No!
La domanda giusta da porsi allora diventa:
quale progresso ha consentito un’allungamento della vita media?
Chi produce volontariamente povertà è un assassino?
Il punto è che se parliamo di progresso dobbiamo senz’altro riflettere sul fatto che i progressi più importanti furono di altra natura. Aumentò l’ aspettativa di vita la creazione di un sistema fognario, l’introduzione di acqua corrente, un’alimentazione completa e così via. Anche i vaccini e gli antibiotici fecero la loro parte certo! Ma solo perché lo Stato prevedette ad una loro capillare diffusione. In termini di salute giova più alla vita la prevenzione che la cura. La prevenzione però non ingrassa i conti correnti delle case farmaceutiche, delle case produttrici di macchinari sanitari e così via.
Tutti sanno per esempio che qualunque tumore se preso in tempo è facilmente curabile. Perché spendere migliaia e migliaia di dollari in ricerca, farmaci interventi chirurgici che allungano al più d qualche hanno la vita, quando screening a tappeto non solo sarebbero più efficaci, ma contribuirebbero ad una migliore redistribuzione del reddito (più screening più lavoro, più denaro in tasca al cittadino)?
Sostenere che oggi la vita media si è allungata è dunque vero. Questo però equivale a dire che tutte le volte che teniamo alla fame il nostro vicino non siamo responsabili di un ingiustizia qualunque, ma di omicidio!
Perché allungare la vita media?
Perché chi ci ha da sempre governato tenendoci alla fame ad un certo punto decide che è molto meglio condividere con noi il suo elisir di lunga vita? Non voglio affrontare la questione da un punto di vista storico. Conosco bene le ragioni dell’industrializzazione, dell’affermarsi della borghesia come classe di mezzo e del consumo di massa. Interessa qui un ragionamento più filosofico. Il balzo in avanti dell’aspettativa di vita media risale grosso modo infatti alla fine della seconda guerra mondiale. E’ dunque un fenomeno abbastanza recente e che diede subito i suoi effetti.
Se guardassimo dall’esterno diremmo più che si tratta di una decisione presa a tavolino che di un lento processo evolutivo. Come se qualcuno di punto in bianco avesse deciso di restituirci i 30 anni di vita tolti di media (quindi anche 40 e 50 individualmente) condividendo con noi il suo “Elisir”. Ma perché farlo? E’ un fatto che la storia è sempre stata percorsa da ribellioni intestine. Il popolo che si ribella quando troppo oppresso è sempre stato un grosso problema per chi ci governa. L’unico vero limite alla sua smisurata potenza. I modi per reprime la ribellione sono stati tanti, la storia è piena di eventi. La mia ipotesi è che allungare la vita media sia uno di questi.
In un’altro articolo ho cercato di chiarire la mia idea sul perché il genere umano si sia diviso sin dai suoi esordi in chi governa e chi è governato, l’aristocratico e lo schiavo, il patrizio e il plebeo.
Chi volesse approfondire l’argomento può farlo leggendo questo articolo
Per quello che riguarda lo scopo della nostra discussione vi basti sapere che penso che l’uomo sia nato per ubbidire. Ancorché egli covi dentro di sé un insano senso di invidia verso il suo padrone, che continuamente si traduce in ribellione, egli ha bisogno delle sue catene. Ha cioè bisogno di vincoli e dei da adorare. Ho anche formulato due ipotesi una genetica e l’altra sociologica che renderebbero conto di questa naturale propensione, che tuttavia, in questa sede non tratterò.
Per renderci mansueti come pecorelle?
Qual è il senso di allungare l’ aspettativa di vita e con lei la formazione dei giovani? Perché oggi serve una laurea per fare praticamente tutto? Perché bisogna imparare a lavorare prima di lavorare con l’evidente risultato che i “giovani” arrivano nel mezzo del cammin di loro vita senza aver mai mosso un dito e non avendo idea neppure di come si faccia? Forse perché essere incapaci e dipendenti da qualcuno di rende deboli? Avete mai sentito dire a qualcuno: “il problema delle nostre società è che non si fanno più figli”, oppure la nostra è una società di vecchi”? Credete che siano i vecchi a fare le rivoluzioni?
La vera ragione per cui occorre fare studiare i giovani è che sono inclini alla ribellione. Prolungando la loro adolescenza fino alla soglia dei 30 anni si impedisce loro di essere nocivi. Lo sviluppo industriale ad un certo punto richiese che la classe proletaria diventasse ceto medio, onde fosse proprio quest’ultima a consumare i prodotti che essa stessa consumava. Per dirla con Marx il processo di industrializzazione insieme alla classe proletaria creò anche i mezzi con i quali quest’ultima avrebbe potuto emanciparsi dal padrone.
Non fu proprio quest’ultima a produrre la grande rivoluzione rossa? E a questo punto che mi tocca rammentare ancora una volta che la rivoluzione la fanno i giovani.
Lo spirito di ribellione non si è allungato di 30 anni?
I giovani sono così incoscienti da mettere a repentaglio la loro vita, da farsi uccidere in guerra o lasciarsi esplodere nelle pubbliche piazze. I quarantenni no. Loro hanno maturato in saggezza e mansuetudine.
Tenere i giovani in quella specie di pascolo per bestiame che sono ormai diventate le Università. Se questo non succede bisogna impegnarli con lavori, lavoretti e precariato. Per quando avranno raggiunto il mezzo del cammin di loro vita, l’unica cosa che vorranno sarà quella per cui un tempo si sarebbero ribellati: un posto fisso ai comandi del loro padrone.
Il pascolo per allora si sarà trasformato in una prigione, ma ciò che prima avrebbero visto come un luogo da cui scappare adesso vedono come riparo sicuro dalla pioggia e focolare domestico. Visto che il lavoro è ciò cui hanno anelato per metà della loro vita, sarà facile poi convincerli che occorre lavorare fino a 70 anni, Perché? Ma come il progresso tecnico non aveva diminuito la richiesta di forza lavoro? La risposta ora diventa semplice: Perché è aumentata l’ aspettativa di vita media. Un sistema nel quale entri a lavorare a 20 anni e vai in pensione a 50 non è sostenibile economicamente, così dicono. Devi entrare a 35 anni e uscirne quando avrai giuste le forze per desiderare di morire.
Conclusioni
Se dunque l’ aspettativa di vita era in media di quaranta anni si passava circa un quarto della propria vita in una soglia critica di ribellione. Il periodo che trascorreva infatti dall’ingrasso al mondo adulto alla vecchiaia era di circa dieci anni e rappresentava per la maggior parte delle persone (non per Dante) il 25% della propria esistenza. Riconoscendo il fatto che c’è qualcuno che ci governa che evidentemente ambiva a vivere almeno il doppio di noi e ricordandoci quante teste saltarono durante i gloriosi anni della rivoluzione moderna, non comincia a diventare plausibile il fatto che possa aver un senso allungare la vita a tutti? Badate bene che non si sono aumentate in proporzione tutte le fasi della vita.
Dieci anni rispetto a settanta o ottanta o novanta non sono forse un settimo, un ottavo, un nono della propria esistenza? Non ho forse già solo così ridimensionato l’importanza di questo periodo dell’esistenza? Se mi aspetto di poter vivere anche sessant’anni oltre i miei trenta, sarei temerario come se pensassi me ne resterebbero da vivere altri dieci? In un mondo in cui la cosa più facile di tutte da fare è morire, s’è più disposti a ribellarsi? Io credo che un allungamento delle aspettative di vita riduca intrinsecamente la spinta centrifuga tipica della fase post-adolescenziale, che fisiologicamente si attesta sui vent’anni.
Bene possiamo adesso concludere, ammesso che ci sia qualcuno che abbia avuto la forza di seguirmi sin qui. A chi mi continua a dire che la filosofia non serve a nulla rispondo che se lui continua a pensare che l’ aspettativa di vita s’è allungata di 30 anni grazie al progresso della medicina adesso è anche un po’ colpa sua :).
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