Origene Biografia
Origene nasce intorno al 185, probabilmente ad Alessandria, da genitori cristiani. Intorno ai diciotto anni suo padre, durante la persecuzione di Settimio Severo (202-203), viene condannato alla pena capitale. Origene per mantenere la famiglia è costretto a fare il maestro di scuola. Ben presto il patriarca Demetrio si accorge delle doti del giovane maestro. Gli affida perciò l’istruzione dei catecumeni. La sua scuola di Origene è frequentata però anche da pagani. Origene vuole approfondire la conoscenza della cultura filosofica greca, e segue per un certo periodo le lezioni del filosofo platonico Ammonio Sacca, maestro anche di Plotino.
Per Origene l’insegnamento è solo una parte della propria attività, ad esso si aggiunge l’esegesi biblica. Oltre ai molti commentari delle Sacre Scritture sono da ricordare il trattato dottrinale Dei princìpii e il celebre Contro Celso. Fra gli scritti non pervenuti doveva essere di grande importanza il Commento alla Genesi, incentrato sul racconto della creazione e sul tema del peccato originale.
Il nucleo dottrinale: dall’eternità del mondo all’apokatástasis
Diversamente da Giustino e Clemente, convertiti dal paganesimo al cristianesimo, Origene ricevette sin da giovane un’educazione cristiana. Questa egli accompagnò però anche lo studio dei filosofi antichi. La Bibbia era infatti un testo convulso di concetti e contraddittorio. Il sistema teologico di Origene fu costruito perciò in larga misura attingendo proprio alla filosofia antica. Origene richiede dunque la lettura preliminare di tutti i filosofi, senza obbligare a un assenso o a un rifiuto immediato. Questi diventano possibili nel momento in cui entra in azione il criterio – posseduto dai cristiani, ma non dai filosofi – della verità proveniente da Dio e rivelata nelle Scritture.
La scelta o il rifiuto delle teorie dell’antichità non sono dunque complessive, ma sono compiuti rispetto alla loro compatibilità con il messaggio cristiano. Inizia così per lungo percorso di disarticolazione dei corpi dottrinali delle diverse filosofie. Questo percorso è quello che ha portato a privilegiare autori più consoni al messaggio cristiano, in primis Socrate e Platone, rispetto ad autori del tutto secondari come i sofisti o gli stessi filosofi naturalisti. Anche restando all’interno dello stesso autore poi il filosofo cristiano era autorizzato a “piegare” i concetti all’unico messaggio capace di esprimere il vero. Il compito di utilizzarne i testi passa nelle mani del dotto cristiano, che può servirsi di essi e del loro vocabolario concettuale per interpretare le stesse Sacre Scritture.
La salvezza
Secondo Origene la salvezza e la verità non è riservata a pochi. Il messaggio del Cristo al contrario di quello dei pagani non era riservato ad una cerchia ristretta di eletti, ma a tutti gli esseri umani di ogni censo e provenienza. Tuttavia la fede razionale è agli occhi di Origene superiore alla fede dei semplici, che è meno salda e può dipendere dal timore piuttosto che dall’amore di Dio. In più non mira alla conoscenza dei misteri divini. In questo senso, è peculiarità del filosofo cristiano l’interpretazione delle Scritture. L’indagine filosofica di Origene assume pertanto la forma dell’esegesi.
Secondo Origene il testo biblico ammette una pluralità di sensi. Al di sotto del senso letterale, esistono un senso morale o psichico e uno allegorico-mistico o pneumatico. In particolare, l’Antico Testamento contiene, secondo Origene, un senso che prefigura il Nuovo Testamento. Nel loro insieme essi costituiscono un’unità, che ha il suo fondamento nell’Unità divina, incorporea e inconoscibile nella sua natura. Agli uomini è possibile conoscere per via mediata la natura divina. Dio-Padre infatti genera nell’eternità il Figlio o lógos, che ha la stessa natura del Padre, benché gli sia subordinato. il Logos, infatti, è mediatore tra Dio e il mondo, in quanto contiene le idee, cioè i modelli di tutte le cose create
Questo “secondo Dio” conosce il Padre ed è fonte di conoscenza per gli altri esseri. Dal lógos, poi, procede lo Spirito Santo e tutto riceve il soffio vitale o pnéuma.
Filosofia e teologia
L’elemento centrale della riflessione origeniana è quello della distinzione, di evidente origine platonica, fra mondo sensibile e mondo intelligibile. Compito del cristiano è dunque quello di innalzarsi dal livello della verità percepita dai sensi a quello della realtà spirituale. La salvezza non è riservata a pochi, ma è aperta a ogni popolo e a ogni ceto. Tuttavia la fede razionale, basata sulla conoscenza, è superiore alla fede dei semplici, che è meno salda. Può dipendere dal timore piuttosto che dall’amore nei confronti di Dio, e non mira alla conoscenza dei misteri divini.
Secondo Origene la potenza di Dio non è illimitata, perché se fosse tale, essa non potrebbe neppure pensare se stessa. Dio, pertanto, crea tanti esseri quanti può contenere e raccogliere sotto la sua provvidenza. Prepara tanta materia quanta ne può ordinare.
Solo la sua bontà, infatti, lo spinge a creare. Pertanto Origene considera eterna la creazione, in quanto la bontà di Dio non può restare inattiva. La tesi dell’eternità della creazione presenta affinità con l’impostazione del platonismo contemporaneo. Contrasta tuttavia col racconto biblico della creazione e per questo attrasse su Origene l’accusa di eresia.
L’Origine dell’anima
Il mondo attuale secondo Origene è conseguenza di altri mondi precedenti. Così come altri successivi saranno conseguenza di esso. Entro questo processo eterno s’inscrive la storia delle anime. All’inizio esse furono create come intelletti puri, ma non tutte conservarono la perfezione iniziale. Per orgoglio di autoaffermazione, ribellandosi a Dio, caddero nel peccato. Il peccato consiste in una sorta di «raffreddamento» nell’amore per il Bene. Questo è causato da un atto di libera volontà. Proprio in conseguenza di esso gli intelletti puri divennero appunto anime (il verbo psychòo significa proprio «diventar freddo»).
La liberazione dal peccato coinvolge tutti gli esseri, non solo l’uomo. Alla fine, dunque, tutti gli esseri saranno salvati: in ciò consiste quella che Origene chiama apokatástasis, cioè, letteralmente, “ristabilimento” della condizione originaria di perfezione in Dio.
Le anime umane, pur risiedendo in un corpo, conservano la partecipazione al Logos divino e il libero arbitrio. Questo consente loro di scegliere il bene e ritornare alla condizione primitiva.
Anche i dèmoni, che rappresentano il gradino più basso nella caduta hanno questa possibilità. Origene si chiede se anche i dèmoni siano redimibili. Si chiede vale a dire se la loro malavagità non si sia trasformata in una condizione naturale immodificabile, in un’abitudine. La sua risposta sembra essere che anche i dèmoni alla fine si convertiranno.
La redenzione, ossia la liberazione dal peccato, coinvolge tutti gli esseri, non solo l’uomo: nessuno, neppure il diavolo, può esserne escluso, altrimenti la redenzione non sarebbe completa. Alla fine dunque tutti gli esseri saranno salvati. Questo è il significato profondo dell’apocatàstasi. A sostegno di questa tesi Origene invoca la nozione di bontà divina: se Dio è buono, non può volere la dannazione eterna e definitiva di qualche essere, neppure dei dèmoni.
L’apocatàstasi
L’apocatàstasi tuttavia non è la conclusione ultima e definitiva. Dopo di essa ricomincerà la vicenda eterna, anche se non totalmente identica alle precedenti. Non si tratta di un eterno ritorno come avevano preteso gli stoici. Il libero arbitrio dei singoli continua a essere fattore decisivo e permette il mutare degli eventi. In tal modo Origene innesta, sul fondo delle dottrine cristiane della Trinità, della creazione e della redenzione, tematiche proprie della tradizione filosofica. In particolare, quelle neoplatoniche della gerarchia delle ipostasi divine, della gerarchia parallela dei livelli di anima, della caduta e del ritorno, e quella stoica dei cicli successivi dell’universo.
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