Anassagora cenni bibliografici
Il secondo, ma non per importanza tra i filosofi pluralisti è Anassagora. Come Empedocle si preoccupò di spiegare il divenire, mantenendo il principio eleatico della permanenza dell’essere:
Ma il nascere e il morire non considerano correttamente i Greci: nessuna cosa infatti nasce e muore, ma a partire dalle cose che sono si produce un processo di composizione e divisione; così dunque dovrebbero correttamente chiamare il nascere comporsi e il morire dividersi.
Anassagora nacque a Clazomene, intorno al 500 a. C. circa. Fu forse il primo filosofo che portò la filosofia ad Atene. Fu uomo straordinariamente dotto e amante del conoscere. Anche lui scrisse un opera intitolata Della Natura, di cui sono pervenuti solo frammenti.
Le omeomerie
Anche per Anassagora le cose sono il risultato di un’aggregazione e scomposizione di elementi. Questi tuttavia non sono quattro, ma infiniti per quantità e numero. Questi “semi” sono qualità originarie di ogni genere, pensate con le caratteristiche dell’essere eleatico. Per Anassagora i molti possono esistere solo se in permangono immutati, così come sempre identico permane l’essere. I molti, in altre parole, possono esistere soltanto se riflettono in piccolo le caratteristiche che l’Essere riflette in grande. La molteplicità non è dunque quelle dell’essere che ci appare, ma quella dei molti semi che lo compongono. Semi che sono diversi per “forme, colore e gusto”. La molteplicità oltre che quantitativa è dunque anche qualitativa.
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I semi non hanno limiti rispetto alla loro grandezza. Sono come detto inesauribili. Non hanno tuttavia limiti neanche rispetto alla piccolezza. Sono infatti divisibili all’infinito. Il termine omeomeria, in greco, indica esattamente questa peculiarità dei semi: le parti sono sempre identiche al tutto per quante volte vengano divise.
Come si originano le cose
All’inizio queste omeomerie erano raccolte tutte insieme in una mescolanza che le rendeva indistinguibili le une dalle altre. Dal caos si staccano la molteplicità delle cose. Dunque per Anassagora si parte dalla totale mescolanza dei semi. Questa mescolanza è definita migma (dal verbo “µιγνυµι”, mescolo = mescolanza totale).
Ogni cosa conserva in sé l’infinità dei semi di cui è composto l’essere, anche se in proporzioni diverse. Il prevalere dell’uno o dell’altro elemento determina la diversità delle cose. “Tutto è in tutto” dirà più al proposito Anassagora.
Il filosofo si deve essere posto questa domanda: “Come è possibile che il pane che noi mangiamo diventi sangue , muscoli , ossa”. La risposta che dà a questa domanda è che appunto “tutto sta in tutto”: nel pane ci sono semi di tutte le cose, di sangue, di ossa, di carne, di muscoli. Quindi quando mangiamo il pane i semi di muscoli vanno ad alimentare i muscoli, quelli di ossa vanno ad alimentare le ossa e così via. Ma come mai noi vediamo solo il pane e non tutti gli altri semi? Così come nel caso del quaderno noi vediamo il verde, perché c’è una prevalenza di semi verdi, così nel caso del pane noi vediamo il pane perché i semi di pane sono in maggioranza. Partendo dal visibile (il pane), arriviamo a capire l’esistenza dell’invisibile.
La causa efficiente
Empedocle aveva avuto la necessità di introdurre Amore e Odio come cause rispettivamente dell’aggregazione della disgregazione. Aveva anche introdotto il principio che il simile cerca il simile. Anassagora ricorre piuttosto al concetto di Nous, intelligenza. Il principio è una realtà infinita, la più fine e la più pura dice il filosofo. E’ intelligente e in quanto tale ordina e muove tutte le cose.
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Anassagora introduce dunque un intelletto cosmico, come agente dell’impulso originario di questo movimento. Ciò che più emerge è il fatto che questo intelletto cosmico è un potere assoluto, separato da tutto, condizionato da nulla e quindi capace di sottoporre tutto al suo dominio. Tutto è in tutto tranne il Nous dunque, che però tutto forma e crea. L’intelletto cosmico ha un’intelligenza totalmente differente rispetto a quella umana: il nous ha un potere incomparabile. Questo è per Anassagora dovuto al fatto che si tratta dell’unica realtà data che non risulta da una mescolanza di semi.
La principale differenza rispetto ad Empedocle è che non ci sono le due forze che aggregano e disgregano, ma un unico principio. Va poi detto che non è una visione ciclica e pendolare (come era quella di Empedocle ), ma è unidirezionale. Non si tornerà più alla situazione di partenza.
Teoria della conoscenza
Anassagora traccia una sequenza cronologica delle acquisizioni: 1) esperienza 2) sophìa (sapienza) 3) tèchne (tecnica). Al contrario di quanto sosteneva Empedocle per Anassagora la sensazione avviene per contrari. Non è dunque vero per lui che il simile cerca il simile. E’ piuttosto una differenza tra l’organo percettivo e il percepito che innesca lo stimolo sensorio. Le mie mani percepiranno il freddo o il caldo quando l’oggetto è più freddo o più caldo della mia temperatura corporea. Il caldo può essere avvertito mediante il freddo dunque e viceversa. Il simile riconosce il dissimile dunque!
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Dalla sensazione e dall’osservazione ripetuta si passa alla conservazione di questa nella memoria. Anche per Anassagora, come per Empedocle, l’esperienza è la vera fonte di conoscenza per l’uomo. Su questa base diventa possibile, infatti, il costruirsi di un sapere. E’ interessante che come ultimo momento Anassagora indichi la tecnica: è essa che propriamente permette agli uomini di servirsi degli stessi animali e quindi di collocarsi al di sopra di essi. La superiorità dell’uomo sugli altri animali riposa sul fatto che solo l’uomo sa costruire oggetti a lui utili, ossia sa sfruttare al meglio il proprio sapere.
La critica di Aristotele e Platone
L’importanza di Anassagora è riconosciuta dai pensatori immediatamente successivi. Furono proprio Platone e Aristotele a testimoniare il valore della sua scoperta circa l’intelletto. Pur chiamando questo motore originario Nous, tuttavia, Anassagora non gli attribuì la funzione di progettare secondo un fine e precisamente in vista del meglio. Questa è la ragione per la quale sia Platone (Fedone) che Aristotele (Fisica) gli muovono in definitiva critiche molto simili. Per Platone Anassagora aveva promesso di spiegare con il Nous l’origine di tutte le cose, venendo meno nei fatti a questa promessa. Continuò infatti a spiegare la creazione delle cose in termini fisici come i suo i predecessori. Per Aristotele invece il nostro usa il principio come un deus ex-macchina. Un quid da chiamare in causa ogni volta che lo stesso non sa dare una spiegazione precisa delle cose.
Occorre considerare che probabilmente Anassagora non intese mai con l’espressione Nous indicare una superiore intelligenza nel senso cui pensarono i suoi successori. La parola stava piuttosto ad indicare una più generica anima o forza vitale.
Conclusioni
A distanza di secoli la contemporanea teoria del caos pare dare ragione più ad Anassagora che a Platone ed Aristotele. Ancorché sia implausibile pensare che lo sviluppo delle cose sia completamente irrazionale, è chiaramente impossibile pensare che esse si sviluppino secondo un progetto intelligente o “disegno divino”. Gli odierni studi sul caos hanno fatto emergere, piuttosto, la possibilità di movimenti che per quanto non abbiano una predeterminabilità non sono affatto né casuali, né arbitrai. I movimenti caotici hanno infatti una loro regolarità interna, che però non da luogo ad una prevedibilità nel senso della fisica tradizionale. Il movimento delle nubi non è certamente casuale (segue delle leggi), ma ciononostante prevederne lo spostamento è cosa molto più complicato.
In una partita a scacchi, per fare un’altro esempio, è relativamente facile prevedere tutte le possibili combinazioni a partire da una prima mossa. Man mano che ci spostiamo alle ipotetiche mosse successive, tuttavia, il compito diventa via via più difficile, fino al punto in cui è completamente impossibile. D’altronde solo un veggente potrebbe prevedere con esattezza come finirà una partita, prima che venga giocata (o che tempo farà tra un anno). Questo nonostante nel caso degli scacchi si parli di non più che di una ventina di mosse possibili per ogni turno di gioco. La partita a scacchi è il risultato di un movimento “intelligente”, non è certo il caso che muove le pedine. Ciononostante il fine non è predeterminabile. Questa è grosso modo la concezione di Anassagora del Nous.
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Per approfondire
Gli argomenti appena citati sono sufficientemente complessi e meritano certamente un approfondimento diverso. A me serviva soltanto citarli nell’ottica di sottolineare l’importanza dell’intuizione di Anassagora, tutt’altro che banale. Per chi tuttavia volesse approfondire il tema può leggere il bellissimo libro di Fritjof Capra “La rete della vita“, che inquadra questi argomenti in un ottima cornice filosofica e molto fruible. Tra i testi scientifici, ma che conservano ancora con un carattere divulgativo, consiglio invece Caos la nascita di una nuova scienza di James Gleick.
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