Anassimandro: riassunto. L’infinito come principio

Anassimandro è probabilmente il discepolo di Talete e compose un trattato intitolato Della Natura. Di quest’ultimo possediamo solo frammenti e testimonianze indirette. Anche lui è dunque un filosofo naturalista e intenzionato ad individuare la causa generatrice del mondo. Rispetto al maestro, per quel che sappiamo, Anassimandro ha dalla sua parte una terminologia più carica di significato. Pare infatti che egli sia il primo che utilizzi la parola arché per designare il principio primo oggetto della ricerca. Arché è dunque la realtà ultima delle cose, cioè quella physis di cui andava alla ricerca già Talete prima di lui.

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L’infinito indeterminato (apeiron)

Anassimandro rifiutò però l’idea che il principio di tutte le cose fosse uno dei quattro elementi. Egli parlò piuttosto di infinito, usando l’espressione apeiron. Come spesso succede la parola greca è difficilmente traducibile. Apeiron indica letteralmente ciò che è privo di peras, ovvero di limiti. L’apeiron non ha quindi un limite spaziale e in questo primo significato rende bene il temine infinito. Non ha tuttavia nemmeno un limite interno e in questo senso è piuttosto un primo indeterminato.

Cosa vuol dire indeterminato?

Determinare una cosa, o definirla che è lo stesso, vuol dire stabilire un termine o un confine per essa. Non è un caso che termini come de-finire o anche con-fine contengano in sé un riferimento al finito.

Determino un qualcosa inoltre quando stabilisco una relazione tra la cosa stesse e le sue parti. Definire è dunque al contempo un dividere, uno scomporre la cosa in parti per poi porle in relazione. Se volessi determinare il concetto di uomo per esempio dovrei dire che è un animale razionale. Uomo è dunque posto in relazione ad un che di esterno (animale), ma anche ad una sua caratteristica interna (razionale).

Definire è dunque ad un tempo un porre una fine ed un dividere.

L’apeiròn quindi in quanto infinito non può essere ne definito, né determinato. Proprio per le sue caratteristiche Anassimandro crede che possa essere assunto come principio di tutte le cose. Esso non ha né inizio e né fine ed è indeterminato proprio perché principio di determinazione di tutte le cose.

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L’infinito e il divino

Il principio è dunque anche ingeneratoimperituro. Se in questo momento state pensando al Dio cristiano non siete troppo lontani dall’aver capito di che si tratta. L’infinito abbraccia o circonda tutte le cose, le regge e le governa. Tutte le cose sono infatti generate dal principio, che le comprende in sé tutte quante ed in lei con-sistono. Sono vale a dire nel e per il principio.

L’infinito come già l’acqua, dunque, è l’elemento divido che permea il tutto. Non va tuttavia sovrapposto tout court al Dio nella concezione moderna. A quest’ultimo manca infatti la natura del pensare, nonché quello di persona. L’infinito è l’elemento divino in quanto arché, principio di tutte le cose. “Tutto è pieno di Dei, tutto è divino”, diceva già Talete.

Dall’infinito al finito secondo Anassimandro

L’infinito oltre che indeterminato è anche astratto. Esso è inafferrabile, inconcepibile, se non come vuota definizione. Come si generano dall’infinito le determinazioni, ossia le cose che sono?

La genealogia dei contrari

Ciò avverrebbe per una separazione o distacco dei contrari. Come meglio svilupperà Eraclito, pure lui della scuola di Mileto, Anassimandro immagina nella sua cosmogonia un processo di separazione che procede per coppie di contrari. Gli elementi o le determinazioni dunque non si separano mai da sole, ma sempre per coppie.

Se l’infinito è indeterminato privo di confini, il limite divide sempre in due, in un al di là e in un al di qua. Ogni volta che pongo un limite, avrò sempre un’interno e un esterno. Avrò una coppia di elementi in contrapposizione tra loro o coppia di contrari per l’appunto. Il limite inoltre infrange l’unità originari, ne spezza l’armonia. Il processo di delimitazione dell”infinito avviene come una sorta di precipitazione delle determinazioni.

La separazione come “peccato” originario

La generazione è intesa dallo stesso Anassimandro, quindi, come un decadimento, violazione del tutto. A darci spiegazioni è lo stesso filosofo in uno dei pochissimi frammenti pervenutici:

Donde le cose traggono la loro nascita, ivi si compie la loro dissoluzione secondo necessità; infatti reciprocamente pagano il fio e la colpa dell’ingiustizia.

Il nascere e il dissolversi sono intesi come colpa e con essa nasce la necessità di espiare questa stessa colpa. Con le coppie in opposizione, nasce infatti la contesa, il tentativo di sopraffazione dell’uno sull’altro. Con la separazione viene violato l’equilibrio del tutto, la sua armonia originaria. Essa deve dunque essere ricomposta. E’ chiaro, infatti, che la vicenda alterna dei contrari, per ciascuno dei quali il sorgere è immediatamente un contrapporsi all’altro è un ingiustizia. Ingiusto è però anche il loro stesso essere sorti, il loro tentativo di usurpare il posto e i diritti del divino immortale e indistruttibile.

Stiamo per finire e non ti ho disturbato poi molto. Perché non mettere un “mi piace”? 😛

Gli infiniti mondi

Come infinito è il principio, infiniti sono i mondi che da esso si dipanano. L’infinità è innanzitutto di tipo circolare. Ciascun mondo nascerà e morrà, si distaccherà dal principio e ritornerà ad esso infinite volte. Ma è anche un infinità spaziale. Esistono infatti per Anassimandro infiniti mondi.

La cosmogonia di Anassimandro

Le testimonianze ci parlano di caldo e di freddo come prima coppia di contrari separatisi dall’uno. Il caldo formò una sfera di fuoco, per poi frantumarsi in tre sfere. Sole, luna e le altre stelle. Il freddo invece dovette originariamente avere una forma liquida. A causa del fuoco si trasformò in aria. L’aria avvolse il fuoco e ne determinò l’esplosione e la frantumazione di cui sopra, nonché un vortice rotatorio con degli spiragli che a noi appaiono come le stelle del firmamento. Dall’elemento liquido si formò poi la terra e il mare. La terra a forma cilindrica si regge sul vuoto per un gioco di forze. Dalla terra e dall’acqua nacquero i primi esseri viventi e dagli animali più semplici quelli più complessi.

Conclusioni

Ho cercato di dissotterrare i nodi concettuali più complessi del pensiero di Anassimandro, pensatore dalla semplicità solo apparente. Va tutta via ricordato che i pensatori dell’epoca (e con loro anche il nostro) sono ancora molto legati al mito. Il mito non è  altro che una spiegazione delle cose per immagini e figure mitologiche. La cosmogonia di Anassimandro che ai nostri occhi può sembrare banale, si comprende meglio dunque se si hanno in mente, per esempio, il mito di Uranio ed Egea. Il suo risulta ad ogni modo un tentativo di superare la visione materialista del principio che ne aveva Talete, guadagnando un livello superiore di astrazione e concettualizzazione.

La sua cosmogonia, anche presa alla lettera, resta comunque interessante, sia rispetto all’idea che la terra poggi sul vuoto, sia rispetto all’idea di un evoluzione che conduca da esseri più semplici a esseri più complessi.

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