Marx: riassunto. L’utopia socialista, l’economia e il proletariato

Marx l’utopia socialista

Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni.

La complessità del pensiero di Marx non permette di intendere la sua teoria come una teoria strettamente filosofica. L’analisi globale del fenomeno umano, come fenomeno sociale, inaugura quel nuovo comparto che verrà definito più tardi come sociologia. Si passa dalla filosofia della storia di Hegel alla filosofia sociale dunque. 

Determinante per Marx sarà la dimensione della prassi. Questa è intesa come esigenza di intervenire concretamente alla trasformazione del mondo. Non è la ragione che si realizza (diviene reale), ma la realtà che deve essere razionalizzata. Bisogna cioè tradurre in atto quell’incontro tra realtà e razionalità che Hegel aveva solo pensato.

Marx come già Feuerbach inverte dunque i rapporti tra Spirito e Natura. Il soggetto del movimento dialettico è la Natura (nel senso greco di phiùsis, principio vitale). Lo Spirito, la  Cultura, sono altresì manifestazione (o sovrastruttura) della Natura: questa è l’essenza del materialismo.

Il misticismo logico di Hegel al contrario consisteva nel fare delle realtà empiriche delle manifestazioni necessarie dello Spirito. Nè deriva che per esempio dal fatto che in certi stati esiste la monarchia, se ne debba dedurre che è necessario per lo sviluppo dello Spirito che esso si manifesti in uno stato monarchico.

Marx sull’idealismo tedesco

CRITICA ALLA MODERNITÀ’

E’ profonda la critica della società e della cultura moderna. Epoca di scissione e lacerazione. Mentre nella polis greca l’individuo si trovava in unità sostanziale con la comunità, nella società moderna le forti spinte individualiste fanno si che gli interessi del singolo si separino dall’interesse comune.

Forte è pure la critica allo Stato, che dovrebbe mediare gli interessi particolari. Invece risulta lo strumento con la quale la classe dominante legittima e mantiene il suo dominio. Anziché essere lo Stato che imbriglia l’interesse la società civile verso il bene comune, è la società civile che abbassa lo Stato agli interessi particolari dei più forti. Marx vede nello Stato il persistere della scissione e della differenza (il negativo ha qui il sapore dell’ingiustizia). All’uguaglianza formale dei cittadini di fronte la legge, contrappone una diseguaglianza sostanziale (il ricco e il povero), all’ideale giusto, contrappone una realtà diametricalmente opposta.

Marx ha in mente invece un modello ideale di società, un modello di democrazia sostanziale, in cui realizzare la perfetta unità tra l’Io e il Noi, l’individuo e la comunità cui appartiene (una sorta di ritorno dialettico alla polis greca). La via verso la realizzazione di tale ideale è l’eliminazione dell’origine di tutte le diseguaglianze sostanziali: la proprietà privata. Il mezzo per la realizzazione di questo ideale è la rivoluzione e il soggetto viene individuato nel proletariato, classe priva di proprietà, ovvero e che risente di più degli effetti dell’alienazione.

CRITICA ALL’ECONOMIA BORGHESE:

L’economia borghese per Marx è nei fatti l’espressione della società capitalistica, che tuttavia fornisce un’immagine globalmente mistificata del mondo borghese. Ciò è dovuto alla sua incapacità di pensare in modo dialettico. Il capitalismo borghese, considera il proprio modo di produrre, e distribuire la ricchezza, come l’unico possibile e le sue leggi alla stregua di leggi naturali.

Considera in particolare la proprietà privata un diritto naturale dell’uomo, non scorgendo l’opposizione costante tra capitale e lavoro salariare, che produce alienazione.

Il lavoro diventa alienazione: dovrebbe costituire l’essenza dell’uomo (l’uomo è l’unico animale che trasforma la realtà e non si limita a consumarla), ma finisce col separare l’uomo dalla sua essenza: alienarlo.

Il lavoratore è alienato:

  1. rispetto al prodotto. In quanto in virtù del suo lavoro produce un oggetto (il capitale) che però non gli appartiene e che piuttosto costituisce la potenza che lo domina.
  2. rispetto alla sua attività, che prende la forma di una costrizione e nella quale diviene strumento per fini estranei (il profitto del capitalista).
  3. rispetto alla sua stessa essenza. La sua prerogativa dovrebbe essere il lavoro libero, spontaneo, ed invece è proprio ciò che lo schiavizza.
  4. rispetto al prossimo. La divisione del lavoro cancella nella fabbrica i rapporti relazionali tra i lavoratori, lasciando solo il rapporto tra lui e il padrone. Lo sfruttamento che subisce rendendo il rapporto conflittuale e non collaborativo.

La possibilità stessa dell’alienazione nasce dal fatto che il lavoratore non possiede i mezzi di produzione, in virtù dei quali il possessore (il capitalista) può invece utilizzare il lavoro di una certa categoria di individui (salariati) secondo la “logica del profitto”, che si traduce in sfruttamento per il lavoratore. L’alienazione si supera con l’abbattimento del sistema capitalistico e l’avvento del comunismo. La storia è dunque per Marx, il teatro della vicenda umana, che in essa perde prima per riconquistare poi la propria essenza, come membri di un unico genere umano.

RAPPORTO A FEUERBACH:

Con Feuerbach e contro Hegel Marx rivendica la naturalizzazione di Hegel, ovvero la naturalità e della concretezza degli individui. Naturalità da non intendersi quale manifestazione di un soggetto Spirituale. Merito di Feurbarch è stato quello di teorizzare il rovesciamento del rapporto concreto-astratto. Contro Feuberch (privileggiando Hegel) Marx valorizza però la storicità dell’uomo, che più che Natura è Società (Il vero soggetto della dialettica è la comunità degli uomini).

Da Feueberch eredita anche la concezione della religione come alienazione. Solo che egli cerca di individuare le cause dell’alienazione religiosa e dunque offrire i mezzi per il suo superamento. La religione è infatti figlia di una particolare civiltà, che la usa come mezzo per addocilire le masse (oppio dei popoli), creando illusoriamente un al di là, cui rimandare la felicità che non si ha aldiqua.

La religione in quanto narcotico all’alienazione, non va combattuta con la, filosofia, ma con la trasformazione della società, eliminando vale a dire la causa dell’alienazione stessa.

IL MATERIALISMO STORICO

L’ideologia

Concetto base del materialismo storico è la critica all’ideologia o falsa coscienza. La critica a quell’insieme di rappresentazioni deformate della realtà, per le quali le ingiustizie vengono legittimate. Da questo punto di vista la cultura della classe dominante è sempre ideologia rispetto all’oppressione della classe dominata. Il primo obiettivo è smascherare l’ideologia. L’umanità intesa in modo scientifico (ovvero fuori da ogni ideologia) è, nella definizione di Marx, una specie evoluta, composta a individui associati che lottano per la sopravvivenza.

La storia non è perciò un evento spirituale, ma un processo materiale fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento. L’uomo per Marx si distingue dagli animali non per la religione, il linguaggio, la coscienza e altro, ma in quanto produce da sé i loro mezzi di sussistenza.

– Struttura e sovrastruttura: La storia è una “produzione sociale dell’esistenza”. In essa si distinguono le a) forze produttive e i b) rapporti di produzione.

a) Forze produttive sono:

  1.  gli uomini;
  2. i mezzi
  3. le conoscenze tecniche.

b) I rapporti di produzione regolano allora le relazioni, il possesso e l’impiego dei mezzi, nonché la ripartizione del prodotto del lavoro./ rapporti di lavoro esprimono anche i rapporti di proprietà. La dialettica tra forze produttive e rapporti di proprietà esprime i modi di produzione di un certo periodo e costituisce la base dello sviluppo storico, definita da Marx struttura.

Sulla struttura poggia il resto dell’architettura di una società, definito perciò sovrastruttura (diritto, politica, cultura etc. etc.). Secondo il materialismo storico la cultura è espressioni della struttura socio-economica di un dato periodo. Le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale ma materiali.

Dialettica storica:

Marx ritiene che ad un determinato grado della storia le forze produttive tendano a corrispondere ad un determinato rapporto di produzione e di proprietà. Laddove le forze produttive corrono più veloci che i rapporti di produzione, nel corso dello sviluppo storico accade ciclicamente che le forze produttive mutino in favore delle classi sociali emergenti. I rapporti di forza invece esprimono ancora gli interessi delle classi sociali dominanti destinate al tramonto.

Questa contraddizione ciclica è il negativo che tiene in moto la storia. Sulla scorta di questa interpretazione della storia Marx delinea quattro grandi epoche

  1. asiatica,
  2. antica,
  3. feudale,
  4. borghese.

Ad esse probabilmente va aggiunta una originaria fase che Engels denomina “comunismo primitivo”. Questo movimento esprime una tendenza di fondo. Esprime un procedere dal comunismo primitivo (tesi), ad una società divisa in classi (antitesi), al comunismo maturo (sintesi). Allo stesso modo tale movimento intende la tappa “finale” necessaria.

La dialettica in Marx

Benché il movimento dialettico sia del tutto simile a quello hegeliano, la differenza evidente è che 1) soggetto del movimento non è lo spirito, ma la struttura economica e di classe, 2) che in quanto sviluppo concreto esso è un fatto empiricamente osservabile, 3) che le opposizioni non sono astratte (concettuali), ma concrete e riguardano gruppi di persone.

Critica alla sinistra hegeliana: Marx accusa la sinistra hegeliana di ideologia, di non capire che le idee non hanno esistenza autonoma ma rispecchiano le relazioni materiali, dunque,

  1. sopravvalutano la funzione delle idee;
  2. presentano le loro idee come universali, quando sono storiche,
  3. che la battaglia è puramente “filosofica”,
  4. forniscono un quadro mistificato della realtà.

 

Per Max la vera alienazione non risiede nelle idee, ma nelle condizioni materiali e la liberazione è una questione pratico-sociale, da risolvere tramite la rivoluzione.

IL MANIFESTO:

Il Manifesto è un libricino a scopo divulgativo che esprime la visione marxista del mondo. I punti salienti sono: 1) l’analisi della funzione storica della borghesia, 2) storia come “lotta di classe”, 3) critica ai socialismi non scientifici.

1) La borghesia è una classe dinamica,

che a differenza delle classi che hanno dominato nel passato non tende alla conservazione, ma a rivoluzionare continuamente i strumenti di produzione e i rapporti sociali. Le moderne forze produttive, si rivoltano facilmente contro i rapporti di proprietà costituiti dalla borghesia, con delle crisi cicliche continue che mettono in forse l’esistenza stessa del capitalismo. Il proletariato in particolare, giacché oppresso dal sistema, e ricevendo mediante il lavoro stesso i mezzi per la sua emancipazione, non può fare a meno di ingaggiare una dura lotta di classe. Laddove la borghesia in cerca di nuovi mercati ha reso globale lo sviluppo ed anche l’oppressione, il proletariato costituirà una classe globale e non locale (“Proletari di tutto il mondo unitevi”).

2) La tensione tra forze produttive e rapporti di produzione,

si traduce nei fatti in una lotta di classe. Marx per effetto nella sua visione dialettica, pur riconoscendo, l’esistenza di una molteplicità di classi sociali vede come attori protagonisti dello sviluppo storico coppie di classi antagoniste (aristocrazia-borghesia, borghesia-proletariato). Così una classe si fa espressione del mutamento delle forze produttive e dell’istanza rivoluzionaria, mentre l’altra classe si fa espressione dei rapporti di forza vigenti e diviene forza reazionaria.

3) Marx propone così una visione di socialismo scientifico (la scientificità è garantita dalla dialettica), che contrappone alle altre forme di socialismo:

Il suo socialismo scientifico, si basa invece su un’analisi critico-scientifica (di tipo storico) dei meccanismi sociali, attraverso i quali è possibile individuare nei proletari il soggetto della forza rivoluzionaria in grado di abbattere il sistema borghese

IL CAPITALE:

Economia e dialettica: Marx è convinto che non esistano leggi universali dell’economia e che ogni formazione abbia caratteri e leggi storiche precisi. In secondo luogo è convinto che la società borghese (come ogni società e secondo uno schema hegeliano) porti in sé stessa contraddizioni strutturali e che i diversi elementi del sistema economico vadano letti e studiati non isolatamente, ma come totalità organica. Bisogna allora rintracciare gli elementi di fondo astraendo da quelli secondari, in modo da mettere in luce le caratteristiche strutturali e le tendenze di sviluppo.

Merce, Lavoro

La merce, il prodotto, deve avere innanzitutto un valore d’uso, ovvero deve determinare un bisogno e soddisfarlo. I bisogni possono essere reali o indotti. La merce ha poi un valore di scambio che è l’unità di misura che permette lo scambio di merci. Tale valore è calcolato in base al lavoro socialmente necessario per produrla. Il valore di un oggetto non determina immediatamente il prezzo. Che viene stabilito piuttosto dalle circostanze (legge della domanda e dell’offerta).

Nel capitalismo è che la produzione non è finalizzata al consumo, ma all’accumulo. Mentre la merce dovrebbe produrre denaro per comprare altra derce (secondo lo schema MDM), nel capitalismo il Denaro iniziale deve essere investito per produrre Merce. Dalla vendita della merce si otterrà una quantità di Denaro maggiore (DMD+). Se lo scambio tuttavia fosse unicamente regolato dal valore della merce la somma DMD+ dovrebbe dare zero. I costi di produzione sono infatti il valore della merce, che rivendendola dovrebbero darmi nuovamente i costi iniziale.

PLUSVALORE

Se non è così, ciò è dovuto al cosiddetto plus-valore. Nella produzione della merce infatti il capitalista ha a che fare con una merce particolare: il lavoro dell’operaio. Merce che egli acquista remunerandolo (salario). A quest’ultimo egli non paga interamente il suo lavoro, ma una parte (su dieci ore di lavoro, per esempio, sei le paga e le altre quattro le accumula). Il plus¬valore dell’oggetto è di fatto legato al plus-lavoro dell’operaio.

La merce lavoro è vale a dire l’unica in grado di creare plus-valore. L’unica cioè che produce altre merci che hanno un valore superiore al costo del mantenimento dell’operaio stesso. In altre parole è il lavoro stesso in sé un eccedenza, un di più. Anche il mulo ruotando sulla macina con il suo lavoro produce una merce, ma noi non attribuiamo a quella merce prodotta una valore aggiunto (cui possiamo poi dare un prezzo).

N.B: Marx vede lo sfruttamento dell’operaio, non come una furberia del capitalista, ma come meccanismo necessario, se partendo da una quantità di denaro, la si vuole accrescere, attraverso la produzione di merci. Lo sfruttamento è dunque costituivo del sistema capitalistico .

Il capitalista può sfruttare il lavoro dell’operaio solo in quanto possiede i mezzi di produzione. Il valore della merce è infatti determinato per un verso dal salario (costo variabile), per altro verso da spese fisse (il costo dei materiali, le spese di manutenzione). Il saggio del plus-valore (la percentuale di guadagno del capitalista) è una proporzione tra il plus-valore e il costo del salario (capitale variabile).

Se un oggetto vale dieci ore di lavoro e il capitale variabile corrisponde a sei ore di lavoro, l’oggetto acquisterà un plus-valore di quattro ore lavorative. Il saggio del plus-valore sarà di 4/6, ovvero del 66 %, che corrisponde al vantaggio che ne trae il capitalista (se lo vende al suo reale valore guadagna il 66 %, ma potrebbe anche scegliere di incrementare la produzione e vendere il prodotto al disotto del suo valore effettivo. É quello che fanno per esempio le grosse compagnie produttrici).

Il profitto non corrisponde poi immediatamente al saggio del plus-valore, in quanto a tale somma vanno sottratte le spese fisse (costi dei macchinari, innovazione, materie prime ecc.). Contraddizioni del capitalismo (opzionale): La tendenza all’accumulo di capitali, determina il tentativo di accrescere il plus valore. 1) Il primo modo è aumentando la giornata lavorativa. Tale operazione raggiunge però una soglia limite, oltre il quale il lavoro dell’operai non è produttivo.

Si lavora allora ad 2) aumentare la produttività del lavoratore attraverso il miglioramento delle tecniche di produzione (nel lavoro in serie è dimostrato,per esempio, che se una sola persona esegue una sola operazione lavora d una velocità infinitamente maggiore, allora anziché lasciare che un unico operaio produca interamente l’oggetto, si spezzetta la produzione in fasi e gli si assegna una sola delle fasi) o l’innovazione tecnologica.

Il lavoro di fabbrica è dunque alienante,

anche perché il lavorato perde il contatto con, l’oggetto prodotto, specializzandosi su un unico particolare, diventando “l’automa semovente L’aumento della produzione genera crisi cicliche di sovrapproduzione.Si arriva ad un punto di rottura nel quale la merce è venduta sottocosto, oppure è superiore all’offerta.

 La ricerca costante di nuovi mezzi di produzione determina un accrescimento del capitale fisso (costi per innovazione) e determina una tendenza all’abbassamento del profitto. Un produttore crescendo tuttavia le imprese minori, sino a costituire degli monopoli. Quando poi i concorrenti diventano pochi, allora, non risulta più convenite competere, ma molto più utile accordarsi (guarda le compagnie petrolifere). Il risultato sarà una minoranza industriale dalla gigantesca ricchezza e una maggioranza operai sfruttata.

LA RIVOLUZIONE PROLETARIA:

Date queste presse costitutive del sistema capitalistico, secondo Marx .si sarebbe arrivati necessariamente ad un punto di rottura. Le masse operaie, proprio attraverso il lavoro, acquistando coscienza di sé, avrebbero rappresentato gli attori della rivoluzione. Marx concepisce le trasformazioni storiche come “salti” o rotture forti. Ciò vuol dire che la rivoluzione non porterà ad una diversa forma di proprietà privata o divisione del lavoro, ma all’abolizione della proprietà privata e della divisione del lavoro. Lo strumento per tale rivoluzione è la socializzazione dei mezzi di produzione.

Marx non esclude che ci possano essere forme non violente di superamento del capitalismo, ovvero, vie pacifiche al socialismo e tuttavia ritiene la rivoluzione il mezzo più adeguato.

La rivoluzione proletaria avrà come obiettivo l’abbattimento dello stato moderno e delle sue forme istituzionali.

Il compito del proletariato non è quello di impadronirsi della macchina statale borghese, manovrandola ai propri scopi, ma di distruggerne i meccanismi di fondo.
Lo Stato è infatti l’espressione della classe dominante ed è il modo con cui quest’ultima legittima il suo dominio. Il proletariato che si pone come obiettivo il comunismo, intende superare la divisione in classi e dunque anche lo Stato.

Il passaggio non può però essere immediato. Subito dopo la presa di potere del proletariato si avvierà dunque una dittatura comunista. Ovvero una fase nella quale il potere andrà al lavoratore. Mentre, tuttavia, in passato una minoranza di oppressori sfruttava una maggioranza di oppressi, in questo caso si avrà la dittatura di una maggioranza (Marx guarda come modello la comune parigina). Il proletariato tuttavia abolendo le classi condurrà ad un deperimento dello Stato.

Marx non fornisce un modello dettagliato delle future società comuniste. Questo perché concepisce l’avvento del comunismo, non come effetto di un pensiero (sovrastruttura), ma come una trasformazione reale (struttura) e necessaria, che egli si limita semplicemente a preannunciare.

Marx distingue tuttavia tra un comunismo rozzo ed uno superiore.

Nel primo la proprietà privata verrà abolita solo per essere trasferita in proprietà di tutti. La proprietà privata viene dunque universalizzata e non eliminata, mentre di fatto la comunità finisce con l’assumere il ruolo di capitalista in grande scala. Il comunismo autentico stabilisce invece una soppressione totale della proprietà privata. Nel quale l’uomo supera il limite sociale e antropologico della proprietà. Allora

  1. in una prima fase l’uguaglianza verrà determinata dal misurare con una misura eguale il lavoro erogato (pagando tutti allo stesso modo per una stessa quantità di ore). In un secondo momento abbattuta la visione stessa del salario, quando il lavoro non costituirà più un mezzo di vita, ma il primo bisogno ella vita,
  2.  ad ognuno verrà dato secondo le proprie ‘capacità e i propri bisogni: l’idea di un lavoro non più costrittivo, ma creativo nel quale l’uomo realizza se stesso permettere il superamento della società borghese, (viene conservato lo sviluppo tecnologico, ma tolta la proprietà privata).

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