Logica: Hegel dopo la Fenomenologia. Riassunto

La Logica è la prima parte del cosi detto sistema, entro il quale Hegel intende racchiudere la scienza come complesso strutturato della totalità della conoscenza. Anche la Fenomenologia pur essendo introduzione alla scienza fosse già considerata scienza. La logica, avendo la coscienza affrontato il percorso di elevazione del punto di vista assoluto, entra tuttavia a pieno titolo nel regno della scienza. Adesso il movimento di sviluppo dell’Assoluto è visibile dal punto di vista dell’Assoluto stesso. La logica come primo sviluppo del sistema rappresenta perciò il momento originario; l’istante zero del movimento attraverso il quale si struttureranno tanto l’essere quanto il pensiero.


Essa è perciò una sorta di cosmologia, per la quale prima di dare origine al mondo (l’estraneazione dello Spirito), lo Spirito stesso riflettendo su se stesso, determina le strutture tanto del pensare quanto del reale. Un po’ come per i medievali succedeva che la creazione della realtà era preceduta da una sorta di regno delle idee che corrispondeva ai pensieri di Dio, la logica descrive questo momento iniziale per la quale vengono le categorie del mondo e del pensare. In questo senso la logica è :”l’esposizione di Dio come egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito”.

La Logica e le innovazioni di Hegel

Già con Aristotele avevamo visto che la logica e la metafisica si incontravano nella trattazione delle categorie. Queste erano sia strutture della realtà, che strutture del pensiero. Adesso, riproposta la coappartenenza originaria del pensiero e dell’essere, le categorie sono per così dire piene di realtà. Esse inoltre non vengono “trovate” come succedeva per Aristotele o Kant, ma essendo riconosciute come risultato di un processo, sono il risultato di un processo.

La comune struttura logica, mondo e pensiero, che è poi la ragione stessa dispiegata, spiega perché al pensiero una volta posto è data la possibilità di togliere la differenza tra sé e il mondo e con ciò di riappropriarsi di quella unità originaria. Tale movimento è poi il compimento dello Spirito stesso. Lo Spirito in quanto soggetto può giungere dunque a consapevolezza di sé tramite il ritorno della singola soggettività all’universale (Plotino).
Hegel per chiarire questo punto ripropone i diversi modi di intendere il rapporto tra pensiero ed essere:

La logica hegeliana di divide in logica:

  1. dell’essere (qualità, quantità, misura),

  2. dell’essenza (essenza come ragion d’esistenza, fenomeno, realtà in atto) e

  3. del concetto (concetto soggettivo, oggettivo, l’idea).

1) L’essere come qualità

(a- essere [a.1- essere, a.2- essere determinato, a.3 – essere per sé], essere determinato, essere per sè)

Il punto di partenza della logica è il concetto più vuoto e astratto di tutti quello dell’essere, come essere assolutamente indeterminato, privo di ogni possibile contenuto. Per questa ragione esso coincide immediatamente con il nulla. Il concetto di tale identità è il divenire (come continuo passaggio dall’essere al non-essere). L’essere e il nulla come pura astrazione si oppongono poi all’essere determinato, che viene richiamato e posto in luce proprio in tale opposizione. L’essere in quanto determinato è allora qualità, quantità e misura. Tutte queste categorie sono considerate nel loro isolamento e non in relazione l’una alle altre. Quando l’essere riflette su se stesso per scorgere le proprie relazioni interne, diviene essenza.

2) Dottrina dell’essenza

2.1) l’essenza come fondamento dell’esistenza, 2.2) il fenomeno e la 2.3) realtà in atto (o fenomeno realizzato)

Già in Aristotele i molteplici significati dell’essere erano riconducibili all’essere come sostanza/essenza. Se andiamo alla ricerca del significato più profondo dell’essere, troveremo l’essenza. L’essenza è dunque prima una semplice riflessione dell’essere. Poi si estrinseca nel fenomeno per trovare piena attuazione come realtà effettiva. L’essenza è dunque una categoria logica quanto ontologica. Le categorie fondamentali dell’essenza sono

2.1) L’essere riconoscendosi identico a se stesso e diverso dalle altre essenze scopre la propria ragion d’essere, che è appunto l’esistenza. Come già aveva ragionato S. Tommaso, il puro Essere (l’essere di Dio) è l’unico che ha come essenza la sua esistenza, ovvero l’unico in cui essenza ed esistenza coincidono. Detto altrimenti l’essenza dell’essere è che l’essere è (esiste/Parmenide). L’apparizione dell’esistenza è il fenomeno, intesa da Hegel come manifestazione, realizzazione dell’essenza (non come esterno ingannevole di un interno nascosto).

Questa dialettica tra il fenomeno e la sua realizzazione l’abbiamo già vista a proposito del gioco delle forze. Lì lo sforzo dell’intelletto era appunto quello di capire che ciò che egli intendeva come l’essenza nascosta delle cose era in realtà il suo apparire. Inessenziale non c’è nulla che non si manifesti, perché fuori da questa manifestazione l’essenza non è reale (l’essenza si realizza, nel senso di farsi reale, dunque la realtà dell’essenza (la sua esistenza per l’appunto) è la sua apparizione: il fenomeno. Per cui l’esistenza dell’essenza è il fenomeno e il fenomeno è la piena realizzazione dell’essenza. Le tre relazioni che caratterizzano la realtà in atto sono la 2.3.1) sostanzialità, 2.3.2) la causalità e la 2.3.3) reciprocità. L’essere considerato prima nella sua immediatezza nella sua riflessione interna, nel cercare la verità di se stessa si scopre come essenza.

3) Il concetto è soggettivo o puramente formale, poi oggettivo e si manifesta negli aspetti fondamentali della natura e infine è IDEA, come unità del soggettivo e dell’oggettivo, come ragione autocosciente.

Così determinato e arricchito della riflessione in sé l’essere diventa concetto, come concetto della ragione (non è il concetto dell’intelletto, contrapposto alla realtà), spirito vivente della realtà. Mentre il concetto della logica classica è contrapposto alla realtà effettiva, ovvero al particolare e al singolare, il concetto della ragione è quello che abbiamo visto scaturire dal fenomeno come realtà in atto. Esso è allora un ritorno della ragione dall’elemento dell’essere a quello del pensiero, ma un ritorno che mantiene ciò che ha tolto (la realtà effettuale). Il concetto allora “è ciò che è in tutto e per tutto concreto”.

L’universale concreto riunisce in sé i tre momenti di universale, particolare e individuale (pensa ad individuo non come a “persona”, ma come ad un che di individuato “questa penna qui” è un individuo). Fonde nell’individualità l’universale e il particolare. Mentre nella struttura aristotelica genere, specie e individuo sono organizzate gerarchicamente, per Hegel l’individuo è il risultato del gioco dialettico dell’universale e dell’universale; questo gioco di universalità, singolarità e individualità è il concetto stesso, pensato come sillogismo.

Il concetto soggettivo si esprime infatti dapprima nei suoi tre aspetti (universalità, particolarità, individualità), poi come giudizio e infine come sillogismo. Il sillogismo esprime da un punto di vista formale la razionalità del tutto, che è logica nel senso greco di logos. Ogni cosa è sillogismo, ogni cosa è concetto, perché ogni cosa è razionale. Ogni individualità concreta, ogni essere e ogni attività e qualunque aspetto è la manifestazione dell’universalità, che attraverso caratteri specifici (singolarità), si manifesta come realtà effettuale (individualità).
Nota: Il concetto riassume in sé facendole scaturire da sé i tre momenti della logica classica (Categorie, giudizi, ragionamenti).

Il concetto come oggettività costituisce le categorie fondamentali della natura: meccanicismo, chimismo e teleologia.

L’ultima categoria è l’Idea, unità di ideale e reale. Essa è la totalità della realtà in tutte le sue determinazioni. Nella sua forma immediata essa è vita, cioè anima relazionata al corpo, poi è conoscere nel quale il soggettivo e l’oggettivo appaiono distinti e tuttavia uniti (riferiti sempre alla sua realtà). Il conoscere può assumere la forma teoretica o la forma pratica. Al di là della vita e del conoscere come loro unità si dà l’Idea assoluta come identità di idea teorica e pratica.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA

L’idea come identità teorica e pratica, costituiva il punto di arrivo della logica, quest’ultima nel realizzarsi, passa nella forma dell’essere altro, come esteriorità che si aliena, come Natura. L’idea in altri termini deve cioè realizzarsi determinarsi nel suo essere altro, essa facendosi reale rappresenta la contraddizione assoluta. Considerata in sé (nel suo concetto) infatti l’idea in quanto totalità di vita e conoscere è divina, nel realizzarsi essa assumendo la forma dell’esteriorità non corrisponde al suo concetto ed è inadeguata a se stessa. Il concetto dell’idea è quello dell’assoluta identità di soggetto e oggetto, mentre nella natura il concetto è nella forma dell’esteriorità oggettiva.

La Natura è il sonno dello Spirito il quale in questa “caduta” smarrisce il lato soggettivo, l’elemento della consapevolezza di sé.

Nella natura lo Spirito resta sempre idea, quale assoluta unità e tuttavia è un idea inconsapevole. Le divisioni fondamentali della filosofia della Natura sono:1) la meccanica, 2) la fisica e la 3) la fisica organica. La meccanica considera l’esteriorità che è l’essenza della natura o nella sua astrazione (spazio tempo) o nel suo isolamento (materia, movimento) o nella sua libertà di movimento (meccanica assoluta). La fisica comprende la fisica dell’individualità universale cioè degli elementi della materia, la fisica dell’individualità particolare delle proprietà fondamentali della materia (peso, coesione, suono, calore) e la fisica dell’individualità totale (proprietà magnetiche elettriche, chimiche). La fisica organizza comprende la natura geologica, quella vegetale e l’organismo animale.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

Lo Spirito come Natura si è inabissato nell’elemento dell’assoluta oggettività dapprima risalendo via, via la strada dall’inorganico all’organico. E tuttavia è nell’uomo che esso può acquisire consapevolezza di sé, farsi soggettività e libertà, ovvero auto creazione e auto produzione. Lo Spirito è dapprima soggettivo, poi oggettivo e infine assoluto.

1) Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla Natura, attraverso un processo che dalle forme elementari di vita arriva alle più elevate attività conoscitive. Lo spirito soggettivo è diviso in 1.1) antropologia, 1.2) fenomenologia, 1.3) psicologia.

2) lo spirito oggettivo: Qui lo spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete, ovvero in quell’insieme di determinazioni sovra-individuali che Hegel in senso lato definisce diritto. Qui si ha 2.1) il diritto astratto, 2.2) la moralità, 2.3) l’eticità.

Il diritto astratto (2.1.1 proprietà, 2.1.2 contratto, 2.1.3 diritto contro il torto):
il diritto astrato (diritto privato più parte di quello penale) riguarda l’esistenza esterna delle persone, concepite inizialmente come astratti soggetti di diritto. Le persone trovano il loro primo compimento in una cosa esterna che è la proprietà. Il possesso materiale trova la sua effettualità soltanto nella legittimazione giuridica e dunque nel contratto. Nel momento in cui il diritto si incarna nel contratto (immagina il contratto sociale) si genera il torto che nel suo aspetto peggiore è il delitto. Affinché il torto, che rappresenta una lacerazione del tessuto etico, venga risanato è necessaria una pena, un castigo, che serva da espiazione della colpa. La dialettica del diritto contro il torto per essere sanata ha tuttavia necessità che il reo confessi la sua colpa, che la riconosca cioè interiormente come colpa.

2.2) LA MORALITÀ (2.2.1 il proponimento, 2.2.2 l’intenzione e il benessere, 2.2.3 il bene e il male):

l’esigenza di sanare il conflitto tra diritto e pena sfocia dunque nella morale, sfera della volontà soggettiva. L’azione morale è frutto di un proponimento, ovvero di un’intenzione. Il fine dell’azione per Hegel è il benessere (morale eudaimonistica) che elevato nella sua universalità è il bene in se e per se ( immagina il principio di universalizzazione kantiano). Ma il bene così determinato è ancora un’idea astratta che attende di realizzarsi mediante l’opera di una volontà considerata pure nella sua astrattezza (essa può anche essere interiormente cattiva ed esternamente realizzare il sommo bene). Il bene assume dunque l’aspetto del dover essere e la contraddizione tra la soggettività della volontà chiamata a realizzarlo e l’oggettività del bene in se si fa evidente.

2.3) L’ETICITÀ (2.3.1 la famiglia, 2.3.2 la società civile, 2.3.3 lo Stato):

la contraddizione tra l’universale e il particolare, seguendo una suggestione già accennata nella fenomenologia, non può essere risolta da una coscienza singola, che per l’appunto non è in grado di trattenere nell’opera (risultato della sua azione) i due elementi, ma cercandone uno trova immediatamente l’altro. Quando essa crede di realizzare il bene in se, la legge universale, finisce soltanto con l’abbassarla a legge etica a trastullo dell’io, ossia per far del soggetto il signore del bene e del male.
L’etica è quella stessa morale nell’elemento dell’oggettività, ovvero incarnata nelle istituzioni entro cui si svolge la vita della collettività e dello spirito di un popolo. La prima forma di eticità è la 2.3.1) famiglia segue

2.3.2) la società civile.

L’individuo attraverso l’educazione riceve impressa su di se, una sensibilità, una misura del mondo, criteri di giudizio, aspirazioni che condizioneranno le sue scelte i suoi giudizzi morali. Tale educazione è la prima forma di incarnazione dell’eticità. Essa, tuttavia, sussiste ancora come espressione del soggetto singolo. Quest’ultimo una volta uscito fuori dalla particolarità del proprio ambiente familiare si troverà difronte altrettanti individui che come lui, hanno interiorizzato l’educazione della famiglia e che la intendono come universale. La società civile è espressione di questa diseguaglianza iniziale, nella quale il tessuto sociale non è ancora stato ricomposto e i diversi interessi sono disgregati.

2.3.3) Lo Stato

Rappresenta il ritorno all’unità, da questa disgregazione. Esso è una sorta di famiglia in grande, nel quale l’ethos di un popolo si esprime consapevolmente. E’ l’incarnazione suprema della moralità sociale e del bene comune. Per Hegel a differenza che per i tanti teorici contrattualisti lo Stato non riceve legittimità dai proprio cittadini. Essendo ciò per cui gli individui realizzano la propria individualità e ricompongono le proprie scissioni è piuttosto vero il contrario. Il cittadino ha la sua ragione d’essere nello stato, mentre lo Stato la sua ragione d’essere in se stesso e non abbisogna di ulteriori legittimazioni. Espressione dell’eticità consapevole è poi la legge, che esprime l’universale consapevolmente, lo Stato pensato da Hegel è perciò uno Stato delle leggi (Rechtstaat).

La struttura dello Stato passando per i tre poteri (legislativo, esecutivo giudiziario), si condensa nella figura del principe (monarca) il quale ha il compito di ricompattare nell’elemento dell’unità e della libera volontà che si è dispiegata nei tre poteri. La volontà del sovrano deve però essere una volontà pura, ed egli effettivamente ha il solo potere di dire “si”, alle decisioni prese dal governo.

LA FILOSOFIA DELLA STORIA

E’ una parte del pensiero hegeliano di cui non ci occuperemo nello specifico. Presa in generale la questione si potrebbe ridurre nei seguenti termini. Dacché la coscienza non può realizzare l’unità di singolare e particola restando come coscienza singola, essa deve guardarsi come coscienza concreta. Coscienza storica. Deve cioè porsi in relazione con il Noi della comunità, che trova espressione, l’abbiamo visto, nella famiglia, nella società civile e nello Stato. Per fare ciò ha bisogno di guardare al suo ethos, allo spirito del suo popolo, come a un divenuto. Lo spirito di un epoca sarà il frutto di una storia di un’evoluzione che ne motiverà anche il contenuto (es: la Sicilia è un luogo di mafiosi perché è stata a lungo dominata). Visto dal lato dell’assoluto la storia è piuttosto il momento del suo dispiegamento, lo Spirito si fa concreto reale in un evoluzione.

Questo percorso è propriamente oggetto della filosofia della storia.

Essa vede nell’evento storico il dispiegarsi di una razionalità, percepita dal lato del singolo come destino, che esprime piuttosto la necessità degli sviluppi dello Spirito stesso. Il fine della storia è perciò la realizzazione dello spirito. I mezzi sono gli individui concepiti come singoli e come popolo. Come popolo essi incarnano lo spirito di un’epoca, e dunque la conservazione dei valori. Come singoli ( eroi cosmo-storici) incarnano il rinnovamento, il cambiamento.

Dietro le passioni, le aspirazioni dei singoli ( se essi si fanno interpreti dello spirito del tempo) v’è dunque la volontà universale che si realizza. I grandi uomini della storia ( Alessandro, Cesare, Napoleone), sono perciò interpreti del movimento dello Spirito che sottende le loro gesta. Occorre dunque precisare che la riconciliazione dello Spirito con se stesso, il suo ritorno ad unità, non è un movimento di pensiero e non è certo ilo filosofo con i suoi libri che può realizzarla. Essa è piuttosto una riconciliazione storica, per la quale le differenze e le scissioni verranno sanate. Per le quali l’individua sarà immediatamente in unità e armonia con la comunità (ciò significa senza ricevere ne commettere ingiustizie) e vedrà in essa immediatamente realizzata la sua libertà.

3) LO SPIRITO ASSOLUTO

lo Spirito Assoluto è l’ultima parte del sistema ed è il momento in cui l’Idea giunge alla piena consapevolezza di se. Tale auto-sapersi dell’Assoluto non è qualcosa di immediato ma risultato da un processo dialettico che passa attraverso l’arte, la religione e la filosofia. L’arte conosce l’Assoluto nella forma dell’intuizione sensibile, la religione come rappresentazione e la filosofia come puro concetto.
3.1) la rappresentazione artistica dell’Assoluto vive in modo intuitivo e immediato quella fusione di soggetto e oggetto,

3.2) la religione che pensa la relazione tra uomo e Dio, il particolare e l’universale, è in grado di rappresentarsela (l’arte la intuiva), ma non di concettualizzarla. Hegel quando parla di religione ha in mente la religione come fenomeno socio-antropologico, la religione come sentimento popolare (non ad esempio la teologia, che è già filosofia).

3.3) nella filosofia che è l’ultimo momento dello Spirito Assoluto, l’Idea giunge alla piena e concettuale coscienza di se. Attenzione la filosofia esprime lo Spirito di un epoca, essa porta a consapevolezza lo Spirito secondo la sua evoluzione.

Nel cammino storico, vale a dire, se lo Spirito è estraneo o riconciliato, la filosofia porterà ad espressione quella stessa riconciliazione o estraneazione. Hegel immagina la sua epoca come un epoca di gestazione, nel quale la storia del suo popolo (quello prussiano) incarna le vicende di uno Spirito realizzato ( nello Stato prussiano). E la sua propria filosofia come l’espressione di quella riconciliazione. L’idea allora ritornata entro se, può ricominciare il movimento dialettico.

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