Tempo di lievitazione: l’ingrediente segreto

Ho deciso di considerarlo un vero e proprio ingrediente: il tempo di lievitazione. Questo perché dal modo in cui lascerete lievitare il vostro impasto dipenderà tanto del risultato finale.

[su_pullquote align=”left”]L’Eternità è innamorata delle opere del tempo.

William Blake[/su_pullquote]

Al lievito dovete solo concedere tempo. Questo è l’unico vero segreto di una buona lievitazione: capire qual’è il giusto tempo. Giusto rispetto alla quantità di lievito che avete usato e alla temperatura esterna, ma anche rispetto alle farine che usate.

I lieviti infatti non si limitano a far “gonfiare” l’impasto, ma anche a metabolizzarlo per noi, restituendoci un prodotto più digeribile e nutrienti essenziali.

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Il post è piccolo ed ho poco tempo per convincerti… Se metti un bel “mi piace” avrai tanta fortuna! 😛

  Diffidate da chiunque  vi dia tempi precisi di lievitazione. Quest’ultima è un processo naturale soggetto ad infinite variabili, che dipendono dalla temperatura esterna, dal tipo di farine e anche dall’idratazione dell’impasto. Se poi optate per il lievito madre le variabili aumentano visto che non si tratta di un unico ceppo batterico, ma di fermentazioni miste lattiche e alcoliche in competizione tra loro. La forza del lievito madre aumenta nel tempo per cui vi accorgerete che l’impasto ci mette sempre meno tempo a lievitare. 

Dovrete imparare a rinunciare alle dosi industriali di lievito di birra, quelle che vi garantiscono una lievitazione “esplosiva” in 3/4 h. Perché quello non è il giusto tempo di lievitazione di un impasto.

I batteri avranno gonfiato l’impasto, ma non avranno fatto in tempo a scomporlo e inoltre  parte di essi resterà nel vostro intestino a finire comodamente il lavoro che non gli avete lasciato fare in santa pace.

I risultato sarà uno stomaco gonfio e senso di pesantezza. Sappiate però che nella maggior parte dei casi il problema non è il tanto bistrattato lievito di birra in sé, ma come visto il tempo che gli avete concesso di lavorare!

Gli elementi che vi serve tenere in considerazione sono:

 

La temperatura esterna:

più è alta e più velocemente “gonfierà” l’impasto. ciò però non vuol dire che esso sia pronto. Dovete sempre considerare almeno 6/8 h di lievitazione per cui d’estate conviene ridurre la dose di lievito.

L’umidità:

Sia quella esterna che quella dell’impasto. L’acqua accelera il lavoro dei batteri, più un impasto e “umido” e più facilmente lieviterà. Una delle ragioni per cui la pizza napoletano vuole così poco lievito è anche l’alta idratazione (sopra il 62%).

La forza della farina:

Farine più robuste vogliono più tempo per maturare. La classica Manitoba che rende “magico” il vostro impasto è carica di glutine, ma ha bisogno di maturare almeno 12 h e regge fino a 72 h.  Questo vuol dire che dovrete conoscere le farine che usate e “accompagnare” lievitazione e maturazione, in modo che abbiano tempi sovrapponibili. Se avete optato per una lievitazione “lenta” vi serve una farina di forza, basse temperature, pochissimo lievito e tanto tempo ovviamente.

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Farina e tempo di lievitazione

Per le pizze da forno serve quindi una farina di forza media compresa tra i 180 a 250 che sceglieremo in funzione dei tempi di lievitazione e dell’idratazione che vogliamo fare. Per le pizze da teglia servono invece di farine più robuste con alte idratazione e tempi di lievitazioni più lunghi. In questo caso un po’ d’olio mettetelo nell’impasto, vi aiuterà in morbidezza.

Inutile dire che si tratta di farine 0 e 00. La macina a rullo, al contrario, può restituire un prodotto “integrale” solo a patto di aggiungere successivamente gli scarti della macinazione, che è poi la ragione per la quale la farina integrale può presentarsi “brizzolata”. In pratica è una 00 con i suoi stessi scarti dentro (crusca o cruschello).  Insomma preoccupatevi più della qualità del grano che del modo con cui viene macinato. Le caratteristiche che ci interessano di una farina sono altre.[/su_spoiler]

Le fasi della lievitazione:

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La fase iniziale è quella immediatamente successiva all’impastamento.

Durante la lavorazione l’impasto inevitabilmente avrà riscaldato e assorbito acqua per cui ha bisogno di riposare per prendere forza. Successivamente il panetto unico va suddiviso in parti più piccole di 180-250 gr. ciascuna. Questa fase è detta staglio ed è la più delicata: un eccessivo maneggiamento rischia di togliere aria o rilassare troppo la magli glutinica appena formatasi. Se l’impasta ha sovra lievitato non c’è verso di toccarlo senza che si rompa, ma questo non necessariamente un male, anzi togliere aria può essere l’unico modo di salvare il salvabile. Tenete conto poi che allo staglio segue l’appretto che è la lievitazione propriamente detta, per cui non dubitate che il panetto rigonfierà se le farine sono sufficientemente forti.

La lievitazione standard è in genere 2h di puntata e 6h di appretto.

Su queste fasi però ci si può giocare molto. Non esistono regole precise e molto dipende anche dalle proprie abitudini e preferenze. Fare puntate molto lunghe aiuta nel caso in cui si gestiscano grandi quantità di impasto e lunghe lievitazioni.

Il lievito madre ha logiche un po’ diverse dal lievito di birra

I tempi di lievitazione sono di norma più lunghi, ma in questo caso alle variabili di sopra dovrete anche aggiungere la composizione (unica) del vostro lievito e la sua forza lievitante (che conoscete solo voi) e il modo con cui interagisce con le farine usate. Lievitare usando pasta madre per meno di dieci ore per me non ha neanche senso, visto che il bello è proprio lasciare che i lieviti e i batteri sapientemente coltivati facciano a dovere il loro lavoro. L’acqua accelera e anche di molto la lievitazione per preparare una sorta di preimpasto molto annacquato cui aggiungere dopo la farina faciliterà di non poco il lavoro.

Altri fattori che contribuisco alla buona riuscita dell’impasto sono l’areazione e l’uso del malto d’orzo (o in caso non l’abbiate lo zucchero). Mentre quest’ultimo non varia di molto la lievitazione con il lievito di birra risulta decisivo per il lievito madre, anche rispetto agli aromi che rilascia alla fine.

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Se non volete farlo per me, fatelo almeno per il lievito madre 😛

 

Se decidete di usarlo sappiate che la temperatura dei frigo domestici è circa 8/10 gradi e che va benissimo per le lievitazioni anche di 72 h. Con temperature è più bassa potreste anche interrompere del tutto la lievitazione, quindi non vedrete gonfiare il panetto. Questo per non vuol dire che non stia succedendo nulla la dentro, al contrario i batteri stanno “digerendo” l’impasto per voi. Se vi succede abbiate cura di tirare fuori i panetti dal frigo 8/10 h prima della lievitazione in modo che il panetto abbia tempo di acclimatarsi e lievitare.

Se al contrario la lievitazione riesce anche in frigo abbia solo cura di togliere i panetti dal frigo un paio d’re prima[/su_lightbox_content] La lievitazione è un’arte e come tutte le espressioni artistiche richiedono competenza, estro e versatilità. Provate e riprovate finché non trovate il vostro tempo. Nel frattempo prendetevi tempo per seguirmi anche su twitter!

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