La pizza napoletana è un prodotto DOC
Pizza è una parola antica, la si preparava già dal 1300 in mille modi diversi. La pizza napoletana tuttavia è un’altra cosa. E’ una specialità garantita dalla comunità europea e candidata dal 2011 a patrimonio immateriale dell’umanità presso l’UNESCO.
La pizza si sa in Italia è insieme alla pasta, al caffè, parte del DNA delle persone. Rappresenta l’immagine del paese nel mondo e si tratta senza dubbio di uno dei cibi più consumati e al tempo stesso imitati del globo. Nonostante ciò si tratta di uno dei cibi più semplici e poveri che la cucina conosca. Acqua, Farina, mozzarella, pomodoro, olio e basilico. Null’altro serve alla realizzazione di questo meraviglioso piatto.
Rappresenta in virtù della sua enorme notorietà anche uno dei cibi più reinterpretati, imitati e in molti casi maltrattati del mondo.
Dalla Louis XIII che da sola costa 8.300 euro, alla pizza americana,
Metti un bel like, un gesto semplice per te un’enorme gratificazione per me 🙂
passando per varie robacce con qualcosa sopra, la pizza resta un’indiscussa prelibatezza che puoi mangiare comodamente seduto in un locale, come pure tra le mani di corsa a pausa pranzo o ancora seduto sul divano davanti la tua serie preferita. Proprio la sua semplicità e la sua variabilità pare il segreto del suo successo. Le pizze però non sono tutte uguali. Ogni regione d’Italia ha reinterpretato l’impasto personalizzandolo. Ogni località ha le sue farine, le sue dosi, come le 7 note danno vita ad un infinità di musiche, acqua e farina da sole danno luogo ad una miriade di impasti, che un palato ben allenato saprà distinguere.
La pizza però nasce napoletana e se alcune modifiche “d’autore” sono segno di estro o di regionalizzazione della ricetta, altre sono solo frutto dell’incompetenza. Di recente i maestri piazzaioli napoletani hanno deciso di dare vita al disciplinare
In linea di massima esiste l’impasto alla napoletana e il grande pentolone dell’impasto alla romana che è poi un impasto “sbagliato”, che segue cioè altre regole sia rispetto all’uso delle farine che ai tempi di lievitazione.
Se è elastica, con un cornicione alto e sottile al centro, ben alveolata, dorata sui bordi, con la mozzarella sciolta, ma non stracotta al centro, il basilico messo in cottura ancora verde, si può piegare a portafogli quella è una pizza alla napoletana.
Se al contrario l’impasto tende più al croccante, con un cornicione che è più un porta pizza che qualcosa di buono da mangiare, stracotto, la cui fetta resta bella dritta ecco quella è una pizza alla romana. Discorso a parte meritano gli impasti alternativi che fanno uso di farine integrali, cereali misti, o farine locali più robuste. Si tratta di prodotti che pur discostandosi dalla tradizione napoletana sono ottimi in quanto a maturazione, lievitazione e varietà di sapori. Per favore però non usate mai espressioni come “pizza bella croccante come in pizzeria”, che delle volte vedo scritte persino sulle confezioni della farina.
La pizza non è croccante, i grissini lo sono e anche le gallette di riso, ma non la pizza!
Oggi armandosi di tanta pazienza di un buon fornetto ad uso domestico come il G3 Ferrari si riesce anche in casa a produrre ottime pizze con discreti risultati. In rete ho visto pizza che nulla hanno da invidiare a quelle fatte in pizzeria, anzi in alcuni casi, anni luce migliori. . Il problema principale ovviamente consiste nella cottura. la Pizza napoletana richiede alte temperature (dai 400 gradi in su) difficilmente raggiungibili dai forni domestici che non superano mai i 400 gradi. Il fornetto in questione con qualche piccolo ritocco riesce ad avvicinarsi a quelle temperature. Si tratta però pur sempre di un forno elettrico e ad uso domestico e purtroppo per esperienze personale tante volte si finisce per fermarla in cottura pur di non stracuocere il fondo o bruciare la mozzarella o “croccantizzare” il bordo. Non c’è niente di peggio di una pizza stracotta sul fondo.
Nella vita bisogna insistere se si vuole ottenere qualcosa, un bel like, suvvia che non costa nulla! 🙂
La doratura c’è, ma non è quella maculata che vi servono in pizzeria. Adattamenti migliori del fornetto richiedono ausili di potenziometri esterni, che bypassino quello imposto dalla ditta produttrice, deflettori idonei e cose ancora più complicate (ne ho visti di alcuni che montavano una piattaforma girevole sotto. Nella vita occorre accontentarsi e come vedete dalle foto i risultati non sono poi così malvagi. Bisogna innanzitutto divertirsi col cibo e appassionarsi.
Ho diviso l’argomento in diversi post per agevolarne la lettura:
LE FARINE NON SONO TUTTE UGUALI CHE LIEVITO USARE? L’INGREDIENTE SEGRETO: IL TEMPO ACQUA E SALE STESURA, CONDIMENTI E COTTURA LA VERACE: RICETTA E PROCEDIMENTO
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