Metodi di lievitazione: Lievito Madre, Pasta di riporto, Biga, Poolish.

Per i principianti sarà certamente difficile destreggiarsi nei vari metodi di lievitazione. Sono davvero tanti. Cerchiamo di fare una breve sintesi semplificando al massimo i concetti. Partiamo dalla differenza più importante di tutte: lievitazione, maturazione.

Lievitazione e maturazione

La lievitazione è processo per il quale l’agente lievitante produce gas, che una volta intrappolati nella maglia glutinica dell’impasto lo fanno aumentare di volume. In genere si tratta di anidride carbonica ed etanolo, ovvero sostanze di scarto del metabolismo anaerobico (fermentazione) di alcuni lieviti e batteri lattici (se usiamo il lievito madre). Oltre all’aria i lieviti predigeriscono per noi una quantità trascurabile di amidi (circa l’8% del totale), restituendoci un insieme di sottoprodotti interessanti per il nostro metabolismo questa attività è detta maturazione dell’impasto.

La farina come è noto è composta principalmente di amido, che però è per noi molto difficile da digerire a meno che non venga gelatinizzato (cotto). Le due principali molecole di cui è composto infatti, amilopectina e amilosio, assumono la forma di granuli compatti che non sono facilmente accessibili agli enzimi digestivi. Durante il processo di impastamento e nella successiva fase di riposo permettiamo agli enzimi naturalmente contenuti nella farina (amilasi e maltasi) di aggredire l’amido che viene scisso in maltosio e destrine, il quale a sua volta può essere scisso in molecole di glucosio. In questo modo aumentiamo la disponibilità di nutrienti per i nostri lieviti che non sono in grado di scomporre da soli gli amidi. Più zucchero avranno a disposizione lieviti e batteri più sarà veloce ed efficace la lievitazione. Inoltre una buona quantità di zuccheri ancora presenti in cottura faciliterà la doratura della superficie del prodotto (reazione di Maillard), dovuta proprio alla caramellizzazione degli zuccheri.

Da cosa dipendono i tempi di lievitazione

Più una farina è naturalmente ricca di enzimi più veloce sarà la maturazione, meno sarà enzimatica più lentamente l’impasto maturerà. Vuol dire che a fronte di un’impasto che ha quadruplicato il proprio volume troveremo ancora tanto amido non scomposto e la digestione potrebbe risentirne. Va però detto che una buona cottura dovrebbe risolvere qualunque problema di mancata maturazione del panetto. L’amido, una volta cotto, viene infatti denaturato e a quel punto sarò facile per i nostri enzimi digerirlo. Come vedete in nessun caso ho citato la parola glutine. Questo perché i lieviti non scompongono le proteine, ma gli amidi.

I tempi di lievitazione (aumento del volume) dipendono dalla quantità di lievito che usiamo, ma sopratutto dalle temperature, mentre i tempi di maturazione dipendono come detto dalla capacità enzimatica della farina. Ci sono allora diverse strategie per far in modo che i tempi di maturazione e quelli di lievitazione coincidano, la prima delle quali è la LUNGA maturazione. Mettendo pochissimo lievito lasciamo che l’impasto lieviti in almeno 6/8 ore e questa è la lievitazione minima sindacale affinché farine deboli maturino.

LEGGI L’ARTICOLO SULLE FARINE =>

Impasto diretto

Il senso delle due fasi della lievitazione (puntata e appretto) è sempre quello di lasciare che prima l’impasto maturi in massa e poi lieviti una volta diviso in panetti e fatta la formatura. Parte dell’aria che l’impasto ha formato durante la maturazione viene tolta in modo da lasciar fuoriuscire anidride carbonica ed etanolo prodotti di scarto del metabolismo dei batteri, che ne ostacolerebbero l’azione (ossigenazione del panetto). 

In tempi di queste fasi vengono gestiti a seconda dei risultati che si vogliono ottenere e dipendono dalle farine che si usano. Farine deboli reggono 6-8 ore di lievitazione, farine medie 12-24, farine di forza 24-48 h. Parliamo però di ore a temperatura ambiente (26-28 gradi). In generale però si considera la maturazione sempre nella prima fase (puntata), e la lievitazione sempre nella seconda (appretto). Quando si fanno lunghe lievitazione di 24h o 48 h bisognerebbe sempre considerare lunghe maturazioni in massa e appretti corti (4/6 ore) in aria ambiente. Queste tempistiche possono però essere modificate dall’uso del frigo. Il frigo come detto rallenta l’azione dei lieviti, ma non i processi di scomposizione degli amidi.

Se si vogliono quindi spingere farine deboli verso maturazioni più lunghe per lasciare che l’impasto liberi più linee aromatiche e maggiori quantità di zuccheri, allora occorre utilizzare il frigo. A questo punto la capacità di reggere dell’impasto dipenderà più da quanto avete riscaldato all’inizio l’impasto che dalla sua forza. Tutte queste strategie però entrano nel grande mondo degli impasti DIRETTI. Si usa cioè il lievito direttamente quale agente lievitante.

 Impasto indiretto

I metodi di lievitazione indiretti sono invece quelli che usano qualcosa per far lievitare qualcos’altro. Si tratta di fare un preimposto in forma liquida (Poolish) o solida (pasta di riporto/biga) con dosi variabili di lievito, cui verranno aggiunti il resto degli ingredienti per l’impasto finale (seconda lievitazione). In questo modo si lascia che parte della farina maturi una prima volta per poi essere aggiunta al resto degli ingredienti dove si rifarà di nuovo i due processi di maturazione e lievitazione.

Va da sé che queste metodiche hanno un senso quando trattiamo farine poco enzimatiche, che hanno cioè bisogno di lunghi tempi per lasciare che le poche maltasi e amilasi presenti facciano il lavoro. In genere più è forte la farina e più bassa sarà la sua attività enzimatica. Occhio però che se trattiamo farine integrali macinate a pietra queste avranno una carica enzimatica elevatissima. Questo perché gli enzimi, contenuti principalmente nella parte esterna del chicco, non sono stati denaturati durante il processo di macina. Per questo genere di farine quindi non sono adatti metodi di lievitazione indiretti. Una buona alternativa all’uso del malto diastatico, che ha la funzione di aumentare l’attività enzimatica delle farine è proprio aggiungere piccole quantità di farine integrali (sotto il 30%).

Quando le farine che usiamo sono deboli allora non è utile aggiungere lievito, ma solo lasciare che l’acqua e la farina attivino gli enzimi (senza lievitazione). In questo caso si parla di semplice autolisi della farina. Le ragioni in questo caso sono però legate all’esigenza di formare glutine.

LEGGI L’ARTICOLO SULLA CORDA DELL?IMPASTO=>

IL LIEVITO DI BIRRA

Inutile dire che il lievito di birra è il metodo di lievitazione più semplice e diffuso presso la grande industria come l’abitazione domestica. Che sia fresco o secco poco importa! Costa poco e si adatta a tutti gli usi e a tutte le farine.

Il lievito di birra è nei fatti una cultura di un unico batterio il Saccharomyces cerevisiae. Il batterio si nutre principalmente di zuccheri,  e restituisce importanti vitamine e sostante minerali. Nel nostro organismo contribuisce al riequilibrio della flora batteria intestinale. Contribuisce inoltre alla depurazione del fegato, al sostegno del sistema immunitario. Viene spesso utilizzato come integratore, proprio per le caratteriste sopra indicate. Il ceppo batterico  innesca fermentazioni alcoliche, produce gas che vengono intrappolati dalla maglia glutinica innescando così la lievitazione. Il lievito birra ha a mio avviso ingiustamente subito una campagna di demonizzazione finendo ingiustamente nel banco degli imputati insieme alle farine raffinate e al glutine.

Lo si associa ingiustamente al classico gonfiore intestinale e sete notturna successiva all’assunzione di prodotti da forno. Il vero problema riguarda le quantità di lievito da utilizzare e di conseguenza il metodo di lievitazione.

25 gr. di lievito di birra fresco (il  classico panetto per intenderci) associate a 2-3 ore di lievitazione, farebbero gonfiare anche il cemento armato, ma non lamentatevi poi se gonfia anche la vostra pancia…

E’ anche il metodo di lievitazione più semplice, che non richiede particolari preparazioni e che perciò consiglio ai principianti. Inutile buttarsi subito su lievito madre e farina integrale. I risultati possono solo scoraggiarvi ed è un vero peccato. 

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IL LIEVITO MADRE

Al lievito madre abbiamo dedicato diversi articoli al lievito madre, qui trovi il principale.

CHI HA PAURA DEL LIEVITO MADRE

A secondo delle temperature, della quantità d’acqua dell’ossigeno che riesce a consumare il lievito madre sarà più regolato verso una fermentazione alcolica piuttosto che acetica o lattica. Per cui il gioco delle temperatura per allungare o diminuire i tempi di lievitazione, avrà effetti più complessi sulla resa del prodotto finale. Il retrogusto acidulo che da il lievito madre ai prodotti finali è in teoria un difetto, che tuttavia a molti piace. Quando si usa lievito madre tuttavia l’unica vera lievitazione è quella diretta.

E’ concettualmente scorretto parlare di biga o poolish visto che se lasciate acqua farina e lievito madre a riposare otterrete altro lievito madre. Se tuttavia volete utilizzarli perché avete bisogno che l’impasto sviluppi più facilmente glutine tenete presente sempre che la quantità di lievito che state utilizzando non è quella di partenza, ma sarà tanto maggiore quanto avrete lasciato il pre-fermento a riposare.

Il lievito madre può anche essere mantenuto informa liquida piuttosto che solida ed in questo caso si parlerà di li.co.li.  La ciccia non cambia. I vantaggi di questo metodo sono la facilità nei rigeneri e il mantenimento di un lievito tendenzialmente più lattico, con uno sviluppo nell’alveolatura migliore. Se la pasta madre tuttavia è correttamente conservata non esistono differenze reali tra i due metodi e diventa una questione di preferenze personali.

I veri professionisti sono in grado di regolare l’acidità del lievito a seconda delle esigenze, ovvero di incentivare la fermentazione lattica piuttosto che quella alcolica. I dilettanti possono accontentarsi di mantenere vivo il lievito esultando pazzi di gioia ogni volta che vedono lievitare l’impasto :).

LIEVITAZIONE MISTA

Il lievito madre risente molto più del cambio di stagione e delle farine con le quali interagisce. Non stupitevi se ogni tanto fa cilecca e non lievita come dovrebbe. Se saputo usare regala un prodotto finale meraviglioso, ma richiede una sforzo e una cura che non si limita ai soli rigeneri periodici. Se avete un lievito madre in forze spinge in lievitazione quanto se non meglio del lievito di birra. Non sempre però si ha il tempo di preparare bene il lievito madre e in molti casi è più semplice utilizzare il cosiddetto esubero.

In tutti questi casi è più comodo aggiungere al lievito madre piccolissime dosi di lievito di birra. Quest’ultimo avrà il compito di stabilizzare la lievitazione. Non eccedete con le quantità perché tanto non si somma al lievito madre. Dovrà comunque spartirsi la piazza con tutti i microorganismi presenti nel vostro lievito madre.

L’effetto finale sarà quello di aver sommato i benefici del lievito madre (linee aromatiche, conservabilità del prodotto) e del lievito di birra.

 

PASTA DI RIPORTO

 

Anche la pasta di riporto ha tanti nomi. Crescente, criscito e milioni di altri. E’ in realtà il vero metodo di lievitazione delle nonne. Il nostro modo di utilizzare e conservare il lievito madre infatti consiste in una modifica dell’antico procedimento. Va da sé infatti anticamente non esistessero i frigoriferi, che è poi la ragione per cui probabilmente tanti anni fa nacque il lievito madre. La pasta acida è semplicemente un impasto che è inacidito, né più, né meno di quello che succede alla panna o allo yogurt con il latte.

Il metodo consiste semplicemente nel mettere da parte parte dell’impasto da parte e utilizzarlo per la volta successiva. Qual’è la differenza rispetto al lievito madre? Intanto il lievito dal quale siete partiti la prima volta. Se era lievito di birra, la pasta di riporto avrà lievito di birra, se era lievito madre, la pasta di riporto darà nei fatti lievito madre più sale e olio!

Questo  ha un senso reale se panificate almeno ogni 2/3 giorni, più o meno il tempo che riuscite  a conservare il panetto in frigo.

Regala all’impasto finale migliore elasticità e fragranze bellissime! Oggi la pasta di riporto o crescente, viene utilizzato in aggiunta al normale lievito, sempre nell’ottica di stabilizzare la lievitazione. Per il pizzaioli può essere un semplice vantaggio aggiungere all’impasto nuovo i panetti avanzati della sera prima. In casa potete anche congelare un panetto in frigo. Una volta scongelatolo (in frigo) potrà essere tranquillamente usato nel nuovo. La forza lievitante della pasta dipenderà da come l’avete conservata e comunque dovrete aggiungere un pizzico di lievito di birra per riattivare a dovere il tutto. Potete anche preparare un primo impasto con lievito di birra la sera prima da utilizzare come pasta di riporto la sera dopo. Si perde un po’ il senso della pasta di riporto così, ma bisogna pur adattare i vecchi metodi agli impegni moderni!

Poolish: un preimpasto conservato in forma liquida si chiama Poolish.

Si tratta in breve di utilizzare la maggior parte dell’acqua prevista nell’impasto con ridotte quantità di farina e piccolissime dosi di lievito. In questo modo si permette all’acqua di scomporre bene la farina e ai lieviti di attivarsi a dovere. Mai sentito dire nelle varie ricette “mettete tutta l’acqua, metà della farina e aspettare almeno mezz’ora?”. Bene quello è un poolish.

Al poolish dovranno poi essere aggiunti il resto degli ingredienti. E’ il metodo di lievitazione che uso di più quando faccio prodotti a base di lievito madre. Personalmente non lo rinfresco prima di utilizzarlo. Metto tutta l’acqua, metà della farina il lievito e il sale nella planetaria e li lascio montare con il frustino per venti minuti buoni. L’aria e l’acqua riattivano il lievito madre.

Questo preimpasto può essere tenuto dalla mezz’ora fino alle 24 h a maturare, per poi essere utilizzato come lievito per l’impasto successivo o seconda lievitazione. Se avete farine deboli perché ricche di fibre (farine integrali, grani antichi ecc.) è una buona tecnica per permettere all’impasto di sviluppare glutine. Vi aiuterà nell’incordatura dell’impasto finale e nella solidità del paniello.

La Biga: No non è quella alata del mito di Platone!

La biga è un preimpasto tenuto molto asciutto, con delle che non superano il 45%. E’ l’esatto contrario del poolish. In quel caso mettevate tutta o quasi l’acqua dell’impasto finale e aggiungevate dopo la farina. In questo mettete quasi tutta la farina dell’impasto finale (anche il 90%) e pochissima acqua.

L’impasto di presenterà molto secco a grumi anche. Fermo restando che è questione di gusti personali, abitudini e mode quando preferire la biga al poolish? Presto detto, quando la farina di partenza è una farina di forza. Nel poolish infatti lasciate buona parte della farina da parte, con il suo bel glutine, per la seconda lievitazione. Nella Biga avete praticamente usato tutta la farina. Indicatissima dunque per impasti che richiedono un’alta idratazione finale e lunghi tempi di maturazione!

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Bene eccoci arrivati alla fine. Voi che metodi di lievitazione avete usato? ne conosci qualcun’altro?  Hai dubbi o necessiti di chiarimenti. Puoi commentare l’articolo, sarò lieto di risponderti! Non dimenticare che puoi sempre avviare una discussione contattandomi sulla mia pagina facebook

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