Farina e idratazione: Le farine non sono tutte uguali!

 

Farina è una parola di uso comune. Ma pochi sanno che non si tratta di un prodotto specifico. La parola infatti non si riferisce alla classica polvere bianca con cui prepariamo di solito dolci e pane. Quella è una farina di frumento a voler essere precisi. Farina è un tipo di macina. Le farine quindi non sono tutte uguali. La stragrande maggioranza di noi in genere quando va al supermercato si fida di quello che legge nelle confezioni: “ideale per pizza”. Magari con la ricetta dietro che prevede una tonnellata di lievito ideale per una mongolfiera.

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La farina per noi è di colore bianco e percepiamo con sospetto il pane che non ha questo bel colore, che non si presenta soffice e dorato in superficie.

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Ci stupirà sapere che questo non è per niente il colore naturale della farina, né del pane. Le farine venivano macinate a pietra. Venivano setacciate alla buona e conservavano perciò parti del chicco di grano oggi considerate preziose da un punto di vista nutrizionale. [su_spoiler title=”I danni della raffinazione” style=”fancy”] Il chicco del grano è costituito principalmente da tre parti: la crusca, che corrisponde agli strati più esterni, l’endosperma, ossia la parte amilacea, e il germe o parte embrionale. 
Il grano è composto per il 60-75% di carboidrati, per il 12-14% di proteine, per il 2% di grassi e per 11,8% di sali minerali, oltre a molte vitamine e altri elementi importanti. La raffinazione elimina gran parte della crusca e il germe, vengono perciò perse la stragrande maggioranza delle vitamine (gruppo B, vitamine E, proteine, minerali, sostanze fitoattive), delle proteine, e delle fibre.

La più raffinata, nonché utilizzata delle farine, ovvero la 00, è di fatto un ammasso di amido e glutine. Se a ciò si aggiunge che in molti casi vengono macinati chicchi di grano potenziati, ovvero, contenenti quantità di glutine maggiore del normale (Es. Manitoba), capite bene che nella maggior parte dei casi non siete intolleranti al glutine, ma alle farine che vengono utilizzate. L’assorbimento dell’elevato numero di carboidrati semplici contenuti nella farina non è inoltre rallentato dall’azione delle fibre. L’amido sotto questa forma in altre parole è talmente accessibile ai nostri enzimi digestivi che lo scompongono facilmente e molto rapidamente in glucosio.

Questo è causa di un picco glicemico (aumento rapido degli zuccheri nel sangue), che a sua volta causa un aumento dell’insulina nel sangue. Molecola quest’ultima che provvede, tra le tante altre cose, a sottrarre rapidamente lo zucchero dal circolo ematico, facilitandone l’assorbimento a livello cellulare. Risultato? Ipoglicemia a distanza di poche ore e nuovo senso di fame. La farina 00, fanno ingrassare non tanto per l’elevato contenuto di carboidrati, ma per questo meccanismo di assorbimento. I picchi glicemici sono per altro connessi all’aumento di sindromi metaboliche e ipertensione arteriosa. La raffinazione in altre parole trasforma la farina da un prodotto nutrizionalmente unico ad autentica spazzatura![/su_spoiler]

Le farine andrebbero consumate integrali, possibilmente macinate a pietra. Possiamo accontentarci delle farine integrali prodotte industrialmente, che sono delle farine dapprima raffinate cui viene aggiunto successivamente lo scarto della raffinazione. Niente germe, ma pazienza, tanto più che difficilmente la macina lo lascia intatto nelle sue proprietà nutrizionali. Inutile dire che bisognerebbe optare per lunghe lievitazioni, in modo da dare il tempo all’impasto di maturare, ovvero ai microorganismi responsabili della lievitazione di scomporre la farina in sottoprodotti utilissimi per il nostro metabolismo, rendendola tra l’altro più digeribile.

Noi oggi utilizzando il termine “FARINA” riferendoci quasi esclusivamente al grano o frumento, ma tutto ciò che ha una macina fine è una farina.  Buone alternative al frumento sono:  avena, segale, farro, orzo, mais ecc. ecc.

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Alcune sono atte alla lievitazione, altre no. Ad oggi ci sono poche alternative al pane fatto in casa, se vogliamo un prodotto genuino al  100%. I panifici tendono a procurarsi farine raffinate o di rimacino, lievitate in poco tempo, per offrire un prodotto low cost, di cui magari abbondiamo anche. Qualche panettiere di fiducia magari lo si trova anche e se lo trovate tenetevelo caro. Ma come dice il detto, chi fa da sé fa per tre. Io se hai un attimo di tempo te lo posso anche spiegare basta [su_button url=”http://ilbarattolodelleidee.org/2016/10/11/come-preparare-il-pane/” target=”blank” background=”#f26c4f”  icon=”icon: arrow-right”] cliccare qui ![/su_button]

Fasi della lavorazione del grano:

Analizziamo brevemente le fasi di lavorazione del grano. Giusto per familiarizzare con i giusti termini:

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A noi interessano solo la [su_highlight background=”#f26c4f” color=”#ffffff”]Molitura [/su_highlight]e [su_highlight background=”#f26c4f” color=”#ffffff”]l’Abburramento [/su_highlight] concetti su cui si struttura la distinzione classica delle farine in 00, 0, 1,2.

A proposito di grano,

la prima distinzione da fare è tra grano tenerograno duro (vi risparmio i nomi ufficiali in latino).

Si tratta di due specie diverse da cui partono in linea di massima le due grandi famiglie di prodotti di farina: il pane e la pasta.

Il grano tenero,

come dice la stessa definizione, si riferisce a quella famiglia di grani dal chicco friabile, dalla cui macinazione è possibile ottenere farine bianche, quindi più raffinate. Il grano duro invece si riferisce a grani dai chicchi più robusti, dalla cui lavorazione si ottiene la semola, di regola utilizzata per la pasta, ma da cui deriva un ottimo pane qual’ora la semola venga rimacinata. Il grano duro è inoltre più carico di carotenoidi e per questa ragione si presenta con il classico colore ambrato.

[su_highlight background=”#f26c4f” color=”#ffffff”]Dal grano tenero si ottengono a seconda del loro gradi di raffinazione le farine 00, 0, 1,2 e integrale  [/su_highlight] (confessate che conoscevate solo l’esistenza della 00). queste vengono abburrate con percentuali rispettivamente del 50%, 75%, 80% e 85%e del 100%. Questo vuol dire che per un chilo di grano otterremmo 500 gr. di 00, 750 gr, di 0 e così via sino ad arrivare alla integrale che conserva tutto il grano (un chilo di farina per un chilo di frumento).

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[su_highlight background=”#f26c4f” color=”#ffffff”]Dal grano duro si ottengono invece la Semola e la Semola rimacinata.[/su_highlight]

Il grano duro viene quindi decorticato e poi ridotto a semola che viene a sua volta rimacinata. Questo processo permette una raffinazione inferiore. Troverete qualche dicitura “semola di grano duro integrale rimacina”, ma non è da confondere con la farina integrale di grano duro. Questa dicitura può essere utilizzata solo se si macina a pietra. In linea di massima però la farina di rimacino è da preferire alla 00, perché porta naturalmente più fibre.

Quando siete fuori la pasta è da preferire  al pane, perché è fatta con semola di grano duro e venendo cotta poco (qui in Italia) parte dell’amido in essa contenuto NON viene assorbito. 

[su_spoiler title=”Macina a pietra è sinonimo di qualità?” style=”fancy”]
Il termine riguarda come dice la stessa parola il modo con cui il chicco viene macinato, non le sue caratteristiche, né il suo livello di abburramento. Spesso a torto si associa la qualità della farina al tipo di macina, immaginando ancora che la “pietra” sia una pietra naturale e magari l’asinello che la spinge. Quel tipo di macine non accontenterebbe mai la moderna capacità industriale, ne potrebbero probabilmente restituire un prodotto a norma  con le più elementari norme igenico sanitarie (ricordatevi che “naturale” non è sempre sinonimo di “salutare”!). Ad oggi si tratta sempre e soltanto di “pietra” industriale, che imita il procedimento antico di macinazione e che nei fatti restituisce una macina più “grezza”, ancorché più uniforme della macinazione a rullo.

La macina a rullo è invece la più utilizzata, perché permette di frantumare più finemente il chicco e degrada il germe, che è poi l’elemento che degenera più facilmente accorciando drasticamente i tempi di conservazione della farina e infine acconsente quantità di farina lavorata di gran lunga maggiori. Le integrali macinate a rullo, hanno il classico colore maculato con i pezzetti di crusca ben visibili. Questo succede perché le farine vengono prima raffinate e lo “scarto” della lavorazione aggiunto in un secondo momento.

Quelle macinate a pietra hanno al contrario una consistenza più “sabbiosa” perché la macina è più grossolana ma uniforme. Da non confondere infine sono le farina “con aggiunta di crusca o cruschello”. Ad oggi la dicitura “integrale” si riferisce al grado di abburramento non al tipo di macina. Il  mio consiglio è di guardare al tipo di grano che è stato utilizzato, ovvero leggervi la tabella dei contenuti nutrizionali, piuttosto che al modo con cui viene macinato. Sigle come “Macinato a pietra” stanno diventando naif e in molti casi sono soprravvalutate![su_carousel source=”media: 6668,6670,6667″ link=”image” target=”blank”] [/su_spoiler]

Idratazione e Forza

 La forza di una farina è la quantità di glutine che questa riesce a sviluppare e per converso la quantità di liquidi che riesce ad assorbire. Più alta è la forza e più ricca di proteine sarà la farina, che quindi assorbirà più acqua nel processo di agglutinamento e richiederà tempi di maturazione più lunghi. L’agglutinamento è il processo mediante il quale la gliatina e la gluteina proteine semplici,si uniscono mediante l’acqua per formare il glutine. Il processo è favorito dalla forza meccanica esercitata durante l’impasto, dalle alte idratazioni, oltre che dai tempi di lievitazione. Più alta è la lievitazione è più glutine conterrà la nostra farina? Direi proprio di no, visto che i batteri che lievitano l’impasto di qualcosa dovranno pur vivere.

La maglia glutinica

è una vera e propria rete in grado di mantenere l’aria all’interno del panetto durante la lievitazione. E’ quella che in definitiva permette la formazione delle classiche bolle. Garantisce, quindi, resistenza ed elasticità all’impasto durante la lavorazione. Alcune case riportano la forza della farina anche nelle confezioni ad uso domestico. La maggior parte però non riporta queste informazioni,

guardate perciò il contenuto di proteine, più è alto più è robusta.

Attenzione però che quando la farina è meno abburattata avrà un contenuto di proteine naturalmente più alto proveniente dalla crusca, per cui l’equivalenza tra percentuale di proteine e forza piò essere fatta SOLO se usiamo una farina 0 o 00. Nelle farine non raffinate dobbiamo piuttosto guardare la percentuale di fibbre che ci da una indicazione orientativa di quanta crusca è rimasta. In particolare le farien integrali hanno in genere 8-9% di fibbra per poi via via scendere al 6% con la tipo2, al 3% con la tipo 1 e sotto il 3% per la 0 e la 00.

[su_spoiler title=”Tabella forza delle farine” style=”fancy”]

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Per le pizze da forno a legna serve quindi una farina di forza media compresa tra i 180 a 250 W. La sceglieremo comunque in funzione dei tempi di lievitazione e dell’idratazione. Per le pizze da teglia servono invece di farine più robuste. Questo perché le cuoceremo per più tempo e dunque le idrateremo di più. In questo caso un po’ d’olio nell’impasto va messo per non asciugarlo troppo in cottura.

La macina a rullo,

al contrario, può restituire un prodotto “integrale” solo a patto di aggiungere successivamente gli scarti della macinazione. La farina apparirà quindi brizzolata per questa ragione. In pratica è una 00 con i suoi stessi scarti dentro (crusca o cruschello).  Insomma preoccupatevi più della qualità del grano che del modo con cui viene macinato. Le caratteristiche che ci interessano di una farina sono altre.[/su_spoiler]

Quali farine comprare?

Non fidatevi mai delle etichette roboanti “ideale per pizza” o “pizza con lievito già all’interno” e così via. Spesso trovate comunissime farine tipo questa qui che di magico ha solo il prezzo. Diffidate dal marchio BIO. Le aziende pagano un “pizzo” ogni hanno per mantenerlo. La comunità europea è in genere di maglie molto larghe. Prediligente dunque il chilometro 0, piccole aziende locali che possono darvi un prodotto sano.

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