Ansia: il fiume che scorre dal passato. Viverla e superarla

“Il tempo è un fiume che scorre dal passato”. La forma dell’acqua

L’ansia è un fiume che scorre dal passato

Oggi parleremo di ansia, che cos’è e da dove nasce. Parafrasando una bellissima fra tratta dal film “la forma dell’acqua”, potremmo dire che l’ansia è questo movimento del proiettare in avanti con l’immaginazione eventi e preoccupazioni passate. In questo senso è un fiume che scorre dal passato. In questa sede non ci occuperemo dell’aspetto psicologico dell’ansia, che non ci compete, ma di quello filosofico esistenziale.

L’ansia è infatti uno stato d’animo fisiologico, che ha un suo significato che deve innanzitutto essere compreso. Siamo in ansia per un esame, oppure perché il nostro caro non arriva ancora. Quando cioè questa sensazione di pericolo imminente e forte preoccupazione è legata ad eventi precisi essa è tanto naturale quanto utile. Il problema dell’ansia nasce quando questa diventa per così dire cronica. Diventa cioè il leit motiv della nostra vita.

Da cosa nasce l’ansia?

Dato che nella maggior parte dei casi l’ansia è una preoccupazione per ciò che potrebbe accadere, in genere si tende ad associarla al futuro. Essa è perciò in quale modo legata ad un sentimento d’angoscia legato all’incertezza di poter determinare con sicurezza gli eventi. Sappiamo che qualcosa può accadere, non sappiamo però cosa. No riusciamo cioè a dominare gli eventi, impossessarci per così dire del nostro futuro.

NARCISISMO: il primo attributo dell’ansia.

Siamo quindi al centro del nostro mondo e immaginiamo tutti gli altri alla nostra periferia, un’appendice dei nostri desideri o volontà. Questa visione del mondo produce per paradosso una scarsa considerazione di sé. Il nostro io è infatti perennemente frustrato del fatto di non poter essere al primo posto, la nostra volontà continuamente tradita e le nostra aspettative sempre carenti nella loro realizzazione. Va da sé infatti che non tutto ciò che accade dipende da noi.

Noi siamo in realtà un anello della catena degli eventi che si muove nel movimento solido e compatto del tutto. Le cose accadono anche fuori dalla nostra volontà. Insomma ritenersi responsabili di tutto ciò che ci accade può sembrare una bella cosa, ma produce in realtà frustrazione. Stiamo allora li a pensare a cosa possa accadere come poter prevenire l’elemento avverso, illudendoci che l’imprevisto, possa in realtà essere previsto dalla nostra mente. Se rinunciassimo alla volontà del controllo, al trattenere gli eventi, se lasciassimo che il fiume nel quale siamo seduti scorresse lungo la direzione sua naturale, probabilmente avremmo superato già una quota significativa d’ansia.

L’idea poi di poter controllare tutto ciò che avverrà, il pensiero constante su tutti i possibili intoppi silenzia la voce dell’altro e ci rende .

SOLITUDINE: il secondo attributo dell’ansia

L’idea che le cose che accadono dipendano interamente da noi è legata innanzitutto al fatto che ci immaginiamo soli dentro un contesto avverso. La solitudine quindi è il secondo attributo dell’ansia. Essere soli non vuol dir affatto in questo caso non avere amici o gruppi con cui uscire la sera. Si tratta piuttosto di quella che potremmo definire la “solitudine dei numeri primi”, la solitudine vale a dire di chi pretendendo da se stesso di essere al primo posto non si ritrova mai compagni da viaggio. Tipico delle personalità narcisistiche è infatti l’ansia di arrivare primo. Le relazioni diventano allora relazioni competitive e più che compagni di viaggio si hanno competitori. In questa prospettiva non sono concessi errori e i fallimenti sono ragione di profondo disagio interiore. Insomma se posso determinare da solo gli eventi è perché nell’universo delle mie relazioni io mi sono messo al centro (narcisimo) e al primo posto (solo).

DEPRESSIONE: il terzo attributo dell’ansia

Lo stato depressivo è conseguente agli altri due. Chi soffre d’ansia si è isolato con le proprie paure e i propri obiettivi. Non si tratta in realtà di veri obiettivi, di luoghi della mente dove si è progettato qualcosa e si tende di realizzarlo. L’obiettivo di chi soffre uno stato ansioso è vuoto, fittizio, chimerico. Una volta raggiuntolo questo si è semplicemente dissolto, non conta più ne serve un’altro. Eravamo in tensione per l’esame? Una volta superatolo ce n’è un’altro da fare. Il fatto che in quello prima abbiamo preso 30 e lode non conta. Quel risultato è azzerato. Siamo di nuovo in bilico tra l’iper-considerazione di noi e l’abisso del fallimento, del non sentirci all’altezza della situazione.

Queste due immagini di noi l’io che può tutto e quello che non vale nulla, configgono in quanto inconciliabili. Il risultato è che non avendo una conoscenza solida di noi, del nostro ruolo nel mondo a decidere sono gli altri. Il giudizio degli altri diventa per noi prezioso. E’ sempre il nostro giudizio su di noi, ma proiettato addosso agli altri. Saremo i migliori del mondo quando capteremo qualcuno o qualcosa che parla bene di noi. Diventeremo i peggiori quando ci criticheranno. Euforia e Depressione, su e giù, sono le montagne russe di chi soffre di stati d’ansia. Questo produce tanto mal di mare e nausea.

Come si risolve il problema dell’ansia?

Il mio caro buon vecchio Wittgenstein diceva che la soluzione del problema si scorge allo sparire di esso. Intendeva dire che spesso i problemi sono prodotti dalla nostra mente, da un curioso macchinare del pensiero che costruisce paradossi per poi ragionare su di essi. Il filosofo diceva anche che nella grammatica di un problema è previsto che ci sia una soluzione e che di un problema che non ha soluzione possiamo tecnicamente dire che non è un problema, ma un paradosso.

Sulla scia di questa impostazione la pragmatica della comunicazione universale di Watzlawick  introduce il concetto di paradosso pragmatico. Si tratta di cortocircuiti d’azione per i quali qualunque cosa faccia chi vi si trova immerso sbaglia. Esempio snello è l’affermazione:”fai come ti pare”. E’ un ordine che non può essere rispettato perché paradossale sul piano pragmatico. Se faccio quello che voglio fare avrò rispettato il tuo comando e quindi avrò fatto quello che mi ha ordinato tu di fare, se faccio quello che vuoi tu non lo avrò rispettato comunque perché non ho fatto come mi pare. D’altra parte noi maschietti dovremmo saperlo bene quando una donna ci dice: “Fai come ti pare” è la fine.

In questo caso però a noi non interessa occuparci di relazioni patologiche, ma concentrarsi sul punto importante. L’ansia non si affronta, non la si combatte, l’ansia si scioglie, dissolve, scompare. Questo è il nodo fondamentale. Il disturbo d’ansia è tipico di chi sta spostando altrove il problema.

Ora che avete sfondato il muro a testate, che cosa farete nella cella accanto?

Diceva S. L. Lec. Intendeva dire se anche avete risolto quello che voi credete essere un problema, l’obiettivo minuto che vi ha scatenato ansia se non risolvete il problema a monte, occulto questa semplicemente la sposterete altrove. Noi però non siamo qui per fare psicologia, ce lo eravamo detti fin dall’inizio. Guardiamo allora meglio come è possibile ridimensionare il ruolo dell’ansia nella nostra vita, quando questa non è ancora patologia, non è cioè un disturbo cronico, ma limitato a momenti della nostra vita (fisiologica).

 

Ridimensionare il proprio ruolo riduce l’ansia

Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere. Tommaso moro

Se abbiamo seguito il ragionamento sin qui, adesso si tratta soltanto di tirare le somme. Se piuttosto che immaginarci soli, ci immaginiamo come parte di un tutto in movimento capiremo che le cose che ci accadono fanno parte di un destino, che gli stoici chiamavano logos spermaticos (ragione profonde). Il destino accade nel tempo si offre a noi come caso. Destino e caso possono sembrare contraddittori e invece sono la stessa cosa vista una volta con il senno di poi (destino) e l’altra ex-ante (caso). Insomma niente di quello che ci accade ci accade per caso è solo che in quel momento non siamo in grado di capire le ragioni profonde per cui le cose dovevano accadere.

Siamo parte di un tutto e in questo tutto giochiamo la nostra parte, ma non tutto dipende da noi. Le cose che dipendono da noi sono quelle su cui dobbiamo agire e saranno alla nostra portata, le cose che non dipendono da noi sono quelle che dobbiamo accogliere, comprendere, accettare. Tommaso Moro ci da la soluzione all’ansia ed è la pazienza e l’intelligenza di capire cosa concretamente posso cambiare e cosa debbo invece accettare.

A ciascun giorno il suo affanno

Abbiamo dunque detto che ciò che viviamo come caso nel presente, possiamo immaginarlo come destino al passato. Magari abbiamo preso un bel 2 nel compito di matematica (u che tragedia!), magari ci ha lasciato il ragazzo della vita (apriti cielo), magari ahimé una malattia inguaribile ci ha colpiti, l’incidente che ci ha lasciati in sedia a rotelle, in somma magari il caso ci ha maledetti e si è accanito contro di noi. Il lavoro dell’anima è comprendere quale sia il destino dietro il caso, raggiungere uno stato di equilibrio interiore tale che la coscienza schiava o in catene sia comunque libera, perché la libertà sta nella connessione con il tutto. Sta cioè nell’aver messo in contatto il proprio logos (ragione, mente, spirito) con il logos originario che governa tutte le cose.

La connessione con il proprio tempo

Questa è dunque la connessione con il propri tempo e con i propri accadimenti alcuni dei quali li determineremo noi, altri purtroppo no. Un momento e il futuro? Vuoi vedere che ci siamo dimenticati proprio del futuro? Credete che sia così sciocco?

Il futuro è il secondo nome dell’ansia. Chi è ansioso anticipa gli eventi. Teme la malattia, teme di non farcela a lavoro, teme che potrà accadere qualcosa di terribile e su cui lui non ha nessun potere. Ma se davvero non avesse potere alcuno perché si preoccupa? L’abbiamo già detto, perché è un narcisista e crede di potercelo avere. Sta li allora a farsi mille esami per controllarsi su tutto, chiama mille volte il figlio che non è ancor arrivato ecc. ecc. Ma come si risolvono problemi che non ci sono ancora?

L’unico tempo opportuno per il futuro è il progetto. Progettate il vostro futuro, costruitelo con la vostra mente, gettate orizzonti di senso su di esso, ma non guardate all’accadimento immediato. I problemi si risolvono quando li si incontrano e se non sono risolvibili allora non sono problemi. Vi servirà cambiare schema di gioco piuttosto, perché in quel caso il problema è il gioco che state giocando.

Non siate dunque in ansietà

Matteo in un bellissimo passo che solo a leggerlo ci rilassa ci esorta a non preoccuparci troppo del futuro. Il buon Dio provvederà a tutto.

Osservate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non mietono e non raccolgono in granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi, con la sua sollecitudine, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? 28 Perché siete in ansietà intorno al vestire? (…) Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, o uomini di poca fede? 31 Non siate dunque in ansietà, dicendo: “Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo?”.<span class="su-quote-cite"><a href="https://www.biblegateway.com/passage/?search=Matteo+6%3A25-34&version=BDG" target="_blank">Matteo 6,25-34</a></span>
Non siate dunque in ansietà dicendo: che mangeremo o che berremo, dicendo a voi stessi come risolverò questo o quel problema, come affronterò quel dato colloquio o quel dato incontro. In qualche modo si farà e qualche cosa succederà. Il buon Dio la ragione che ci governa provvederà. Se abbiamo costruito un progetto valido e in connessione con il nostro tempo, se seguiremo il fiume che scorre dal passato, saremo in sintonia con gli eventi e le cose che accadono. Ma sopratutto sarà solo quando accadono che dovremo prendercene cura.

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