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03/08/2010 by Alessio Farina Leave a Comment

L’albero in ricordo del nostro amore: Se fossi d’aria sarei vento.

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Se fossi d’aria sarei vento anch’io. Era una giornata soleggiata di un caldo inverno, di un sole che ricamava le luci della nuova stagione senza però concedersi fino infondo. Mi venne in mente di entrare in quel luogo dimenticato dagli anni. Uno spazio sepolto tra le sconfitte di un cuore vigliacco. Nascosto tra le pieghe di un animo scosceso, che si perde facilmente nel mare nero dei ricordi.

Avevo diciassette anni la prima volta e nessuna idea di come fosse fatto il mondo.

Il tempo è passato insieme alla mia età. E’ stata una lunga corsa sorda rispetto a ciò che da sempre faceva rumore. Percorsi quella strada come se fosse la prima volta e poi mi fermai alle prossimità di quell’albero. Un tronco aveva rappresentato il calendario della mia prima storia d’amore. É ancora inciso, sulla superficie, come un graffio dentro l’anima. L’avevo fatto con un pezzo di vetro, trovato li da qualche parte e si leggeva: “Se fossi d’aria”. Risaliva ai tempi della prima grande rottura. Avevo fatto quella scritta per ricordare a me stesso i motivi che mi avevano spinto sino a lei. Motivi che erano ad un tempo gli stessi che adesso me la portavano via. “Sarei vento anche io” continuava la strofa. Se avessi potuto perdere la pesantezza e la durezza che mi legava per terra, avrei anche potuto prenderla, “acciuffarla” la mia nuvola, così la chiamavo allora. Una nuvola è leggera, ma anche inafferrabile, inconsistenze. Sapevo che per raggiungerla avrei dovuto dileguarmi anche io. Mi sarei perso nel vuoto, dileguato nel vento, comunque non l’avrei mai avuta con me.

Così me lo immaginavo il rapporto con lei, impossibile fin dall’inizio eppure desiderabile come la prima cosa bella della mia vita.

Sapevo che non sarebbe potuta durare. Ciò nonostante dissi di “si” o sarebbe meglio dire non seppi dire di “no”.  Quella scritta certificava che era successo ciò che ci si aspettava succedesse. Io mi godevo come un guerriero scalzo i segni fisici della battaglia. Volevo allora restasse memoria di quel momento. Desideravo fosse posta a custodia nel tempo una lapide, un luogo consacrato, con tanto di data. Scelsi quell’albero cui come dei fuggiaschi i prendemmo il primo amore.

La mia scritta adesso è coperta di graffi. Sopra ancora si legge: “Ti voglio bene”. La data è di tre anni dopo. Di tempo però ne è passato molto di più. era un messaggio scritto apposta per me di cui non mi accorsi subito. Uno di quei bigliettini che si lascia in mare nella bottiglia. “Ti voglio bene”  lo si leggeva chiaro. Sembrava un lamento, una vendetta o forse la volontà di tenermi con quel messaggio che ci divideva per sempre.

Sono passati undici anni da allora e qualche cosa s’è persa tra le lame dei ricordi, tra le pieghe del terreno. Qualche cosa invece s’è volutamente sotterrata, come si fa con i morti. Li si compre ad un tempo per toglierli e conservarli, per non vederli più, ma commemorarli.

C’eravamo lasciati e ripresi non so neppure più io quante volte. Ogni volta che io la deludevo lei spariva. Ricordo bene i suoi lunghi silenzi. Ricordo quelle gestazioni lunghissime. Tuttavia, tutte le volte e ogni volta che capiva che mi stessi allontanando ritornava. Ricordo ancora la prima volta che ritornammo assieme come fu. La sua compagna di banco mi ritorno gli appunti delle lezioni e in mezzo ci trovai un bigliettino con “… sarei vento anche io“.

Era stata lì aveva ripercorso quei luoghi, visto quella scritta e captato il mio messaggio. Passarono altri due anni, ma eravamo stanchi, esausti. C’erano state infinite separazioni in mezzo e ripensamenti. Stavamo crescendo. Il liceo era finito da un pezzo ed ognuno aveva preso la sua strada. Lei Psicologia, io Filosofia. Lei voleva cambiare se stessa per adattarsi al mondo, io pretendevo allora di cambiare il mondo per adattarlo a me. Nessuno dei due riuscì però a cambiare un bel niente. Non ricordo esattamente cosa dissi in quella circostanza.

L’ultima volta che la vidi c’eravamo già lasciati, mille altre volte. Avevamo avuto altre storie, tutte s’era confuso irrimediabilmente. La salutai come si fa con una barca che sta per partire mossa dal vento. Con le stesse emozioni di chi rimane e vede pian piano sparire i propri affetti.

Sono sicuro di essere cresciuto da allora. Sono consapevole degli sbagli che non potevano non dividerci. Tuttavia ogni volta che ritorno con il pensiero a quei momenti a quei attimi, alla mia adolescenza perduta per sempre, un nodo si stringe alla gola. Si tratta di un misto di malinconia e dolcezza. Le cose importanti che abbiamo vissuto restano per sempre. Cambiano forma, ma ci accompagnato tutta la vita.

Se fossi rondine
volerei sopra ogni cielo
e le sue folli regole

se fossi fiume
mi perderei
nel mare senza memoria
se fossi terra
brucerei col sole

se fossi nuvola
mi dimenticherei d’essere bianca
e sarei cielo
se fossi tempo
mi fermerei per sempre

se fossi d’aria
mi farei cullare dal vento
non curandomi d’essere vento anch’io

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