Detrascendentalizzazione in Habermas. Istituto Banfi

 La mia relazione si intitolava: Il momento hegeliano nel percorso di detrascendentalizzazione di Juergen Habermas”. La  relazione andò molto male. Subì molte critiche. Di quella giornata ricordo tanta nebbia, la stanchezza degli ascoltatori, visto che il mio era l’ultimo intervento e il mio mal di gola. Il risultato fu un pianto liberatorio di cui conservò ancora la foto. Con una parola così difficile, detrascendentalizzazione, come poteva andare bene il convegno? Per motivi di riordino dell’assetto del mio Blog ho deciso di indicizzare meglio i vari post. Sono incappato in un vecchio sfogo del 2008. Ero appena tornato da Reggio, dove avevo partecipato al convegno nazionale dei dottorati di ricerca in Filosofia 2008, presso l’Istituto Banfi.

Il percorso della detrascendentalizzazione in Habermas

Tutta la mia tesi fu improntata sul tentativo di dimostrare la distanza tra Habermas e Apel. La tesi di fondo è che per Habermas la ragione detrascendentalizzata non poteva assumere i principi del discorso come quasi-trascendentali al di sopra del discorso stesso. Anche le regole fondamentali del discorso, potevano e possono di fatto entrare nel discorso.

Il fondamento viene a sua volta fondato da ciò che dovrebbe fondare? Non c’è una circolarità di fondo? Si e no. I trascendentali sono in realtà risultato di un processo di fondazione. Ciò vuol dire che la teoria critica della conoscenza, deve essere fondata da una teoria critica della società. La coscienza trascendentale ha bisogno del “momento hegeliano”, ovvero dell’analisi della storia della propria formazione. Quello che sul piano della filosofia della conoscenza comportava grosse difficoltà teoriche, sul piano della filosofia del linguaggio era già risolto fin dall’inizio. Il linguaggio ordinario è infatti meta linguaggio di se stesso e di tutti i meta linguaggi possibili.

Il dubbio di carta

Avrei allora dovuto leggere anche Peirce e la sua critica al dubbio di carta per rendermi conto come la questione fosse stata affrontata e purtroppo per me non degna di una tesi di Dottorato. Il dubbio non è mai iperbolico. Quando si dubita cioè si dubita su una cosa per volta, lasciando tutto lo sfondo delle nostre conosce intonso. Una fondazione ultima della conoscenza, insomma, non solo non è possibile ma neppure è necessaria. L’Intesa universale poi resta ancora come nota la Rademacher la riconciliazione del particolare con l’universale. Resta il momento nel quale tutte le differenze vengo TOLTE. Proprio per questo bisogna tuttavia mantenere come già in adorno il dialogo (dialettica) negativo. Bisogna cioè non già tendere all’intesa universale, ma contrapporre ad essa il MALINTESO come momento nel quale il singolo, il dissonante viene salvaguardato.

La detrascendentalizzazione è la garanzia che nell’eterna lotta tra universale e particolare, quest’ultimo sopravviva alla sua stessa arroganza. Sopravviva vale a dire al suo tentativo di elevarsi ad universale.  Ho avuto bisogno di molto tempo per chiarirmi questa posizione. Adesso la cornice generale dell’autore mi è chiara. Adesso potrei cominciare una tesi di dottorato su Habermas. Sono però passati dieci anni da allora.

Bene vi lascio alla lettura della mia relazione, che ho voluto non ritoccare in nessun punto.

Habermas

 

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