Khorakané: prima visita al campo Rom di Palermo

Prima visita al campo Rom di Palermo

[su_pullquote align=”left”]Mentre mi veniva spiegato il funzionamento del campo un nome mi ha colpito Khorakané. [/su_pullquote] Ieri sono stato al campo nomadi di Palermo. È stata un esperienza particolare. Appena entrati la prima cosa che mi ha colpito, non sono stati i capannoni di legno, né lo sporco, ne l’atmosfera da campo profugo intorno a me. Siamo entrati e ci hanno accolto a braccia le voci festose di bambini, un numero immenso di bambini, grandi, piccoli, seminudi, vestiti, scalzi.

E se questo vuol dire rubare, questo filo di pane tra miseria e fortuna, allo specchino di questa kampina, ai miei occhi lividi come un addio, lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca il punto di vista di Dio.

F. De André, Khorakané

Qualcosa dentro mi ha toccato e improvvisamente tutto è diventato normale. Qualcuno di noi l’ha persino detto, magari a bassa voce, però tutti ne sono sicuro, l’abbiamo pensato: “Sono bambini normali!” e improvvisamente ci siamo sentiti tutti più leggeri, tutti disposti se non a fare, almeno a prendere in considerazione la possibilità di fare.

Ho visto sorrisi stupendi e bambini meravigliosi con una grande voglia di giocare, di conoscere e di capire. E loro, come sempre mi succede, danno a me la stessa voglia, di giocare, di conoscere e di capire.

Mentre mi veniva spiegato il funzionamento del campo un nome mi ha colpito Khorakané. Khorakané per me significava una delle canzoni più belle di De Andrè, sapevo parlasse di un’etnia rom, serbo montenegrina decimata sotto i colpi dell’intolleranza e del razzismo. E però era lì davanti ai miei occhi. Era lì qualcosa di cui avevo sentito parlare in una canzone, che giudico tra le più belle di De André e che mi aveva commosso.

Era lì qualcosa che aveva superato i confini dello spazio e del tempo per porgersi al mio sguardo, era lì il filo della storia di un popolo, che sopravvivendo a tutte le epoche e a tutte le storie, ancora aveva la forza di presentarsi davanti a me.

E però se clicchi Khorakané sul magico Google ci metti un po’ a capire di che si tratta. Capisci subito che è una canzone di Deandré, un gruppo che porta in suo nome il titolo di una sua canzone, un sito che porta lo stesso nome di quella canzone, poi scopri che ha a che fare con delle foto, mercati, canti popolari, indovinelli, circoli di opinionisti, ecc.. Insomma ci metti un po’ a capire che si tratta di un’etnia Rom e se non fosse che lo sapevi già prima di cercare avresti finito con il confonderla con una di quelle cose.

Storia di una discriminazione

Confonderla e non sapere che nei campi di sterminio nazisti ci finirono anche gli zingari, che durante il fascismo i Rom sono stati oggetto di discriminazioni e deportazione anche in Italia e che gli argomenti e le persone che allora appoggiarono questa barbarie non sono troppo diversi né dagli argomenti ne dalle persone che l’appoggiano adesso.

Sicuramente c’è troppa ignoranza sul loro conto e si fa presto ad emettere sentenze. Io dal lato mio preferisco trattenere il giudizio, aspettare e nel frattempo tenermi la voglia di giocare, di conoscere e di capire.

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