Ricordi e silenzi. La storia d’amore dimenticata

Non ti ricordi. Cosa vuol dire amore nessuno me lo insegnò, cosa vuol dire amare l’ho imparo da me.

Cosa c’è infondo nel cassetto ho imparato a non vedere. Cambia un po’ ogni giorno la faccia di questo sole e le cose che volevi poco alla volta si allontanano da te. Le cose che restano sono quelle che meno ti aspetti. Sono l’intonazione di qualche parola, qualche battuta che era a lei che avresti voluto fare, l’odore di vaniglia e il rumore dell’acqua in riva al mare. Mi pare che i ricordi siano come la sabbia che stringi dentro al pugno: scivola via, prima piano, quasi fosse che non se ne volesse andare e poi sempre più velocemente. Più forte la stringi per cercare di trattenerla e più quella veloce cade. Alla fine restano pochi granelli che scivolano di nuovo piano e tu resti lì a vederli cadere, perché il grosso è andato perduto e quel che rimane sembra restare lì solo per ricordarti della tua grande colpa.

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E poi succede che tutto si confonde

La sabbia è tornata alla sabbia. L’acqua e il vento sono venuti per portarsi via la testimonianza di ciò che era nelle tue mani. Sono venuti a sbiadire i ricordi. Alla fine resta solo un vuoto dentro, riempito della tua stessa voce. Alla fine succede che non ti ricordi neanche più cos’è che ti fa stare tanto male. Era solo sabbia, ma dentro c’erano tutti i tuoi desideri, le pulsioni dell’adolescente, la speranza che il mondo un giorno avrebbe potuto essere come lo volevi tu. E poi ti accorgi che il mondo non finisce sin dove arriva la tua mano che c’è dell’altro e altro ancora. Ma non vuoi, non puoi. Resta il silenzio delle parole non dette, la rabbia delle cose non fatte, la delusione che porta la sincera consapevolezza che forse non toccava neanche a te dire e fare, ma solo ascoltare.

 

NON SAI QUANTO E’ DIFFICILE DIRSI ADDIO? ==>

Resta un brutto sapore in bocca che mastichi come i bastoncini di liquirizia e sono ancora quelle cose non dette e non fatte. E poi succede che tutto torna uguale a prima, ma le cose hanno preso un diverso colore nei tuoi ricordi. Succede che hai imparato a mentire, a non dire a non avere ne tempo ne voglia di stare lì a pensare, succede che hai imparato a tacitare dentro il bambino che piange, ma c’è voluto tutto il tuo orgoglio e tutta la tua presunzione per non vedere. Mi chiedi se è ancora amore? Non so, ma una cosa la so: solo per amore.

Sapere amare? Non te lo ricordi neanche più.

E metto la mia tristezza di fianco, come fosse la mia compagna, l’amico che non tradisce, la sposa che non t’abbandona. E segno piano il mio respiro e ad uno ad uno il battito del cuore e dentro prima lo stomaco poi la gola m’inonda di parole che scivolano dagli occhi nel nero sempre buio delle mie coperte. Il letto punge ancora da sotto e non un solo pensiero giunge a confortare il mio sonno e alla fine cedo e dormo. C’è la vita dietro che ti chiama ad essere sempre più di ciò che sei, che ti spinge a volere cose che non vuoi, che pretende per se stessa che tu sia sempre e solo più di ciò che hai mai voluto essere.

 

Ma a me non va, tutto va avanti mentre io con la testa sulle spalle, gaio solo della violenza che muovo contro me stesso. Vado avanti borbottando quella canzone che comincia “Almeno tu”. “Almeno tu” dovrebbe essere l’inizio del mio poema. Me lo ripeto cento volte la sera. “Almeno tu” è la parola con la quale vorrei abbandonarmi alla sposa che verrà. Avrebbe dovuto essere la mia e la tua parola. E invece no. Non sono stato capace, non ho saputo. Però avrei voluto e ho desiderato. Piano piano, silenziosamente, affinché io stesso non potessi sentire. Non ero Io, e ciò nonostante ho desiderato esserlo, e ciò nonostante il bambino dentro ancora mi sussurra che potrei. Desidero una casa, un posto dove stare. L’amore è la casa dell’uomo e ad amare nessuno me lo insegnò.

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E’ la parole che a lungo mi hai urlato. Non te lo ricordi più? Quella che ho avuto la stoltezza di non sentire. Almeno tu è una parole che viene direttamente dal cuore e che solo nel cuore trova la sua dimora. Ci sono cose fatte per stare assieme e cose che meritano di stare sole. E se non è possibile averlo, almeno tu raccontami del tuo amore, di come si fa e cos’è. Almeno prova tu a vivere l’amore che non sono stato io a dare e raccontami del primo incontro, della prima volta, raccontami del battito di cuore, del fascino che ti ha dato l’osare, raccontami di quella volta in riva al mare e del bacio dato prima che fosse sera.

Parlami della tua estate dei colori che hai fatto in tempo a vedere.

Del vestito che portavi la prima sera. Raccontami come è stata e dimmi che eri felice. Parlami del posto che non ho mai saputo occupare.

E’ la vita che non ho mai avuto, è la discoteca che non ho mai voluto vedere, la partita di calcio che non ho mai giocato. E’ quel giorno di scuola a cui io sono sempre andato. Erano i miei sogni ed erano tutti lì chiusi nel cassetto. Era la prima volta che andò male, è il futuro che ti immagini di avere mentre la testa stanca la sera poggia ancora su

i libri di scuola. Era voglia di sentirmi normale. Eri tu la fiducia che ciò nonostante si potesse fare, era la prova che la divinità ebbe pietà d’Adamo per la sua solitudine. Eri la sola, l’unica possibile.

 

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